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Covid, anticorpi persistono per almeno otto mesi da infezione - studio

Pubblicato 11.05.2021, 13:22
Aggiornato 11.05.2021, 13:27
© Reuters. Un'immagine computerizzata creata da Nexu Science Communication insieme al Trinity College di Dublino, mostra un modello strutturalmente rappresentativo di un virus betacorona che è il tipo di virus legato al Covid-19, meglio conosciuto come il coronavir

MILANO (Reuters) - Gli anticorpi neutralizzanti contro SARS-CoV-2 persistono nei pazienti fino ad almeno otto mesi dopo la diagnosi di Covid-19, indipendentemente dalla gravità della malattia, dall'età o dalla presenza di altre patologie.

E' quanto emerge da uno studio italiano condotto dall'Ospedale San Raffaele di Milano in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità (ISS) e pubblicato oggi sulla rivista Nature Communications.

La ricerca, si legge nel comunicato diffuso dal San Raffaele, ha inoltre accertato che la presenza precoce di questi anticorpi è fondamentale per combattere l'infezione con successo: chi non riesce a produrli entro i primi 15 giorni dal contagio è a maggior rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19.

Lo studio è stato condotto su un gruppo di 162 pazienti positivi a SARS-CoV-2, composto al 67% da maschi, con un'età media di 63 anni. Il 57% soffriva di una seconda patologia oltre al Covid-19 al momento della diagnosi, e 134 di questi pazienti sono stati ricoverati.

I primi campioni di sangue sono stati raccolti al momento della diagnosi e risalgono a marzo-aprile 2020, gli ultimi a fine novembre 2020, si legge nella nota.

Contrariamente a quanto emerso da studi precedenti, dice il San Raffaele, la presenza precoce di anticorpi neutralizzanti contro SARS-CoV-2 è effettivamente correlata a un migliore controllo del virus e a una maggiore sopravvivenza dei pazienti: il 79% ha prodotto con successo questi anticorpi entro le prime due settimane dall'inizio dei sintomi. Chi non ci è riuscito è risultato a maggior rischio per le forme gravi della malattia.

"Quanto abbiamo scoperto ha delle implicazioni sia nella gestione clinica della malattia nel singolo paziente, sia nel contenimento della pandemia", ha dichiarato Gabriella Scarlatti, che dirige l'unità di evoluzione e trasmissione virale del San Raffaele.

"Secondo i nostri risultati - ha aggiunto - i pazienti incapaci di produrre anticorpi neutralizzanti entro la prima settimana dall'infezione andrebbero identificati e trattati precocemente, in quanto ad alto rischio di sviluppare forme gravi di malattia".

© Reuters. Un'immagine computerizzata creata da Nexu Science Communication insieme al Trinity College di Dublino, mostra un modello strutturalmente rappresentativo di un virus betacorona che è il tipo di virus legato al Covid-19, meglio conosciuto come il coronavirus legato all'epidemia di Wuhan, condivisa con Reuters il 18 febbraio 2020. NEXU Science Communication / tramite REUTERS

Due le buone notizie, secondo la scienziata: la prima è che la protezione immunitaria conferita dall'infezione persiste a lungo; la seconda è che la presenza di una preesistente memoria anticorpale per i coronavirus stagionali non costituisce un ostacolo alla produzione di anticorpi contro SARS-CoV-2.

"Il prossimo step - ha concluso - è capire se queste risposte efficaci sono mantenute anche con la vaccinazione e soprattutto contro le nuove varianti circolanti, cosa che stiamo già studiando in collaborazione con i colleghi dell'ISS".

(Emilio Parodi, in redazione a Milano Gianluca Semeraro, emilio.parodi@thomsonreuters.com; +39 02 66129523)

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