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Borse: l'economia tira, sui dazi solo scaramucce (per ora)

Pubblicato 19.09.2018, 12:55

Chi pensa ci sia un clima propizio sulle azioni, ma ritiene prudente aumentare il livello di protezione, può prendere in considerazione il Cash Collect Worst of Quanto su un mini paniere nel quale si trovano l’indice Ftse Mib e l’indice S&P 500

Con l’approssimarsi della fine dell’estate, i mercati finanziari si riassestano dopo gli scossoni della seconda parte di agosto.

La guerra dei dazi, aggravatasi con le ultime mosse della Casa Bianca, non sta destando grandi preoccupazioni, anzi, guardando alla reazione delle Borse della Cina negli ultimi due giorni, c’è da pensare che gli investitori avessero messo in conto tutto questo.

L’amministrazione Trump è passata dalle parole ai fatti, annunciando duecento miliardi di dollari di dazi sulle merci cinesi.

Al contrario del passato, il provvedimento è dettagliato e preciso, non sembra più essere un elemento di pressione da giocare nella trattativa tra Cina e Stati Uniti.

Dal 24 settembre, entrano in vigore tariffe doganali del 10% su beni pari a 200 miliardi di dollari, dal primo gennaio si sale al 25%.

La Cina risponde a tono, aumentando a 110 miliardi di dollari, la platea dei beni statunitensi sui quali si applicheranno dazi compresi tra il 5% ed il 10%.

Il ministero delle Finanze di Pechino, nel comunicato, lascia però aperta la porta alla trattativa: “la Cina spera che gli Stati Uniti mettano uno stop alle tensioni, in modo da poter avviare il dialogo".

Se le ricadute dell’escalation nella guerra dei dazi non fa paura, è anche perché, “L’economia globale rimane stabile, sostenuta da Stati Uniti ed Eurozona, mentre le società di tutto il mondo hanno continuato a registrare profitti e si presentano in buona salute, nonostante la crescita degli utili si stia stabilizzando”, si legge nel bollettino mensile di Pictet Asset Management diffuso all’inizio della settimana.

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Inoltre, le crisi finanziarie di due grandi paesi, quali sono l’Argentina e la Turchia, sono rimasti episodi circoscritti: il contagio, quasi non c’è stato.

I recenti dati macroeconomici sugli Stati Uniti sono stati incoraggianti. “L’economia del Paese pare in fase di ri-accelerazione, sostenuta da robusti consumi delle famiglie e solide condizioni del mercato del lavoro. Prevediamo due aumenti dei tassi d’interesse da parte della Fed nel corso di quest’anno, situazione che porterebbe il tasso di riferimento verso quello che è considerato un territorio neutro, ovvero, né espansionistico, né di stimolo. Oltre questo limite, tuttavia, non crediamo che la Fed procederà con gli aumenti”, afferma Pictet.

Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, “le condizioni economiche in Europa si stanno stabilizzando, in area euro, la disoccupazione in calo ed il sentimento in miglioramento, sostengono in consumi”.
Lo scenario macroeconomico benigno, ha spinto a metà agosto Pictet ad alzare a neutrale, la componente delle azioni in portafoglio.

Se la società svizzera del risparmio gestito non si spinge a consigliare un sovrappeso di azioni, è perché lo scontro sui dazi resta un tema da trattare con cautela, soprattutto se avviene in una fase di rientro degli stimoli monetari.

JP Morgan (NYSE:JPM) ha segnalato la scorsa settimana che le ricadute di una guerra commerciale tra le prime due economie del pianeta spinge le aziende a rallentare, o sospendere gli investimenti.

I manager sono cauti in quanto ci si aspettano, da questo peggioramento delle condizioni di mercato, un ridimensionamento degli utili.

La banca d’affari è giunta a questa conclusione dopo aver setacciato, utilizzando i software in grado di riconoscere le parole pronunciate, più di 7.000 comunicazioni del terzo trimestre.

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I dazi sono al primo posto nell’elenco delle preoccupazioni dei dirigenti.

Intanto, gli analisti che guardano al mercato con gli strumenti della statistica e delle ricorrenze, segnalano che sui mercati è di nuovo apparsa una cattiva stella: il presagio di Hindenburg.

Ispirato dal disastroso incendio dell’omonimo dirigibile tedesco nel maggio del 1934, l’indicatore tecnico messo a segno dal matematico Jim Miekka circa dieci anni fa, dovrebbe anticipare, l’arrivo di crack dei mercati.

Miekka ha sempre affermato che in tutte le crisi finanziarie avvenute dal 1987 a 2014, data del suo decesso, queste condizioni si sono sempre presentate.

Il sistema segnala allarme quando si registra un forte aumento delle azioni che segnano i massimi ed i minimi della loro storia, se poi il numero dei nuovi minimi supera il numero dei nuovi massimi, il livello di allerta è da alzare ulteriormente.

Queste condizioni si sono presentate sul Nyse di New York nella prima parte di settembre.

Non sempre però, le avvisaglie hanno preceduto la correzione, per questo, i suoi detrattori ritengono che si tratti solo di superstizioni, non tanto diverse da quelle che accompagnano l’arrivo delle comete.

Miekka non si era mai fatto problemi ad ammettere che qualche volta il segnale di Hindenburg non precede il crollo del mercato, ma aveva sempre spiegato che queste condizioni sono da considerare come l’apparire in cielo di una nuvola ad imbuto, una formazione che spesso precede una tromba d’aria.

Non tutte le volte che si forma una nuvola ad imbuto arriva una tempesta, ma quando c’è, è sensato stare più attenti alle condizioni meteo per le ore successive.

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