Di Laura Sanchez
Investing.com - E' tutto pronto per l'evento macro della settimana, l'IPC di gennaio degli Stati Uniti, che in caso di lettura oltre la previsione del +7,3%, potrebbe aumentare la volatilità sui mercati in vista della reazione della Federal Reserve.
"L'inflazione statunitense sarà ciò che determinerà se obbligazioni e mercati azionari continueranno a recuperare terreno o se, al contrario, si tornerà in correzione", sottolineano gli analisti di Link Securities.
Secondo gli esperti, "salvo grandi sorprese, l'inflazione di gennaio salirà al livello più alto dal 1982. Inoltre, il consenso stima che l'inflazione core salirà a gennaio al 5,9% dal 5,5% di dicembre, segnando anche qui i livelli più alti da diversi decenni. In questo caso il range delle stime oscilla tra il 5,6% e il 6,0%”, aggiungono gli esperti dal broker spagnolo.
"La forte ripresa della domanda, le strozzature dell'offerta e la pressione al rialzo sui prezzi dell'energia spingono l'IPC a livelli che non si vedevano da 40 anni", concorda Bankinter (MC:BKT).
“Senza essere in grado di determinare in anticipo quale sarà la lettura finale di queste cifre, quello che possiamo azzardare è che, se le letture sono inferiori alle attese, è molto probabile che sia le obbligazioni che le azioni continueranno con il loro recente rally. Al contrario, riteniamo che letture che superano quanto atteso dal consenso degli analisti provocheranno cali dei prezzi di entrambi gli asset. La loro intensità dipenderà da quanto le letture reali supereranno quelle stimate", sottolineano da Link Securities.
“Se il rialzo dei prezzi venisse confermato, potremmo andare a una sessione di nervosismo sui mercati, un dato rilevante per la Federal Reserve quando si tratta di inasprire la propria politica monetaria, anche se sembra evidente che il primo rialzo arriverà il prossimo marzo ”, afferma Diego Morín, analista di IG.
Bankinter esprime la stessa opinione: “Attualmente il mercato sconta 5 rialzi dei tassi quest'anno, a intervalli di 25 punti base fino al range 1,25%/1,50% a partire da marzo. La banca Usa si è inoltre impegnata ad avviare quest'anno la riduzione del saldo (Quantitative Tightening). Un CPI al di sopra del consenso potrebbe accelerare questo scenario”.
“Le pressioni inflazionistiche non inizieranno ad allentarsi in modo significativo se non verso la fine dell'anno. La Fed non ha un ruolo facile in questo contesto. Deve agire senza essere troppo lento o troppo aggressivo”, affermano dalla banca spagnola.