Vi è un dibattito in merito all’efficacia della politica monetaria restrittiva della Federal Reserve che vede alcuni critici, poco attenti, dichiarare apertamente come questa non abbia sortito gli effetti sperati visto che la base monetaria, dal febbraio del 2023, è in continuo aumento. In realtà, le cose non stanno proprio in questi termini. È vero che su qualsiasi manuale di teoria monetaria o di macroeconomia vi è scritto che l’offerta di moneta dipende dalla base monetaria e tanto più grande è quest’ultima tanto maggiore sarà l’offerta di moneta. Però, se ci soffermiamo qui rischiamo di inquadrare il problema in modo troppo semplicistico. Infatti, bisogna aggiungere che l’offerta di moneta dipende anche dal rapporto circolante / depositi e dalla quota di riserva bancaria. Il punto sta proprio in quest’ultima frase. La base monetaria o M0 è costituita dal circolante e dalle riserve bancarie, sia obbligatorie che libere, presso la banca centrale. Inoltre, la Federal Reserve remunera queste riserve, a differenza della BCE, e questo porta le banche, in un momento in cui vi è incertezza economica e tensione sui mercati finanziari, a non utilizzarle per concedere prestiti e a detenerne molte di più rispetto a periodi di stabilità economica. La cartina di tornasole di tutto ciò è la diminuzione del moltiplicatore monetario: esso si riduce sia per un abbassamento dell’offerta di moneta che per un aumento della base monetaria oppure per evento comune a questi due parametri. In conclusione, un aumento della base monetaria dovuta ad un aumento delle riserve bancarie, nell’ipotesi in cui le banche decidono di non utilizzarle, piuttosto che del circolante, sortisce l’effetto di ridurre l’offerta di moneta anziché aumentarla.