Sui dazi ora si tratta, ancora un record dell’oro

Pubblicato 17.04.2025, 08:30
© Reuters.  Sui dazi ora si tratta, ancora un record dell’oro

OraFinanza - Le uscite di stanotte di Donald Trump sul negoziato con il Giappone hanno di nuovo cambiato lo scenario di mercato: i future di Wall Street hanno girato al rialzo dopo la chiusura in forte calo della seduta.

L’indice S&P 500 è sceso del 2,2%. Il Nasdaq Composite ha perso il 3,1%, pur avendo ripreso circa l’1,4% di ribasso negli ultimi trenta minuti di contrattazione.

La giornata si era aperta con un paio di notizie relative alle ricadute negative sul business provocate dall’aumento dei controlli e delle limitazioni sui commerci. Nvidia e Advanced Micro Devices hanno reso noto, nei documenti depositati presso la Securities and Exchange Commission, che registreranno rispettivamente oneri per 5,5 miliardi di dollari e 800 milioni di dollari in relazione ai controlli sulle esportazioni che l’amministrazione Trump sta attuando su alcuni chip.

Poi è arrivato Jerome Powell. Il presidente della banca centrale ha respinto l’idea che il calo dei prezzi azionari e l’aumento dei rendimenti obbligazionari possano indurre una risposta da parte della Federal Reserve: il mercato, invece, un po’ ci sperava.

La banca centrale è in stand by sulla politica monetaria. Powell ha detto che i funzionari della Fed devono avere "maggiore fiducia" che l’inflazione si stia muovendo verso l’obiettivo del 2% annuo della banca centrale prima di tagliare ulteriormente i tassi, e che a causa delle tariffe dell’amministrazione Trump, il raggiungimento di tale fiducia richiederà probabilmente più tempo di quanto previsto in precedenza.

La Fed non vede un calo del credito su larga scala, ha detto, notando che "i mercati stanno funzionando come ci si aspetterebbe che facessero in questo periodo di forte crisi”. In effetti, ieri sera, l’asta dei Treasury a vent’anni, è andata a segno senza particolari patemi. Il Tesoro statunitense ha collocato 13,0 miliardi di dollari in titoli a un rendimento del 4,81%. In calo la domanda, con il il tasso Bid-to-cover a 2,63, da 2,78 dell’ultima asta. I dealer primari hanno avuto il 17% contro l’8,8% dell’ultima asta. Gli offerenti diretti si sono aggiudicati il 12,3% contro il 22,4% dell’ultima asta. Offerenti indiretti al 70,7%, contro il 68,8% dell’ultima asta.

Le istituzioni estere, un gruppo essenziale di acquirenti del debito pubblico statunitense, continuano a puntare sui buoni del Tesoro a breve termine e a scaricare il debito statunitense a più lungo termine.

Per quattro mesi consecutivi fino a febbraio, le banche centrali straniere e altre agenzie governative hanno venduto obbligazioni e titoli del Tesoro, ovvero il debito con scadenza superiore a un anno, secondo gli ultimi dati del Dipartimento del Tesoro. Allo stesso tempo, hanno acquistato costantemente titoli a più breve scadenza, praticamente privi di rischio e rimborsabili in meno di un anno.

L’insieme di questi elementi indica che i governi stranieri potrebbero essere pessimisti sulle prospettive a lungo termine degli Stati Uniti, pur cercando di aumentare il loro accesso alla liquidità nel breve termine.

A febbraio, le banche centrali straniere hanno scaricato 19,6 miliardi di dollari in obbligazioni e titoli statunitensi a lungo termine. Hanno venduto 24,1 miliardi di dollari a gennaio e 42,3 miliardi di dollari a dicembre. A novembre è stato venduto poco più di un miliardo.

In Asia Pacifico prevale il rialzo, l’indice MSCI Asia Pacific guadagna lo 0,7%.

Ci sono "grandi progressi" nella negoziazione delle tariffe doganali con il Giappone. Lo ha annunciato stanotte sul social Truth il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ieri ha incontrato una delegazione giapponese. "Un grande onore aver appena incontrato una delegazione giapponese sul commercio. Grandi progressi”.

Il ministro per la Rivitalizzazione economica, Ryosei Akazawa, membro di riferimento della delegazione del Giappone inviata in Usa per discutere i dazi doganali, ha riferito che gli Stati Uniti vogliono un accordo commerciale entro gli attuali 90 giorni di congelamento dei prelievi reciproci.

"Capisco che gli Stati Uniti vogliano fare un accordo entro i 90 giorni. Da parte nostra, vogliamo farlo il prima possibile", ha spiegato Akazawa.

Le borse dell’Europa dovrebbero aprire in ribasso, future del Dax di Francoforte -0,2%. Ieri il Ftse Mib di Milano ha chiuso in rialzo dello 0,6%.

"Faremo tutto il possibile per giungere a un esito positivo" nei negoziati con gli Usa sui dazi, "ma in parallelo dobbiamo prepararci allo scenario potenziale di un mancato accordo", ha spiegato il commissario Ue alla Giustizia Michael McGrath. In questo quadro ci sono diversi aspetti sul tavolo di Ursula von der Leyen. Il primo è legato al bilaterale tra Meloni e Trump e alle eventuali richieste che il secondo recapiterà alla prima. Alcune non possono che riguardare tutta l’Unione. Una, su tutti: l’impegno dell’Europa a tagliare ulteriormente i rapporti commerciali con Pechino. Una simile richiesta da parte dell’amministrazione Trump andrebbe a complicare non poco il faticoso tentativo di Ue e Cina di riaprire un canale commerciale che, da diversi mesi, è ormai ai minimi termini. Sui rapporti con la Cina l’Ue rischia di spaccarsi. Le sensibilità sono diverse, e basta dare uno sguardo alle dichiarazioni pubbliche dei singoli governi. Paesi come l’Italia restano prudenti su un’apertura al Dragone, piazzandosi sulla sponda opposta rispetto a capitali come Madrid o Berlino.

Sui dossier meramente commerciali l’Ue resta pronta a venire incontro alle richieste americane. "Noi stiamo trattando per evitare una guerra economica. Il commercio fra Ue e Usa produce il 40% della prestazione economica globale", ha sottolineato, in un’intervista a Spiegel, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa.
La prudente von der Leyen, in un’intervista a Zeit, pur senza mai esplicitamente attaccare Trump martedì ammetteva come la relazione con gli Usa sia "complicata". E la conferma arriva da un dato: i contatti tra il presidente americano e la numero uno della Commissione, finora, sono stati pari a zero.

L’oro ha toccato stanotte un altro record, a 33.43 dollari l’oncia.

Moncler (BIT:MONC) chiude il primo trimestre con ricavi in lieve aumento, sostenuti dalla crescita nel canale diretto sia per il marchio Moncler sia per Stone Island.

I ricavi consolidati di gruppo - si legge in una nota - sono pari a 829 milioni di euro, in crescita dell’1% a cambi costanti, poco sopra gli 817 milioni del consensus fornito dalla società.

Il marchio Moncler ha visto un aumento del 2% a 721,8 milioni, trainato da un +4% nel canale distributivo Direct-to-Consumer (Dtc). I ricavi di Stone Island sono invece diminuiti del 5% a 107,3 milioni, con una crescita a doppia cifra nel Dtc (+12%) ma un calo del 19% nel canale wholesale.

"L’inizio dell’anno è stato caratterizzato dal perdurare di complessità macroeconomiche e geopolitiche, che continuiamo ad affrontare con grande disciplina operativa e forte focus sulla nostra strategia brand-first. Questo approccio ci ha permesso di registrare nel primo trimestre una solida crescita nel canale Dtc per entrambi i marchi, nonostante una base di confronto eccezionalmente elevata", commenta nella nota il presidente e AD Remo Ruffini..


Brunello Cucinelli (BIT:BCU) archivia il primo trimestre con ricavi in crescita a doppia cifra e conferma l’obiettivo di chiudere il 2025 e il 2026 con un aumento del fatturato di circa il 10%.


MFE ha proposto un aumento dell’8% del dividendo annuale e ha svalutato la partecipazione in ProSiebenSat.1.

Il Cfo Marco Giordani ha detto che con l’offerta su ProSieben il gruppo punta a maggiore flessibilità e che deciderà in seguito su eventuali ulteriori acquisti sul mercato.

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