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Anteprima Fed: nuovi votanti, nuovi candidati, stessa politica

Pubblicato 28.01.2020, 15:21
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

La commissione di politica monetaria della Fed, il Federal Open Market Committee (FOMC), vedrà un profondo cambiamento durante il vertice di gennaio di questa settimana, con quattro nuovi presidenti regionali che avranno diritto al voto.

All’orizzonte anche l’arrivo di due nuovi membri del consiglio dei governatori con sede a Washington, con il Presidente Donald Trump che alla fine ha lasciato trapelare i nomi dei suoi candidati preferiti (sebbene non abbia ancora inviato le candidature al Senato). Aveva inizialmente presentato questi nomi a luglio, ma sembra che nessuno abbia avuto fretta di esaminarli, candidarli e confermarli.

Tuttavia, questi aspetti probabilmente non sono tanto importanti sul breve termine perché, a meno che non ci sia un’emergenza, la Federal Reserve difficilmente apporterà modifiche alla politica monetaria.

Alcuni votanti diversi ma pochi motivi per dissentire

Sono ormai passati i giorni in cui i membri votanti del FOMC dissentivano perché in disaccordo con un aumento o un taglio dei tassi di interesse. A meno che uno di loro non sia preoccupato per l’aumento della disoccupazione o quello dell’inflazione, ci sono pochi motivi per dissentire dall’accordo unanime nei prossimi mesi.

Il FOMC è pensato per dare una chiara maggioranza ai componenti di Washington, con sette membri nel consiglio dei governatori quando è al completo. E questi membri seguono fedelmente il presidente, con rare eccezioni.

Ciò potrebbe cambiare se uno dei candidati di Trump, Judy Shelton, dovesse ottenere il sì del Senato per avere un seggio nel consiglio. Shelton è famosa per essere a favore di un ritorno ad un qualcosa di simile al sistema aureo, sebbene abbia fatto un passo indietro per accontentare il desiderio di Trump di una politica monetaria allentata. Ha anche reso dei commenti che potrebbero definirsi eretici affermando che la banca centrale non dovrebbe essere indipendente dalla politica.

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Shelton ha ottenuto la conferma del Senato con un voto orale nel 2018 per il ruolo di direttore esecutivo degli USA presso la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo a Londra. In teoria, non dovrebbe avere problemi ad ottenere la conferma per il posto alla Fed, sebbene sia ovviamente un profilo più alto.

L’altro candidato, Chris Waller, è una scommessa sicura. È stato per un decennio il capo economista della Fed di St. Louis. Ex docente universitario, difficilmente manderebbe tutto all’aria.

Il consiglio ha avuto solo cinque membri per un periodo, ma il capo della Fed di New York, John Williams, è un membro votante permanente per via del suo ruolo nell’implementazione della politica monetaria; vota anche di norma con il presidente. I tre che hanno dissentito a settembre hanno fatto sì che i voti discordi salissero ma l’esito è stato comunque di sette a favore. Tutti e tre, James Bullard di St. Louis, Eric Rosengren di Boston ed Esther George di Kansas City, perderanno il diritto al voto, per rotazione, quest’anno.

I nuovi votanti del 2020 saranno l’interventista Loretta Mester di Cleveland, bilanciata dal cauto Neel Kashkari di Minneapolis. Non avranno molto su cui dissentire, comunque. Gli altri due nuovi votanti, Patrick Harker di Philadelphia e Robert Kaplan di Dallas, non ricoprono il ruolo da molto e non hanno ancora espresso un dissenso (sebbene Harker abbia dichiarato che si sarebbe opposto al taglio dei tassi ad ottobre se avesse potuto votare nel 2019).

Ci sono 12 presidenti delle banche regionali ma, con quella di New York che ha un voto permanente, sono le altre 11 che possono votare solo ogni due o tre anni (Cleveland e Chicago votano in modo alterno ogni due anni e le altre nove votano a rotazione ogni tre).

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I presidenti regionali, scelti dai rispettivi consigli, tendono a ricoprire il ruolo per molto tempo. Hanno compensi maggiori rispetto ai membri del consiglio ed un loro staff di supervisori ed economisti, perciò non hanno paura di esprimere un’opinione diversa rispetto al consiglio.

La Fed si trova nel bel mezzo di una revisione strategica, esaminando nuovi e vecchi strumenti di politica monetaria. Dai recenti verbali è emerso che i policymaker hanno discusso di un possibile tetto al rendimento dei bond, uno strumento usato l’ultima volta negli anni Quaranta ma non dissimile dal quantitative easing. Queste recenti discussioni indicano anche che non sono a favore dei tassi di interesse negativi usati in Europa ed altrove.

Tali decisioni difficilmente influiscono sui mercati e dureranno per la maggior parte dell’anno. Ad ogni modo, i mercati certamente presteranno meno attenzione alla Fed dopo che il Presidente Jerome Powell ha più o meno detto che la banca andrà col pilota automatico e modificherà la politica monetaria solo se dovessero cambiare le condizioni economiche.

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