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Terrorismo, magistrati e investigatori Italia: Ue imponga condivisione informazioni

Pubblicato 25.07.2016, 16:07
© Reuters.  Terrorismo, magistrati e investigatori Italia: Ue imponga condivisione informazioni

di Emilio Parodi

MILANO (Reuters) - Perché l'Europa possa contrastare l'aggressione del terrorismo internazionale è cruciale la collaborazione sovranazionale e la condivisione delle informazioni fra le autorità giudiziarie e le polizie degli stati membri. Molto spesso questa collaborazione resta chiusa nelle dichiarazioni di principio della politica, ma ora è il momento che ogni singolo stato Ue la imponga, semplicemente facendo applicare le regole che già ci sono.

Lo sostengono, con sfumature diverse, alcuni dei più alti vertici italiani della lotta a questa emergenza, intervistati da Reuters prima dell'ultimo attentato in Francia nel quale un trentunenne franco-tunisino a bordo di un camion è piombato sulla folla riunita per i festeggiamenti del 14 luglio sul lungomare di Nizza, uccidendo 84 persone e ferendone a decine, e dell'assalto al centro commerciale di Monaco di Baviera in cui un 18enne tedesco-iraniano il 22 luglio ha ucciso nove persone e si è suicidato.

SPATARO: SI RISPETTINO CONVENZIONI SU SCAMBIO DATI UTILI

"Il problema è esattamente quello della collaborazione internazionale che non funziona - dice Armando Spataro, procuratore capo di Torino - Non abbiamo bisogno di nuove direttive Ue. Basta che si facciano applicare le convenzioni internazionali che già ci sono e che impongono lo scambio spontaneo, immediato e reciproco delle informazioni utili alle indagini".

Spataro, che prima di guidare la procura di Torino è stato a capo del pool antiterrorismo a Milano e prima ancora nella Dda, dopo aver indagato sugli Anni di Piombo, sottolinea che "purtroppo però non è così che nella realtà funzionano le cose, e potrei citare molti esempi, dalla scarsa e tardiva collaborazione [con l'Italia] di Francia e Belgio dopo la strage di Parigi del 7 gennaio 2015, alle difficoltà di poter utilizzare nei nostri processi, come prove, le intercettazioni telefoniche effettuate in Gran Bretagna, per non dire dei problemi nelle pratiche di estradizione e di esecuzione dei mandati d'arresto europei".

Il Ministero della Giustizia francese ha fatto sapere che "le richieste vengono gestite su base quotidiana fra i servizi legali direttamente coinvolti in ogni paese", mentre il portavoce della procura belga ha dichiarato che "se le autorità italiane hanno domande noi rispondiamo il prima possibile".

LA "PROPRIETA' PRIVATA" DELLE INFORMAZIONI

"Purtroppo in molti stati europei non è compresa l'importanza del principio della condivisione immediata delle informazioni utili. Prevale la concezione della 'proprietà privata' della notizia utile. Ed è profondamente sbagliato - spiega Spataro - E' paradossale, perché da un lato si proclama l'importanza della raccolta in enormi archivi informatici di dati sugli spostamenti in aereo dei passeggeri in Europa (PNR) e su transazioni bancarie, e dall'altro lato non si scambiano fra gli stati europei, e a volte neppure fra le diverse forze di sicurezza all'interno di uno stato membro, i dati davvero utili alle indagini".

SINERGIA, NON SOLO RAFFORZAMENTO INTELLIGENCE

Spataro, dopo aver ricordato che per sua personale esperienza "la cooperazione ha invece funzionato egregiamente nei rapporti tra Italia, Germania e Spagna, non a caso tre Paesi che hanno conosciuto il terrorismo interno", aggiunge che la scarsa propensione culturale alla condivisione di informazioni non è l'unico ostacolo alla cooperazione giudiziaria.

"Ci sono anche le differenze di ordinamento giudiziario. In molti paesi della Ue è difficile che venga accettato che la direzione della polizia giudiziaria, come avviene in Italia, spetti ai pubblici ministeri, con la conseguente sottrazione delle strategie investigative alla politica. E allo stesso modo è certamente sconosciuto alla maggioranza degli stati europei il principio -- per noi in Italia irrinunciabile -- di assoluta indipendenza del pubblico ministero rispetto al governo".

"Se invece si opera attraverso i servizi di intelligence, più ancora della polizia giudiziaria poco portati a mettere in comune le notizie, è chiaro che la guida della loro azione non potrà che essere politica. Da qui le scelte prevalenti in favore della priorità dell'utilizzo dei servizi segreti contro il terrorismo (anziché della polizia e delle indagini giudiziarie), tanto care ai governi europei, anche a scapito della efficienza operativa e della qualità dei risultati".

"Invece, è la sinergia fra tutte le istituzioni e le forze in campo che deve essere perseguita, non solo il rafforzamento delle attività di intelligence".

GALZERANO: "NUTRIRE" MEGLIO EUROPOL

Per Claudio Galzerano, primo dirigente della Polizia di Stato e direttore della divisione antiterrorismo internazionale, dopo le dichiarazioni di intenti, "gli Stati Ue debbono conferire più informazioni a strutture come Europol (agenzia Ue di coordinamento polizie contro crimine internazionale, ndr)"

"Europol è come avere a disposizione il Santiago Bernabeu e voler continuare a giocare a calcio nel campetto di periferia in terra battuta - continua il direttore dell'Antiterrorismo internazionale - Funziona solo se i Paesi membri lo nutrono con maggiori risorse: personale, finanziamenti, ma soprattutto risorse informative di maggior qualità. Se no si rischia di trasformarlo in una bellissima scatola vuota".

I "PRESIDI SENTINELLA"

"In generale, bisogna condividere di più, mettere a rete i punti di contatto -- conclude Galzerano -- e quello che è successo a Nizza e a Monaco non fa che rafforzare questo concetto. Bisogna investire tutto sulla prevenzione e responsabilizzare tutti i soggetti che possono concorrere. Sia a Nizza che a Monaco erano persone che avevano fatto ricorso a presìdi psichiatrici. Ecco: ci sono sul territorio tanti 'presìdi sentinella' che devono concorreree alla prevenzione. E questo è tanto più importante nel rapporto fra gli Stati".

C.A.S.A., ASSUNZIONE CONGIUNTA RESPONSABILITA'

Galzerano, per quel che invece riguarda la cooperazione interna fra le forze di una stessa nazione, sottolinea la specificità italana. "E' il modello di condivisione delle informazioni, nato dall'intuizione dell'allora ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu che nel 2003, dopo l'attentato di Nassiriya, creò il Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo (CASA)".

Questa struttura "ha messo intorno a un tavolo permanente i 'key players', il direttore centrale della polizia di prevenzione, un caporeparto del Sisde, un capo dipartimento antiterrorismo del Sismi (ora i servizi segreti sono Aise e Aisi, ndr), un capo reparto dei carabinieri, uno della Guardia di Finanza e un dirigente dell'Amministrazione Penitenziaria. Si tratta di un gruppo di persone 'operative', non funzionari che si riuniscono in modo solo formale ma persone impegnate sul campo, che in sostanza si occupa di valutare le minacce, mette in comune tutte le informazioni di ogni corpo, condivide sia le notizie che le operazioni, che sono quindi congiunte".

"E' una forma di 'assunzione congiunta di responsabilità", Prosegue Galzerano. "L'Italia è l'unico Paese in Europa, che, grazie a questa 'messa in comune' delle informazioni, ha un elenco consolidato e condiviso di tutte le persone che sono andate in Siria-Iraq, sia come foreign fighters sia come semplici sostenitori".

"Abbiamo cercato di esportare questo modello all'estero, ma finora senza riuscirci completamente".

SPATARO: COLLABORAZIONE, POLITICA ITALIA SIA CAPOFILA

"L'Ue ha adottato il mandato d'arresto europeo", ricoda Spataro. "Ha costituito le squadre investigative comuni, ha creato Eurojust (per la collaborazione giudiziaria, ndr) ed Europol: proprio per questo dico che non c'è bisogno di nuove convenzioni, di nuove risoluzioni o decisioni quadro, di nuovi istituti giuridici. Ma piuttosto serve un 'testo unico' che imponga - disciplinandola - la collaborazione nelle inchieste; una legislazione che, ad esempio, sancisca la validità in ogni stato europeo delle prove raccolte negli altri stati dell'Unione, o che consenta di disporre ed eseguire intercettazioni in altri stati, in un quadro in cui sia sempre garantito, per queste indagini, il controllo di legalità attraverso le autorizzazioni da parte dell'Autorità giudiziaria a tutela dei diritti fondamentali delle persone. Tutto qua".

"E mi augurerei che le autorità politiche italiane, nelle sedi che contano, assumessero un ruolo guida in questo".

ROMANELLI: UNA NUOVA COOPERAZIONE GIUDIZIARIA

Per Maurizio Romanelli, procuratore aggiunto a Milano e coordinatore del pool antiterrorismo, "le prassi di questa nuova cooperazione giudiziaria internazionale devono essere completamente diverse da quelle tradizionali".

"Primo: ciascuna autorità giudiziaria deve condividere le informazioni rilevanti per un altro Paese con l'autorità giudiziaria di quel Paese; secondo: la comunicazione delle informazioni deve essere assolutamente tempestiva e spontanea, e accompagnata anche dalla documentazione che supporta le informazioni; terzo: l'autorità giudiziaria che riceve le informazioni fa nascere nel proprio Paese una investigazione giudiziaria e condivide con il primo Paese le informazioni e gli atti che acquisisce; quarto: se i risultati sono positivi, viene deciso un intervento comune e la più completa trasmissione della documentazione acquisita in vista degli impieghi processuali".

PROCURA UE, BELLA E IMPOSSIBILE

In chiusura, una soluzione sarebbe rappresentata dall'istituzione della Procura Europea, proposta dalla Commissione Ue nel 2013.

"Sarebbe un grande passo in avanti nell'ottica della sinergia di cui ho detto - conclude il procuratore di Torino Spataro - Ma la prospettiva allo stato non può certo considerarsi realistica, perché è evidente che ciò comporterebbe il passaggio dai governi alla Procura stessa della guida e della strategia investigativa antiterrorismo. Dubito davvero che ciò possa avvenire a breve, ma apprezzo che il ministro della Giustizia italiano si stia battendo per dar vita alla Procura Europea anche per contrastare il terrorismo".

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