Come ampiamente previsto, i dati svizzeri sull’inflazione di gennaio sono rimasti in marcato territorio deflazionistico.
L’IPC svizzero si è fermato al -1,3% a/a e al -0,4% m/m, l’IPC di fondo al -0,9%, tuttavia l’indice mensile è sceso al -0,4% dal -0,1%.
Il franco svizzero si è rafforzato contro USD ed EUR in funzione del deterioramento della propensione al rischio e non degli sviluppi interni.
La debolezza dei prezzi futuri emersa dal rapporto di oggi non farà che alimentare le aspettative del mercato per un intervento della BNS. I recenti balzi nei depositi a vista ufficiali (575,4 mld da 559,5 mld), oltre al continuo indebolimento del CHF, hanno indotto gli operatori a speculare su possibili interventi sul forex.
Secondo noi è improbabile che la BNS fosse coinvolta, visti gli importanti effetti da valutazione sul CHF e il bilancio, già gonfiato.
Tuttavia, le continue operazioni verso i rifugi sicuri hanno invertito la forza del CHF. Piegata dal contesto economico debole e dal CHF forte, sono aumentate significativamente le probabilità di un intervento della BNS.
Detto questo, un intervento diretto sul forex continua comunque a essere meno probabile di un ulteriore taglio dei tassi negativi (anche se la BNS benedice entrambi).
Il presidente della BNS Thomas Jordan ha detto esplicitamente che il CHF è sopravvalutato e che il tasso “può scendere anche sotto i livelli attuali” (al momento la fascia inferiore è pari al -0,75%).
Con l’attenuarsi della divergenza fra le politiche che aveva generato la forza dell’USD, l’aspettativa che la BCE aumenti gli stimoli a marzo e l’incertezza globale che fa tornare i capitali sul CHF, la BNS si trova di nuovo in una posizione scomoda.
La BNS deve rendere meno attraente il CHF agli occhi di acquirenti stranieri e svizzeri, ma ha, realisticamente, strumenti limitati. Tuttavia, è troppo presto per intervenire, quindi prevediamo che, nel breve termine, il CHF continuerà ad apprezzarsi sulle valute G10.