Come si determina il tasso di cambio
Il tasso di cambio (in inglese exchange rate) è il prezzo relativo con cui è possibile trasformare una valuta in un’altra. Il tasso di cambio può essere fissato dal mercato delle valute, da accordi internazionali oppure controllato dalla Banca Centrale o dal Tesoro con operazioni valutarie, cioè di acquisto e vendita di valuta sui mercati internazionali. Il tasso di cambio può essere nominale oppure reale. Il calcolo del tasso di cambio e il suo andamento nel tempo dipendono dal regime in cui la valuta viene scambiata; il regime può essere fisso, flessibile o intermedio (sporco).
Tasso di cambio: spiegazione
Con la crescita del commercio mondiale a partire dal XVII secolo si è sviluppata le necessità di esprimere i prezzi nelle diverse valute. Il tasso di cambio è il prezzo di una moneta nei termini dell’altra. Ad esempio in un determinato giorno sappiamo che un dollaro USA vale €1,1, oppure un dollaro americano vale 100 Yen giapponesi. Il commercio mondiale e l’apertura dei paesi all’esterno hanno contribuito a definire i ruoli tra paesi forti e deboli nei confronti del cambio. Un tasso di cambio forte, stabile e con oscillazioni ridotte nel tempo è frutto di un importante peso economico, di una gestione economica e monetaria forte.
Secondo John Maynard Keynes, le valute nazionali sono però dei veli, non hanno valore intrinseco e auspicava l’eliminazione delle monete nazionali e la creazione di una moneta mondiale, eliminando così il tasso di cambio e le frizioni tra paesi. Questo auspicio espresso all’inizio del XX secolo era anche dettato dalla necessità di limitare la speculazione sui cambi e nei commerci.
La creazione delle unioni monetarie, come quella americana, europea, africana, australiana e indiana sono la conferma che è necessario stabilizzare il cambio per rafforzare il commercio e garantire un sentiero di crescita stabile nel tempo.
Tasso di cambio nominale
Il tasso di cambio nominale si può calcolare dividendo la quantità di moneta in circolazione in un paese in un anno solare, moltiplicata per la sua velocità di circolazione, per la quantità di beni prodotti nel paese in un anno solare. Questo tasso di cambio di equilibrio varia al variare della moneta, della velocità di circolazione della stessa, dei prezzi e della produzione.
- Tasso di cambio reale
Il tasso di cambio reale è dato dal tasso nominale sottratto il tasso d’inflazione, cioè la variazione dei prezzi. Il tasso di cambio reale è importante per valutare il prezzo relativo dei beni importati o esportati.
Tasso di cambio fisso o flessibile
Ogni paese può adottare il regime di cambio che preferisce, in base alle proprie esigenze interne. Il regime di cambio fisso significa che il valore del cambio deve essere mantenuto costante. La banca centrale o il Tesoro dovranno, quindi, aggiustare la quantità di moneta continuamente per mantenere costante il valore.
Il tasso di cambio flessibile, invece, implica che il cambio è lasciato libero di fluttuare sui mercati, senza intervento della banca.
La trinità inconciliabile
Il regime di cambi fissi permette alla banca centrale di tenere sotto controllo il valore delle proprie esportazioni e importazioni, ma implica un forte costo in termini di creazione e distruzione monetaria. Per garantire che il regime di cambi fissi abbia successo e non trascini il paese in una crisi economica e valutaria è necessario che non si realizzino contemporaneamente queste tre condizioni: cambi fissi, libertà dei movimenti di capitale e indipendenza della politica monetaria. Queste danno luogo alla cosiddetta trinità inconciliabile. Se un paese ha i cambi fissi, deve limitare i movimenti di capitale e in questo modo lascia parte della sua libertà alla banca centrale. Se un paese ha i cambi fissi, deve sacrificare l’indipendenza della banca centrale se vuole permettere piccoli movimenti di capitali.
Il Gold Exchange Standard (Accordi Bretton Woods)
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale i paesi vinti e i vincitori decisero di seguire le indicazioni di Keynes per definire l’assetto economico finanziario e la ricostruzione post bellica; le sue indicazioni, che erano state ignorate dopo la Prima Guerra Mondiale, avrebbero invece potuto limitare o forse evitare lo scoppio della Seconda.
I paesi vinti e vincitori si sono incontrati negli Stati Uniti a Bretton Woods per trovare un accordo sul regime di cambio per favorite il commercio, l’integrazione e la crescita post bellica. Questo approccio condiviso e costruttivo costituì una forte cesura con l’esperienza dei due secoli precedenti, quando i paesi vinti venivano condannati dai vincitori a pagare le spese di guerra. Impoveriti e distrutti venivano sfiniti, alimentando la rabbia e il dissenso, che sono alla base delle guerre.
Nel 1948 si decise di adottare un sistema di Gold Exchange Standard in cui il tasso di cambio di tutti i paesi aderenti sarebbe stato fisso nei confronti del dollaro statunitense, a sua volta agganciato all’oro con un rapporto fisso di $ per oncia. Negli anni ’60 e ’70 la forte crescita dei prezzi delle materie prime, come il petrolio aveva reso insostenibile il cambio fisso e gli USA ebbero forti difficoltà a tenere in piedi il sistema. Gli accordi di Bretton Woods furono rispettati dal 1948 al 1971, anno in cui gli Stati Uniti dichiararono l’inconvertibilità del dollaro in oro, ponendo fine all’esperimento valutario più lungo e di maggior successo della storia moderna.
Restrizioni dei tassi di cambio
Nel commercio internazionale possono esistere dei limiti alla conversione valutaria per gestire le oscillazioni dei cambi. L’esperienza recente di alcuni paesi sud americani è stata quella di limitare la convertibilità della loro valuta per contenere le oscillazioni del cambio e il disavanzo di conto corrente nella bilancia dei pagamenti. In assenza di tali restrizioni, i consumatori avrebbero domandato beni esteri (importazioni) alimentando lo squilibrio commerciale che è incompatibile con il cambio fisso o amministrato.