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La Francia soffre ma (per ora) resta in serie A

Pubblicato 30.09.2014, 11:38
Aggiornato 09.07.2023, 12:32


Et voilà. La Francia ce l’ha fatta: il suo rating è stato confermato ad Aa1, con outlook negativo, smentendo le voci che circolavano un paio di giorni prima su un suo probabile declassamento. Le indiscrezioni pubblicate da L’Opinion, secondo cui il governo francese sarebbe già stato avvisato in anticipo della riduzione del rating, sono state prontamente e seccamente smentite dal ministro delle finanze che ha addirittura annunciato l’avvio di un’inchiesta per erronee informazioni ai mercati finanziari.
Dunque il pericolo è momentaneamente scampato, anche se il paese giace da tempo in una situazione di limbo, stretto tra una crescita inesistente e l’impossibilità di porvi rimedio.  La scorsa settimana il ministro Michel Sapin aveva reso noto che l’obiettivo fiscale del 3% del rapporto deficit/pil precedentemente fissato per il 2015, sarebbe stato procrastinato al 2017, mentre per l’anno in corso si stima addirittura una risalita del parametro al 4,4%, un livello decisamente peggiore di quanto precedentemente fissato (3,7%), nonché il primo rialzo  dopo parecchi anni di lieve ma costante calo.  Anche avendo posticipato la scadenza dell’obiettivo, non possiamo esimerci dall’esprimere comunque qualche dubbio sul suo raggiungimento, visto che il 2017 sarà anno elettorale, a meno di prossimi colpi di scena.
 

Fonte: Bloomberg. Rendimenti del quinquennale francese negli ultimi tre anni.
 
Nonostante i tassi di rifinanziamento del debito siano drasticamente calati nell’ultimo anno (vediamo a tale proposito nel grafico soprastante l’andamento nell’ultimo triennio dei rendimenti dei titoli francesi a 5 anni), l’economia francese sembra incapace di ripartire e il minor gettito fiscale più che compensa il calo della spesa per interessi sul debito.
I tassi a 5 anni sono prossimi al loro minimo storico in area 0,35% e i decennali oscillano intorno all’1,35%. Nelle scadenze fino a 2 anni, i rendimenti sono addirittura in terreno negativo, eppure la fragilità economica non permette al deficit di beneficiare di questo contesto di tassi. La spesa per interessi è chiaramente in flessione ma non il parametro del debito  pubblico su Pil, né più il deficit/pil, come evidente nel grafico sottostante elaborato da Barclays.
 

Fonte: Barclays
 
Secondo quanto recentemente stimato dalla Commissione Europea, e riportato nel grafico qui sotto allegato, il potenziale di crescita – ovvero la combinazione ottimale di tutti i fattori produttivi, forza lavoro, capitale e tecnologia - si è drasticamente ridotto negli ultimi anni.
Solo nel 2000 tale potenziale era stimato per il paese intorno al 2%, mentre ora siamo in un’area compresa tra 0,8% e 1,1%, che significa una distruzione di quasi metà del sentiero di crescita ideale della struttura economica.
 

Fonte: Commissione Europea, Oddo securities
 
Al di là dunque dell’attuale mantenimento del rating, e del guadagno in termini di tempo per quanto concerne il raggiungimento dei parametri fiscali, sembra che le condizioni per uscire dalla stagnazione economica siano quanto mai sfavorevoli.
L’indice Pmi Markit rimane tra i peggiori dell’Eurozona, soprattutto a livello manifatturiero,dove in agosto il numero è risultato addirittura in calo al 46.9, il più basso dal giugno 2013 e inferiore a tutti quelli degli altri stati membri, Grecia inclusa.
Se ai dati dell’attività economica si somma la preoccupante e bassissima inflazione (male comune a quasi tutti i paesi industrializzati), ecco che il quadro ne esce piuttosto fosco.
Il prossimo 1° ottobre dovrebbe essere presentata la nuova bozza di bilancio per il 2015, che assume comunque un punto percentuale di crescita dell’economia nel 2015. Successivamente, intorno al 7 ottobre, la legge verrà inviata a Bruxelles che nell’arco di7/10 giorni esprimerà un parere in merito al contenuto e alla fattibilità delle misure in essa contenute.
Seguiremo con attenzione questo iter nei prossimi giorni, anche in merito all’evoluzione del dibattito sul mantenimento dell’attuale livello di austerity nell’Unione Monetaria, tema che assume sempre più un ruolo chiave per il ritorno alla crescita da parte dei paesi della vecchia Europa.

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