Diciamolo subito: dipende da quanto prezziate il rischio regolatorio che, da qui ai prossimi 6-12 mesi, impatterà su Alibaba. Dall’ottobre del 2020, da quanto Jack Ma attaccò pubblicamente il sistema normativo cinese come ostacolo all'innovazione, e dopo una serie di attacchi diretti e indiretti alle aziende del gruppo di Ma, le azioni di Alibaba sono scivolate di circa il 40% dai massimi di 310$ per azione toccate ad ottobre 2020, in una spirale ribassista che, pare, non voglia fermarsi neanche dopo la pubblicazione degli ultimi dati trimestrali (comunque in chiaro scuro).
Il punto centrale della questione, prima di condurre una valutazione con dati alla mano sulle azioni di Alibaba, è comprendere sia, da una parte, che l’azienda si inserisce in un contesto e in un mercato, quello cinese, diverso dai normali mercati finanziari occidentali, sia, dall’altra parte, all’interno di una battaglia ideologica USA-Cina che vede quest’ultima limitare sempre più le quotazioni in USA delle aziende cinesi.
Recentemente, Ray Dalio ha pubblicato sul suo profilo LinkedIn una lunga dissertazione sulla situazione in Cina – con pressioni e cambi normativi che non incidono solo su Alibaba, ma anche su altre aziende, basti pensare a Tencent – spiegandoci che l’anello mancante alle nostre valutazioni, che tengono poco in considerazione la realtà cinese, è comprendere come il sistema capitalistico cinese sia diverso da quello occidentale, dove gli interessi del singolo soccombono
nei confronti dell’interesse della collettività: Alibaba, al netto delle pressioni governative su un uomo diventato molto potente, si inserisce perfettamente in questo spaccato «ideologico», se pensiamo anche solo alla multa record dello scorso dicembre comminata ad Alibaba dalla State Administration for Market Regulation (“SAMR”) per presunti comportamenti monopolistici non tollerati.
Le pressioni ribassiste su Alibaba, allora, al netto della trimestrale in chiaroscuro, dipendono essenzialmente dal rischio regolatorio che gli investitori prezzano su tutto il contesto cinese, ma soprattutto sull’azienda di Jack Ma: se molti investitori istituzionali scaricano il titolo e se molti analisti credono che questa pressione ribassista possa continuare (qualcuno si dà come target, prima di una ripresa, 150$ per azione), qual è invece una possibile prospettiva a medio termine,
prezzando anche un rischio regolatorio maggiore?
Ad esempio, un altro ambito su cui le autorità cinesi stanno intervenendo è la protezione dei dati sensibili, con la possibilità che vengano imposte autorizzazioni particolari alle aziende che maneggiano quantità significative di dati: DiDi Group è stata già colpita da questo problema, così come Tencent, e Alibaba potrebbe essere la prossima.
Detto ciò, è chiaro che, fondamentali a parte, tutta la valutazione su Alibaba ruoti attorno al rischio regolatorio maggiore che dovremmo prezzare: il prof. Damodoran ha già portato a +0,68% il Country Risk Premium sulla Cina, ma ciò potrebbe non bastare nella valutazione delle azioni di BABA.
I ricavi di Alibaba complessivi, nell’ultimo anno fiscale, sono cresciuti del 40% circa, dai 500 miliardi circa di RMB dell’anno precedente, ai 717 miliardi di RMB dell’ultimo anno: solo dal suo core business, il commercio online, Alibaba ha incassato qualcosa come 621 miliardi di RMB, con una crescita considerevole, però, anche dei ricavi derivanti dal cloud computing. L’utile netto di BABA, nell’ultimo anno fiscale, si è mantenuto sui 150 miliardi di RMB, in linea al precedente
anno fiscale, con un aumento però di circa l’85% rispetto all’utile del 2019.
La maggior parte degli analisti stima una crescita dei ricavi di BABA, sia dalle attività core che dalle attività accessorie, di circa il 24% consolidato: il mio modello di analisi, basandosi sul tasso di reinvestimento medio dell’azienda nel tempo, stima un tasso di crescita degli utili pari al 14,22% (ottenuto moltiplicando il ROE dell’azienda per il tasso di reinvestimento netto, valore alternativo, ma simile, al tasso di ritenzione degli utili).
Il Free Cash Flow to Equity corretto (epurato dalle spese non ammortizzate di ricerca e sviluppo) per l‘ultimo anno fiscale è pari a circa 106B di RMB, il che comporta, ai tassi ipotizzati, in un orizzonte temporale di cinque anni, un FCFE pari a 206B di RMB nel 2027. Il Terminal Value di Baba può essere invece quantificato in circa 4.46T di RMB.
Ciò che impatta in modo rilevante sul prezzo target di BABA è ovviamente il tasso di sconto applicato: partendo dal FCFE calcolato e calcolando il costo del capitale sulla base del CAPM, se dovessimo soltanto aggiungere il Country Risk Premium calcolato da Damodoran (+0,68%), attualizzeremmo il flussi di cassa ad un tasso del 6,154% (BABA ha un Beta basso, a circa 0,81) e il target price di BABA sarebbe circa di 305$ per azione (si considerano 2,68 miliardi di azione in
circolazione, sulla base del prossimo BuyBack ipotizzato dall’azienda). Si noti che questo è proprio il prezzo che BABA aveva prima della sua “crisi”, senza quindi prezzare il maggiore rischio regolatorio.
Il problema, quindi, insiste proprio sul prezzare correttamente questo rischio regolatorio che, a ben vedere, rimane alto un un’ottica di breve/medio termine, mentre potrebbe ridursi in un’ottica di lungo termine. Ergo, se portiamo anche al 4-5% questo rischio, in termini di add on sui tassi di sconto, il target price di BABA scende a 164$ per azione; se portiamo invece questo premio al rischio maggiorativo all’1%, il target price di BABA risale a 255$ per azione (occhio, nei
calcoli, al cambio USD/RMB).
Detto ciò, la prospettiva del mercato sembra essere proprio questa: una tensione ancora presente sulle azioni di BABA, che potrebbero continuare a soffrire, con una crescita futura non appena le tensioni governative si saranno acquetate, grazie a solidi fondamentali. Il problema di fondo resta, però, il solito: quanto le novità regolamentari che saranno imposte incideranno sui fondamentali stessi e sui ricavi futuri previsti?