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DailyFX Morning Adviser, l'ora della Fed

Pubblicato 18.06.2014, 09:01

Davide Marone, 18 giugno 2014
INTRO
Dunque ci risiamo. Il primo player del mercato scende di nuovo in campo dopo il consueto mese e mezzo; lo farà questa sera comunicandoci alle ore 20 (ora italiana) eventuali decisioni in materia di politica monetaria e poi per bocca del suo governatore Janet Yellen che alle 20.30 terrà la conferenza stampa di spiegazione ed interrogazione. E diremmo che nulla è più calzante, dal punto di vista degli operatori dei mercati finanziari, vista la latitante volatilità che difficilmente consente opportunità operative di rilievo in ottica intraday.
Lo stato dell’arte
Nell’ultimo meeting del Federal Open Market Committee, come ricorderete, le attese che precedevano l’evento erano non tanto legate a stravolgimenti sostanziali del percorso intrapreso sia in materia di tapering del Quantitative Easing che di forward guidance sui tassi di interesse quanto piuttosto ad un’analisi qualitativa circa appunto lo stato dell’economia USA in relazione ad eventuali tempistiche di intervento. Lo statement reso poi pubblico, ed eravamo allo scorso 30 Aprile, fu estremamente dovish e di fatto generò movimenti particolarmente degni di nota sul mercato. La Fed infatti si era limitata ad annunciare un ulteriore taglio di 10 miliardi di dollari al suo asset purchase program, portando di fatto agli attuali 45 miliardi gli acquisti di titoli di stato e di MBS su base mensile e mantenendo la rotta che dunque vedrebbe coincidere la fine dell’anno con quella del Quantitative Easing 3. I tassi di interesse erano naturalmente rimasti contenuti nel corridoio 0,00%-0,25%, e qui erano finiti i contenuti. Il wording, quello dello statement ovviamente in quanto non vi era stata la Press Conference in quell’occasione, rimase sostanzialmente invariato, con la reiterazione del fatto che il target i tassi dei federal funds fosse appropriato anche per un considerevole periodo dei tempo dopo che il piano di acquisto titoli sarà terminato. A questo proposito inoltre, e va sottolineato, fu ribadito che la progressiva dismissione delle iniezioni di liquidità non fossero comunque un qualcosa di già scontato nel suo sviluppo e che permaneva comunque la fortissima la dipendenza dai dati macroeconomici. Sul fronte crescita la Fed aveva chiarito in quell’occasione che la crescita dell’economia a stelle strisce poteva ritenersi buona solo da qualche mese, dopo le grandi difficoltà avutesi nei mesi invernali per le avverse condizioni climatiche. Ricordate le reazioni del mercato? Il dollaro americano si era limitato a lievi discese mentre le Borse avevano trovato nuova linfa per salire con l’S&P500 che si era portato vicino ai massimi (allora circa a 1.900 punti). Ma dopo aver ripercorso doverosamente i passaggi dell’ultimo meeting Fed, quali potrebbero essere gli sviluppi di questa sera?
Quali gli scenari
La Fed lo ha rimarcato in maniera inequivocabile; tutte le scelte di politica monetaria sono legate esclusivamente agli indicatori macroeconomici. Questo il cambio di rotta, come rammenterete, del corso Yellen alla guida dell’istituto centrale americano, che di fatto ha portato allo shift dal carattere quantitativo a quello qualitativo dei parametri economici necessari per agire o naturalmente per non farlo. Beh, come sono questi parametri? L’inflazione ieri ha fatto registrare un importante +2,0% su base annuale, al di sopra delle attese dell’1,9% e del dato precedente dell’1,8%, mentre la disoccupazione si è attestata nelle release di giugno al 6,3% con la creazione di 217mila nuovi posti di lavoro. Le due grandezze economiche che la Federal Reserve è chiamata a controllare e regolare, ci restituiscono un quadro complessivo che va nella direzione dell’implementazione di un nuovo taglio del QE3 che addirittura potrebbe essere superiore ai 10miliardi previsti a favore di 15, e di possibile accelerazione sul fronte forward guidance che potrebbe contemplare dunque potenziali rialzi dei tassi di interesse anche prima dell’orizzonte temporale utile della seconda metà del 2015. I dati, questo è innegabile, mostrano di fatto un miglioramento dei fondamentali che è andato oltre le aspettative (per quanto noi ancora ci manteniamo scettici, ma i dati sono ahinoi oggettivi) e questo non può che mettere pressione di “interventismo” a Washington, più sul lato tapering in quanto potrebbe agire in senso hawkish con un taglio di 15 invece che di 10 miliardi mese sull’acquisto di titoli di stati e MBS. Più difficile ritenere che andranno a modificarsi le aspettative sui tassi e francamente anche noi riteniamo che non sia ancora pronta per questo. A parziale giustificazione l’istituto centrale americano potrebbe rivedere le stime sulla crescita dell’economia a stelle e strisce; va infatti ricordato che il Pil ha visto un calo dell’1% annualizzato nei primi tre mesi di quest’anno e le scorse previsioni parlavano di un +2,8 – 3% per il 2014, 3-3,2% nel 2015 e 2,5-3% nel 2016. Difficilmente questi numeri potranno essere confermati e quindi su questo la Fed potrà mostrarsi decisamente più dovish.
L’effetto sui prezzi
La conferma di un taglio di 10 miliardi del QE3 e la conferma in toto della forward guidance potrebbe portare ad un nulla di fatto. Certo va detto che i miliardi immessi nel sistema diverrebbero 35 su base mensile, rispetto agli 85 iniziali. Da molti la riduzione sotto il 50% del programma originale era ed è vista come un primo punto di svolta che fornisce l’idea di una riduzione importante dell’enorme liquidità che circola nel sistema. Questo è vero, ma solo parzialmente se consideriamo l’aggregato dei 3 Quantitive easing implementati dalla Fed a partire dall’inizio della crisi economica e finanziaria mondiale. Un taglio di 15 miliardi dal punto di vista del segnale al mercato avrebbe un impatto decisamente più significativo. Ad ogni modo, il dollaro potrebbe vivere verosimilmente una buona fase di rafforzamento anche se questo storicamente dipende in maniera importante dai tassi di interesse soprattutto su orizzonti fino a 2 anni i quali a loro volta dipendono dalla forward guidance; se questa non si modifica dunque, non è così scontato che il biglietto verde possa andare in rally. Le Borse invece hanno fornito di recente più di un segno di debolezza e il drenaggio di ulteriore liquidità potrà acuire questo effetto, tanto più se il taglio sarà maggiore di quanto previsto. Attenzione perciò a probabili vendite di azionario, viste naturalmente le ormai infinite distribuzioni che sono andate creandosi sui listini. Naturalmente l’oro si allineerà alle dinamiche dollaro-centriche.
QUADRO TECNICO
EUR/USD: come detto già nei giorni scorsi, da un punto di vista di ottica operativa di breve quella dell’eurodollaro si palesa come una fase di accumulazione che prelude dunque a sbocchi rialzisti. Ma i volumi estremamente bassi di questi giorni non rappresentano un elemento di forza di questa view. Tre continuano ad essere i cardini della price action: naturalmente il supporto sui punti di minimo a 1,3520, la resistenza a 1,3585 e l’importantissimo livello mediano a 1,3555. Questo il livello che ieri ha sostenuto il prezzo, salvo poi cedere e trasformarsi dunque a resistenza di breve. Le indicazioni perciò non variano particolarmente, seguendo queste linee guida. Si potrebbe sfruttare la congestione notturna per ingressi short verso i punti di minimo e long sopra 1,3555 verso la resistenza. Guardiamo naturalmente a 1,3475 come supporto cruciale se partissero ondate di vendita e 1,3620 come primo livello di resistenza.
USD/JPY: timidi segnali di direzionalità al rialzo per il cambio che ieri ha violato i punti di massimo precedenti a 102,15 per auspicabilmente dirigersi verso il primo livello a 102,40. Se ci dovessero essere delle correzioni su questi livelli, naturalmente diviene 102,15 il supporto che potrebbe dunque risostenere la quotazione che potrebbe dunque mirare a 102,60 come livello di resistenza statica successivo. Sotto 102,15, pochi appaiono gli ostacoli fino a 101,95 per stop in pari e valutazione di ulteriori discese verso area 101,75.
EurJpy: molto tecnico il cross. Confermata la tenuta dei minimi a 137,70, estremamente preciso si è confermato il livello a 138,55 nel respingere il prezzo che però non è riuscito ad approdare sui primi supporti ed ha mantenuto la regolarità nella sequenza di minimi crescenti. Possibili dunque strappi sopra 138,55 per primo e vicino target a 138,80 per stop in pari e potenziali allunghi fino a 139,20. Buono il RR in vendita nuovamente su 138,55, previe conferme, ancora una volta verso 138,30 e 138,15 anche qui per stop in pari prima di puntare ai punti di minimo.
GBP/USD: il cable si trova ancora in congestione e poco o nulla è cambiato da ieri. I dati non lusinghieri sull’inflazione del Regno Unito hanno portato a vendite di breve non in grado di violare però 1,6950 che resta il limite inferiore della lateralità. Molto indicativo il time frame a 4 ore che proprio su quel livello vede il transito della media mobile esponenziale a 21 periodi e che quindi rappresenta un buon punto di acquisto in direzione massimi a 1,70. Su orario si ben evince come potrebbe trattarsi dunque di distribuzione che potrebbe portare a vendite ma solo sotto 1,6950 e 1,6925 in maniera più conservativa. Queste sono infatti ancora aree di acquisto considerando l’ottimo RR, con possibilità di nuovi massimi verso 1,7030. Impostazione bullish dunque ancora quella da privilegiare.
AUD/USD: la fase di approfondimento ribassista che ieri osservavamo e che avrebbe potuto portare ad estensioni ulteriori fino a 0,9335 è stata pienamente confermata. Questo può ancora rappresentare un livello di potenziale pullback per riguardare ancora a 0,9375. Ulteriori rotture ribassiste, che pure sembrano trovare conferme dai ritracciamenti sulla media mobile esponenziale a 21 periodi del grafico orario, sarebbero significative in senso bearish in scenario multiday e porterebbero a prime fiammate a 0,93.
Ger30 (DAX): come descritto sul finale di settimana scorsa, il daily ha mostrato come il massimo a 10.035 potessimo a ragion veduta considerarlo un massimo di “breve” termine e quindi punto short, così come l’area della media mobile esponenziale a 21 periodi fosse invece uno dei supporti di maggiore rilievo. In intraday ieri invece i movimenti sono stati molto nervosi con la partenza di movimenti prima al rialzo e poi al ribasso che hanno sporcato i precisi livelli a 9.960 e 9.880. Ad ogni modo restano questi i livelli di controllo del prezzo, con un’operatività in limit entry da privilegiare, con stop vicini e reverse verso i punti di massimo nel caso rialzista e area 9.830 e 9.780 in caso discesista.
XAU/USD (Oro): le famose conferme grazie alle quali avevamo negli scorsi giorni parlato di fase di accumulazione per l’oro dai minimi a 1.240 dollari l’oncia sono arrivate fino ad approdi importanti anche sopra il target auspicato di 1.277. Sono poi partite copiose vendite con violazione di 1.286, poi sotto 1.2777 e sotto 1.271. Le auspicate ripartenze ribassiste di ieri verso 1.258 ci sono state e hanno portato a rapide riprese del prezzo che dunque vede ancora in 1.268 il supporto per riprese verso 1.272 e 1.277; stop stretto e reverse verso 1.263 e ancora 1.258.

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