È passato un altro decennio per le materie prime e nessuno ha ancora capito se il mondo sia più vicino o meno a segnare un picco della domanda per la produzione di greggio e se ci sarà un ritorno al prezzo di 100 dollari al barile per la materia prima.
Con l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio (OPEC), guidata dai sauditi, che entra nel suo sesto decennio, i mercati del greggio non hanno neanche la minima idea su quanto ancora l’unico cartello sopravvissuto al mondo per le materie prime (ed il più potente dalla sua fondazione, nel 1960) andrà avanti. In effetti, considerate le richieste dell’OPEC solo in questo decennio, è un miracolo che esista ancora e che continui ad influenzare positivamente i prezzi del greggio.
“Per quasi tutto il tempo da quando esiste il greggio e viene scambiato come materia prima, il mondo si è chiesto quanto ci vorrà prima che finiscano i combustibili fossili o che vengano resi inutili da fonti di energia più nuove”, scrive John Kilduff, socio fondatore dell’hedge fund energetico Again Capital a New York. Aggiunge:
“E invischiato all’interno di questa discussione sui combustibili fossili troviamo proprio il futuro dell’OPEC e dell’Arabia Saudita, in quanto custode del cartello e presumibilmente di una delle riserve di greggio più grandi del mondo”.
“Basti dire che, dopo innumerevoli dibattiti andati avanti per tutto il decennio, non siamo ancora vicini a rispondere in modo credibile a nessuno di questi dubbi”.
Il picco del greggio resta, nella migliore delle ipotesi, solo una teoria
Il “picco della produzione di greggio” si riferisce a quell’ipotetico punto in cui la produzione di greggio globale toccherà il tasso massimo, per poi cominciare a scendere. Si tratta dello scenario più rialzista per il greggio, soprattutto se le energie rinnovabili avranno scorte ridotte a quel punto.
La prospettiva di un “picco della domanda di greggio” metterebbe fine all’espansione che ha dominato il secolo scorso ed arriva mentre investitori e governi si trovano alle prese con le pressioni per allontanarsi da economie basate sui combustibili fossili. Rappresenta lo scenario più ribassista per i combustibili fossili. L’Agenzia Internazionale per l’Energia, con sede a Parigi, ha riacceso la questione a novembre, prevedendo che i consumi petroliferi globali raggiungano il picco tra un decennio circa.
Logicamente, la domanda di greggio non può continuare all’infinito
La cosa più ironica è che un paio di settimane dopo delle previsioni dell’AIE, la teoria del picco della domanda è stata messa alla prova durante un evento a New York da Andy Hall, uno dei tori del greggio più di successo della sua generazione. Hall, “toro permanente”, ha ottenuto centinaia di milioni di dollari di profitti per i suoi clienti e per se stesso durante la sua carriera trentennale, vendendo la teoria che la domanda di greggio e, di conseguenza il prezzo, non può che andare in una direzione: su.
“Se non fosse per il fatto che logicamente sappiamo che non può succedere”, ha affermato Hall durante l’evento di New York, stupendo il pubblico, sorpreso di aver sentito queste parole proprio da un “toro” come lui. Hall non si è affatto scusato per le sue stime precedenti riguardo a consumi di greggio infiniti, affermando che “la domanda di greggio è cresciuta esponenzialmente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale … era ovvio che i consumi sarebbero cresciuti da qui all’eternità”.
Ma questa storia dovrà cambiare ora per via della tecnologia, delle auto elettriche e delle energie rinnovabili, ha spiegato Hall, prevedendo un picco della domanda entro questo decennio.
“C’è la possibilità che, entro il 2030, assisteremo ad un picco o ad un calo dei consumi petroliferi globali”, ha affermato il magnate degli hedge fund in pensione, sebbene abbia ammesso il continuo boom della produzione di petrolio da scisto USA e la scoperta di nuovi giacimenti in Brasile, Norvegia e Guyana.
Il greggio potrebbe tornare a 100 dollari, ma solo brevemente
Hall ha anche previsto qualcos’altro che si riferisce all’altra parte della storia degli energetici di questo decennio: il greggio a 100 dollari.
“Potremmo vedere di nuovo il greggio a 100 dollari? Sicuramente”, ha detto. “Sarà solo temporaneo e non farà che peggiorare la catastrofe” del picco della domanda.
Cos’è questa storia del greggio a 100 dollari?
È una storia le cui radici risalgono alla crisi finanziaria del 2008, per poi tornare negli anni successivi prima che la rivoluzione dello scisto USA mettesse fine una volta per tutte ai prezzi a tripla cifra del greggio.
Dai massimi della crisi finanziaria di 147 dollari …
Il tonfo dei mercati peggiore dalla Grande Depressione aveva portato il greggio USA West Texas Intermediate (all’epoca prezzo di riferimento globale) dai massimi storici di oltre 147 dollari al barile nel luglio 2008 ai minimi di circa 32 dollari nel dicembre dello stesso anno.
Ma la ripresa post-crisi del greggio fu stata tale che il mercato in condizioni di oversold tornò ai livelli di 80 dollari all’inizio del 2010.
L’anno dopo successe qualcosa che nessuno sul mercato del greggio avrebbe potuto prevedere: le manifestazioni della Primavera Araba del 2011 che gettarono le basi della Crisi Libica culminata nella guerra civile nel paese nordafricano, nell’intervento militare estero e nella destituzione e morte dello storico dittatore Muammar Gheddafi. La produzione petrolifera della Libia, uno dei principali produttori dell’OPEC all’epoca, passò dagli 1,5 milioni di barili al giorno a quasi zero alla fine del 2011, alla morte di Gheddafi.
E vi erano in corso anche dei cambiamenti strutturali sul mercato del greggio. Le limitazioni degli oleodotti avevano ridotto fortemente gli spostamenti del greggio negli Stati Uniti, facendo sì che il WTI non venisse più considerato il riferimento globale. Il britannico Brent ne prese il posto. La stretta causata dalla carenza libica spinse il Brent di nuovo sopra i 100 dollari al barile nel gennaio 2011, dove restò praticamente incontrastato per 3 anni e mezzo.
Poi arrivò il secondo shock del decennio per il prezzo del greggio, stavolta al ribasso.
La fratturazione idraulica, nota anche come “fracking”, liberò un fiume di greggio dalle formazioni rocciose di scisto negli Stati Uniti, trasformando entro l’estate del 2014 sia le scorte di greggio USA che la posizione del paese come produttore petrolifero. Il potere dell’equilibrio scorte-domanda del greggio era improvvisamente passato da colossi come OPEC ed Arabia Saudita ad un’accozzaglia di trivellatori indipendenti negli Stati Uniti che cresceva di giorno in giorno.
… Il greggio USA è arrivato al minimo di 26 dollari tre anni fa
Sminuendo inizialmente la minaccia dello scisto come di breve durata, la risposta saudita fu di “produrre come se non ci fosse un domani” per spazzare via il fenomeno dal mercato. Circa nello stesso periodo, l’Iran, quarto esportatore di greggio al mondo, allora gravato dalle sanzioni USA sulle esportazioni del suo greggio, stava negoziando un nuovo accordo nucleare con il governo del Presidente Barack Obama.
Con il ritorno dell’Iran sul mercato e la risposta imprudente e miope dei sauditi alla minaccia dello scisto diventata ormai troppo evidente, i prezzi del greggio colarono a picco, con l’economico greggio da scisto che portò il Brent a circa 35 dollari al barile entro il dicembre 2015 ed il WTI a 26 dollari entro il febbraio 2016.
Poi i sauditi tirarono fuori un altro coniglio dal cilindro: un patto senza precedenti per il taglio della produzione con la Russia, l’allora principale produttore di greggio. Era nata l’alleanza OPEC+, che raggruppava i 15 membri originali dell’OPEC di allora con altri 10 produttori guidati dalla Russia.
Impegnandosi a tagliare la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno la prima volta e decidendo questo mese di portare la riduzione a ben 2,1 milioni di barili al giorno (circa il 2% delle scorte mondiali), l’alleanza è fondamentalmente ciò che ha salvato i prezzi del greggio per il momento. Gli Stati Uniti, nel frattempo, sono diventati il principale produttore mondiale di greggio nonché esportatore netto, spedendo più prodotti petroliferi di quanto non ne importino dopo aver eliminato l’embargo sulle spedizioni di greggio nel 2015.
Negli ultimi tre anni, l’OPEC ha dovuto affrontare una sfida diversa nella gestione dei prezzi del greggio. Sebbene il Presidente Donald Trump abbia imposto nuove sanzioni contro Iran e Venezuela che hanno inasprito le scorte petrolifere globali a vantaggio dell’OPEC, ha anche fermamente attaccato il cartello per paura che le sue azioni possano causare un’impennata dei prezzi alla colonnina USA mettendo a repentaglio la crescita.
Con lo scandalo globale dell’omicidio del 2018 del giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi e l’imbarazzante attacco agli impianti petroliferi nel settembre di quest’anno che perseguitano ancora i sauditi nonostante il successo del debutto in borsa della loro compagnia petrolifera nazionale Aramco (SE:2222) (SE:2222), il greggio a 100 dollari non è nemmeno nella mente del regno.