Il termine ‘cuneo fiscale’ si riferisce alla differenza tra il costo totale del lavoro per l’impresa o un qualsiasi datore di lavoro e la retribuzione netta percepita dal lavoratore.
In parole semplici: il cuneo fiscale è la quota di reddito di un lavoratore che viene assorbita dalle tasse, dai contributi sociali e dagli altri oneri, riducendo l’importo netto in busta paga.
Le componenti del cuneo fiscale sono:
- Imposte sul reddito,
- Contributi sociali e previdenziali,
- Qualsiasi altra imposta od onere a carico del lavoratore.
In termini semplificati possono dire che:
Reddito lordo = reddito netto + imposte + contributi + oneri
e quindi:
Cuneo fiscale = reddito lordo – reddito netto.
Il cuneo fiscale nei paesi OCSE
È importante notare che la struttura del cuneo fiscale può variare notevolmente da un paese all’altro, a seconda delle politiche fiscali, che incidono sulle imposte da pagare e delle politiche previdenziali adottate, che possono prevedere forme di assicurazione privata volontaria e non obbligatoria.
L’OCSE misura il cuneo fiscale (tax wages) nei paesi che vi aderiscono e per il 2022 calcola un valore medio del 34,6%. Il Belgio è il paese con il cuneo fiscale più alto (53%) e il Cile quello più basso (7%). Queste enormi distanze sono causate dalle forti differenze negli stati e nella tassazione del lavoro.
Il cuneo fiscale in Italia
In Italia il cuneo fiscale supera la soglia del 40% per molti gruppi di lavoratori; l’OCSE indica una media del 45,9% nel 2022, il quinto paese nella classifica dopo Belgio, Germania, Francia e Austria. I paesi europei sono accomunati da un alto livello di tassazione e di previdenza sociale.
Un livello così alto di cuneo fiscale ha però forti implicazioni per la competitività economica del paese, poiché influenza negativamente la creazione di posti di lavoro e la domanda di lavoro.
Alcuni governi negli ultimi anni hanno tentato di ridurre il cuneo fiscale (taglio del cuneo fiscale) per stimolare l’occupazione e migliorare la redditività per i lavoratori. Per ridurre il cuneo fiscale è necessario rimodulare le imposte, i contributi e gli oneri a carico dei lavoratori. Questo è difficile da attuare a causa della forte spesa pubblica da finanziare e dai limiti alla crescita del debito pubblico.
Taglio del cuneo fiscale: come funziona
Il taglio del cuneo fiscale si riferisce a una riduzione degli oneri fiscali sui salari dei lavoratori. Il cuneo fiscale rappresenta la differenza tra il costo totale del lavoro per l’azienda e il netto effettivamente ricevuto dal dipendente. In pratica, include sia le imposte sul reddito che i contributi previdenziali pagati dall’azienda e dal lavoratore.
Un taglio del cuneo fiscale può essere attuato attraverso diverse politiche, come:
- Diminuzione delle aliquote fiscali sui redditi da lavoro
- Detrazioni fiscali per i lavoratori
- Riduzione dei contributi previdenziali a carico dei dipendenti o dei datori di lavoro.
L’obiettivo principale di questa misura è quello di aumentare il reddito netto dei lavoratori, rendendo più conveniente assumere personale e riducendo gli oneri fiscali sul lavoro.
Il costo del lavoro
Il costo complessivo del lavoro per un’impresa o per un datore di lavoro pubblico è dato dai costi diretti e dal quelli indiretti, come quelli amministrativi e di sicurezza sul lavoro. Il cuneo fiscale incide sul costo diretto del lavoro e la sua ampia dimensione e rigidità rende difficile implementare politiche competitive nel mercato del lavoro. Quando un lavoratore viene assunto, il reddito netto che viene percepito è molto diverso da quello che l’impresa paga complessivamente. L’alto costo del lavoro è un disincentivo all’aumento dei salari e quindi dell’occupazione.
Gli oneri a carico dei lavoratori
Il calcolo del cuneo fiscale va effettuato per ogni singola tipologia di lavoratore, poiché vi sono alcuni oneri che sono a carico del lavoratore e altri no. Sono invece completamente a carico dei lavoratori le imposte dirette sui redditi e una quota dei contributi previdenziali; il datore di lavoro svolge il ruolo di sostituto d’imposta ma non ha alcun guadagno da ciò.
L’inflazione e costo del lavoro
La crescita del tasso d’inflazione osservata in Italia e in molti paesi avanzati a partire dal 2021 incide negativamente sul potere d’acquisito dei lavoratori, solitamente quelli che non hanno possibilità di adeguare i loro redditi alla crescita dei prezzi, come i lavoratori dipendenti. In occasione della revisione dei contratti nazionali di lavoro, che avviene con frequenza biennale o triennale, i lavoratori recuperano la perdita di potere d’acquisto.
L’aumento dei salari dovrebbe compensare l’aumento dei prezzi, ma in questo modo si rischia di innescare una rincorsa pericolosa tra salari e prezzi. Negli anni ’70 del Novecento in Italia l’indicizzazione salariale era automatica, grazie alla cosiddetta scala mobile ma questo meccanismo ha portato a una spirale prezzi salari fuori controllo che è stata domata solo eliminando la scala mobile.