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Tra la situazione in Russia e in Libia i tagli alle scorte OPEC potrebbero finire

Pubblicato 09.04.2019, 09:26
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

Si vede da lontano un miglio: l’Arabia Saudita ed i suoi alleati produttori di greggio non possono continuare ancora per molto con i tagli alla produzione che stanno operando.

Il Ministro per l’Energia saudita Khalid al-Falih ieri ha affermato che è prematuro stabilire se ci sia un accordo all’interno dell’alleanza dei produttori globali per proseguire con i tagli alle scorte, aggiungendo che il vertice del mese prossimo sarà cruciale per deciderlo.

Brent Daily Chart

E questo è stato il segnale più chiaro del fatto che ci sono delle divisioni su quanto a lungo i 14 membri dell’OPEC, guidati dai sauditi, e gli altri dieci produttori con a capo la Russia, riusciranno a stringere i denti ed attenersi alle rigide quote di produzione quando il greggio a 70 dollari si sta dimostrando troppo allettante per non approfittarne con altri barili.

Manipolare le scorte non è nello stile della Russia

Secondo le notizie che citano fonti interne all’alleanza OPEC+, in cima alla lista degli insoddisfatti troviamo la Russia, bloccata in un patto che limita il suo usuale stile di lavoro sui mercati energetici.

Sebbene il greggio sia importante per le casse della Russia, il paese non possiede una compagnia petrolifera nazionale, al contrario dell’Arabia Saudita e del resto dell’OPEC. Anche se gli oleodotti russi sono posseduti ed operati dal monopolio di stato Transneft, le compagnie petrolifere, tra cui Rosneft (la più grande) ed altre come Lukoil (MCX:LKOH), Surgutneftegaz (MCX:SNGS), Gazprom Neft (MCX:SIBN) e Tatneft (MCX:TATN), sono abituate alla concorrenza del libero mercato e ad ottenere i prezzi e i servizi migliori. Non hanno bisogno di manipolare la produzione per creare delle carenze artificiali che spingano i prezzi, una pratica che al contrario rappresenta la procedura standard per l’OPEC.

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Negli ultimi tre anni, i russi hanno partecipato due volte ai patti sui tagli alla produzione sauditi per far riprendere i prezzi del greggio dai tonfi che li avevano portati ad un certo punto al minimo di 24 dollari al barile. In un mercato pesantemente rialzista come quello di ora, preferirebbero competere col meglio disponibile. E possono permetterselo: a dicembre, il prezzo medio russo per il greggio era di 42 dollari al barile, la metà degli 84 dollari necessari ai sauditi.

Fino a questa settimana, c’erano alte speculazioni che i 24 membri dell’OPEC+ avrebbero esteso i tagli alla produzione di 1,2 milioni di barili al giorno in occasione del vertice di giugno.

L’OPEC potrebbe decidere entro maggio il futuro dei tagli

Ma il Ministro per l’Energia saudita ha reso noto che una decisione potrebbe essere presa prima, durante un vertice tecnico di maggio, e che potrebbe non necessariamente prevedere una proroga. “ Non penso che avremo bisogno (di fare di più) … il mercato si avvia all’equilibrio” , ha spiegato, riferendosi alla possibilità che l’Arabia Saudita tagli la produzione ancora di più rispetto alla sua quota.

I commenti di Falih sembrano finalizzati ad accontentare la sua controparte russa, Alexander Novak che, secondo fonti vicine alla politica energetica di Mosca, “ starebbe ricevendo troppe pressioni internamente per fermare i tagli” . L’Amministratore Delegato di Rosneft Igor Sechin è tra i contrari all’OPEC+ e in una lettera al Presidente russo Vladimir Putin trapelata a febbraio ha scritto che il patto rappresenta una minaccia strategica per Mosca, che va a favore degli Stati Uniti.

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E la Russia non è l’unica in difficoltà a continuare con i tagli. Per il terzo mese consecutivo, la Nigeria non è riuscita a rispettare la quota di produzione prevista dal patto OPEC+, producendo oltre il previsto. I nigeriani hanno una quota di 1,685 milioni di barili al giorno ma hanno finito per produrne 1,92 milioni a marzo.

Le pressioni globali, con in testa il Presidente USA Donald Trump, sono destinate ad aumentare per convincere l’OPEC ad abbandonare i tagli alla produzione mentre la guerra civile affligge la Libia, minacciando la sua produzione di un milione di barili al giorno. Insieme alle sanzioni USA sul greggio di Iran e Venezuela, la carenza in Libia potrebbe rappresentare la ricetta perfetta di un disastro delle scorte globali che i sauditi semplicemente non possono ignorare se effettivamente, come dicono, l’obiettivo dei tagli OPEC è quello di raggiungere un “ riequilibrio del mercato” e non soltanto dei prezzi alle stelle.

L’Arabia Saudita sta placando anche Trump

Olivier Jakob, a capo dell’agenzia di consulenza petrolifera PetroMatrix a Zug, in Svizzera, afferma che i sauditi sembrano stare placando anche Trump con la loro apparente disponibilità a chiudere prima parte dei tagli alla produzione. Afferma Jakob:

“ L’Arabia Saudita continuerà a dire che non presta ascolto a Trump ma noi consideriamo il (loro) lieve cambio di tono un primo segnale di rappacificazione” .

Aggiunge che Riad la scorsa settimana ha aumentato la maggior parte dei prezzi di vendita oltreoceano del greggio, soprattutto per l’Europa.

Gli hedge fund long sul greggio faranno affidamento sul fatto che l’OPEC racconti un’altra storia intimidatoria di un inasprimento delle scorte nel suo report mensile di domani che potrebbe ulteriormente alimentare l’impennata sull’anno in corso del 40% del WTI e del 31% del Brent.

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Un motivo per cui i sauditi potrebbero voler abbassare un po’ la guardia sulla produzione è la straordinaria risposta dei mercati all’emissione di bond legati alla prima vendita pubblica di azioni della sua compagnia petrolifera statale, Aramco.

I sauditi dimostreranno magnanimità dopo l’emissione dei bond di Aramco?

Oltre all’ottenimento del prezzo del greggio di cui necessita per il suo bilancio nazionale, l’IPO di Aramco ha rappresentato la priorità per il regno. Fino a ieri, la compagnia petrolifera saudita ha ricevuto offerte superiori di oltre il triplo rispetto ai 10 miliardi di dollari che si prevedevano per il debutto internazionale dei bond.

John Kilduff, socio dell’hedge fund di energetici Again Capital a New York, afferma:

“ Le sottoscrizioni eccedenti dei bond rappresentano un importante risultato per i sauditi e per Aramco” .

“ Dovrebbero essere in grado di rilassarsi un po’ a questo punto e dimostrare un po’ di magnanimità” .

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