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CRONISTORIA CAMBIO EURO DOLLARO

Pubblicato 12.07.2022, 19:58
Aggiornato 29.03.2024, 17:46

Il 2022 rappresenta un punto di svolta per l’Europa, rendendo necessario un ripensamento delle politiche energetiche e di quelle monetarie alla luce degli shock lato offerta da cui l’area euro in particolare era stata fin qui risparmiata. Oltre a sancire un simbolico ritorno al punto di partenza per il cambio euro-dollaro del quale andiamo a ripercorrere le alterne vicende tenendo a mente quali sono i driver di questa relazione fortemente influenzata dalle combinazioni di ciascuno di essi:
1 DIfferenziale dei tassi d’interesse
2 Bilancia dei pagamenti
3 Indice dei prezzi al consumo
4 Aspettative di crescita
2000-2002 – Il cambio eur-usd viaggia in un range piuttosto limitato nei suoi primi due anni, tra $ 0,87 e $ 0,99. Raramente rompe la resistenza superiore, fino a quando non viene lanciato ufficialmente come valuta. Fino al 2002, era utilizzato solo per transazioni elettroniche.
2002 - 2008 - L'euro aumenta del 63% in soli sei anni. Una causa è rappresentata dall’iniziale differenziale dei tassi favorevole alla moneta europea (2001- 2005). Nello stesso periodo, il debito degli USA cresce del 60 % (il differenziale del debito di due paesi è una delle determinanti del tasso di cambio avendo a sua volta influenza sull’inflazione. Quest’ultima si traduce in un aumento dell’offerta di valuta e quindi debolezza della stessa). I bassi tassi americani favoriscono proprio in quel periodo lo sviluppo del mercato immobiliare, anche grazie alla concessione di mutui non adeguatamente garantiti, i cosiddetti subprime. Nel biennio 2006-07 il tasso della FED sale gradualmente al 5,25% per cercare di raffreddare la surriscaldata economia americana: ciò non impedisce l’apprezzamento dell'euro, che nonostante l’inversione del differenziale contava sulla crescente fiducia degli investitori. La politica restrittiva della Fed infatti andava a determinare la sofferenza dei mutui subprime che, a sua volta, anticipava lo scoppio della bolla immobiliare. Il primo gennaio 2002 un euro vale poco più di $ 0,90. Alla fine del 2007 il suo valore era salito a $ 1,46. 
2008 - L'euro inizia l'anno a $ 1,47 con gli investitori fiduciosi che la crisi dei mutui subprime sarà limitata per lo più agli Stati Uniti. Ciò porta ad un rafforzamento dell’euro e quindi un aumento del tasso di cambio (record storico di 1,6038 dollari il 15 luglio 2008). L’espansione della crisi al di fuori dei confini degli USA rovescia l’approccio dei trader che vengono portati a cambiare atteggiamento e a comprare dollari con il cambio che scende a $ 1,39 a fine anno (con minimo ad 1,23 anche a causa delle operazioni di chiusura degli short sul dollaro). 
2009 - L'euro inizia l'anno in una posizione forte, a $ 1,40, gli USA hanno infatti avviato il primo programma di quantitative easing già annunciato a fine novembre 2008. Il differenziale con i tassi USA è a favore dell’euro, la FED ha azzerato i tassi. Ma il rally subisce una forte correzione nonostante l’ampliamento del differenziale dei tassi. Infatti la valuta europea successivamente scende al minimo dell'anno a $ 1,25 per le aspettative che scontano ulteriori futuri ribassi dei tassi europei.
L’euro riprende comunque la sua salita per il sentiment positivo nell’area euro che si incrociava con i dati record del debito USA, 13 trilioni di dollari, con una conseguente parziale redistribuzione dalle obbligazioni USA a quelle Area Euro (principalmente tedesche). Alla fine del 2009, l'euro vale 1,43 dollari.
2010 - L'euro inizia l'anno a $ 1,44. Scende del 17% rispetto al dollaro, toccando un minimo di $ 1,20 il 10 giugno a causa dei dati altalenanti dell’economia ed alla conclusione del primo programma di quantitative easing americano (31 marzo). Quindi risale a $ 1,42 a novembre, quando si mostrano nuovi segnali di forza relativa degli indici economici europei e contemporaneamente viene annunciato il Quantitative Easing 2 americano (effetto ribassista sull’USD). Il cambio chiude comunque il 2010 correggendo a $ 1,33.
2011 - L'euro inizia l'anno a $ 1,34. Sale a un massimo di $ 1,47 a luglio. Questo succede soprattutto perché gli USA sono ancora alle prese con la crisi del debito ed un deficit di bilancio fin lì tra i più alti della storia che aveva portato allo shutdown governativo e ad un taglio del rating del credito da parte di S&P (da AAA a AA+). Nel frattempo vengono rafforzati i programmi di acquisto anche di obbligazioni fino ai 30 anni di scadenza (c.d. Operation Twist) in modo da abbassare i tassi a lungo termine e favorire il finanziamento delle imprese.
Il 7 luglio la BCE alza i tassi portandoli a 1,50. Si ha una reazione contro intuitiva rispetto alla regola che ad un aumento dei tassi segue un rafforzamento della valuta con l’euro che comincia a perdere terreno, con gli investitori preoccupati che la BCE avesse avuto troppa fretta di aumentare i tassi. Il rischio di ricadere in recessione aveva “compensato” la possibilità di ottenere un rendimento più elevato nel detenere obbligazioni o investimenti denominati in euro.
Inoltre la crisi del debito greco è alle porte (senza contare la crisi di governo in Italia e lo spread a livelli record). A ottobre 2011, il valore dell'euro scende a $ 1,33 per poi chiudere a dicembre a $ 1,30 nonostante vengano ripresi i tagli al tasso di riferimento della BCE.
2012 – La crisi greca diventa crisi dell’eurozona. L'euro inizia l'anno a $ 1,27 circa. Aumenta a un massimo di $ 1,35 circa a febbraio, sulla scorta di un trattato intergovernativo di salvataggio delle banche in crisi e piano di aiuti alla Grecia.
A maggio, la moneta unica precipita a $ 1,24 con il peggioramento della crisi del debito greco e lo stallo politico nel paese ellenico risoltosi solo a giugno quando l'euro aumenta per un breve periodo a $ 1,27 prima di tornare entro agosto a $ 1,22 con la rinnovata crisi dello spread in Italia e Spagna. 
Entra in scena Draghi che assicura la disponibilità da parte della BCE a pesanti e costanti interventi in coordinamento col Fondo Salvastati. Entro fine anno si risale a $ 1,32 sulla ulteriore spinta del QE3 americano iniziato a settembre.
2013 - L'euro inizia l'anno a $ 1,32. Si rafforza ulteriormente a febbraio in risposta ai segnali positivi sulla crisi del debito della zona euro. Subisce comunque una flessione fino a $1,30, anche se a novembre torna a $ 1,35 sulla scorta del rafforzamento dell'economia dell'eurozona.
Il 7 novembre 2013 la BCE abbassa il proprio tasso di interesse allo 0,25 percento, per contrastare i timori di deflazione. Ciò porta il valore dell'euro a $ 1,33 chiudendo poi in rialzo a $ 1,38.
2014 - L'euro inizia l'anno a $ 1,38 e sale a un massimo di $ 1,39 a maggio. Da qui inizia lo sdoppiamento delle politiche monetarie europee e americane:
Il 4 settembre Draghi annuncia che avrebbe iniziato un programma di QE (oltre ad abbassare il tasso di riferimento) e l'euro scende immediatamente dell'1% a $1,30. Subito dopo la Fed annuncia un piano di normalizzazione della politica monetaria concludendo anche il QE3 il 12 ottobre. Il cambio scende poi al minimo di due anni di $ 1,25 a novembre, quando la BCE anticipa che avrebbe mantenuto bassi i tassi di interesse. Alla fine dell'anno si scende fino a $ 1,21 anche per le incertezze delle elezioni greche.
2015 - Il 22 gennaio 2015 l'euro tocca $ 1,12. Questo perché la BCE dichiara che avrebbe acquistato 60 miliardi di euro di obbligazioni denominate in euro ogni mese a partire da marzo. Il 12 marzo 2015 inizia l’acquisto di obbligazioni e il giorno dopo l'euro scende al minimo di 12 anni di $ 1,05. Durante l'estate del 2015, l'euro comunque risale oltre $ 1,10, grazie proprio al rafforzamento dell’economia legato ai programmi di acquisto (QE).
Il 10 novembre la Banca di Francoforte dichiara che avrebbe ulteriormente abbassato i tassi portandoli a zero, mentre la FED li aumenta nella riunione di dicembre con l'euro che scende a $ 1,07.
Il 13 novembre 2015 i terroristi attaccano Parigi. L'euro scende ulteriormente a $ 1,06 entro la fine del mese. Nel frattempo la BCE annuncia che avrebbe continuato il suo programma di allentamento quantitativo fino a marzo 2016 sostenendo così l’economia, cosa che determina un leggera spinta rialzista sul cambio, mitigata dal fatto che i traders usano adesso l'euro come parte di un carry trade con la sterlina inglese che ha un tasso di interesse più alto. L'euro chiude l'anno a $ 1,09.
2016 - Il 1 ° gennaio 2016 l'euro vale $ 1,08. Sale a $ 1,13 l'11 febbraio, quando l’indice azionario americano corregge al ribasso e rimane in quel range fino al voto sulla Brexit il 24 giugno con rottura del supporto fino a $ 1,10, raggiungendo un’area di ipervenduto con il referendum in Italia a dicembre a 1,04.
2017 - L'euro guadagna il 14% durante l’anno. Vale $ 1,05 il 1 ° gennaio 2017. Rimane in un range tra questo valore e $ 1,09 fino a maggio per poi salire a $ 1,20 a settembre chiudendo l’anno sullo stesso valore anche sulla base che la politica fiscale di Trump avrebbe riacutizzato il problema del debito USA e sulla previsione di una fine del QE europeo.
2018 - Il primo gennaio 2018 l'euro vale $ 1,20. Scende a $ 1,12 a marzo chiudendo l'anno a $ 1,14. Il vantaggio competitivo dell’America si fa sentire rispetto ai problemi politici ed economici europei (elezioni italiane che portano ad un nuovo aumento dello spread, stallo politico tedesco, prospettive di un prolungamento indefinito della politica monetaria espansiva europea).
2019 - Il 2 gennaio 2019 l'euro vale $ 1,14. Durante l’anno continua a scendere in risposta ad una situazione neutrale sul versante delle decisioni di politica monetaria dei due paesi che annullano gli effetti sul cambio: l’interruzione della normalizzazione del bilancio della FED con l’introduzione di un nuovo ciclo di acquisti di asset governativi preceduto dal taglio dei tassi fa il paio con decisioni analoghe sul versante europeo, ma favorisce il dollaro in un contesto di incertezza esacerbato dalla “guerra” dei dazi in cui l’economia americana continua a sovraperformare quella europea rispetto anche agli indici economici più importanti.
2020 / 2022 - Il covid rappresenta un game changer al quale si aggiunge la guerra, quella vera. Prima lo shock lato domanda, poi quello lato offerta. Le supply chain globali, ovvero le “grandi sterilizzatrici” degli effetti distorsivi delle politiche monetarie non convenzionali, mostrano tutti i loro limiti. I prezzi salgono oltre il consentito come mai era accaduto dall’esordio della moneta unica. Gli effetti sono però solo apparentemente uguali per nuovo e vecchio continente. Quest’ultimo paga rispetto agli Usa la dipendenza energetica, a prescindere dalle fonti russe, ed una politica monetaria più timida, timorosa delle debolezze che si celano dietro la frammentazione politica ed economica che ha trovato obiettivi comuni per ora solo nel momento più duro della pandemia con gli spread ancora facilmente addomesticabili. Il risultato è la parità del cambio.

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