E se fossero variati i fondamentali?
Come osserviamo da ormai due settimane il mercato italiano è in forte ribasso. Più precisamente a partire da lunedì 24 febbraio è iniziata una fase di panico dove gli operatori di Borsa hanno cercato di liberarsi delle attività in loro possesso. Presi dalla paura di un possibile ulteriore ribasso e dall’incertezza del momento, la vendita incontrollata di titoli ha causato un ribasso, a venerdì 6 marzo, di oltre 10 punti percentuali del FTSE Mib.
Questa situazione è dovuta, come ormai tutti sappiamo, al diffondersi in Italia del Covid-19, il famoso Coronavirus. Infatti, una volta giunto in Italia, il virus ha creato enormi disagi all’intero Paese e la flessione dei mercati ne è l’emblema.
Anche se il ribasso borsistico è un problema di vasta portata, gli operatori finanziari non devono fermarsi alla valutazione di solo questo, piuttosto devono considerare anche gli altri tipi di problemi che il virus ha causato. Infatti, oltre ad essere un grave impiccio di carattere sia sanitario, con ordinanze governative che si susseguono di giorno in giorno (o di ora in ora se preferite), sia sociale, visto il radicale cambiamento della quotidianità che hanno subito migliaia di persone, c’è anche un problema strettamente economico.
La paura e l’isteria galoppante oramai in tutto in globo, e soprattutto da noi in Italia, comporta ingenti danni al tessuto economico nazionale. Se ad alcuni settori il Coronavirus può anche giovare a suo favore, come per le attività farmaceutiche o per la pulizia degli ambienti, ci sono altri rami che sono fortemente colpiti in maniera negativa. In questo clima da “chiusura delle frontiere” ne risentono particolarmente l’export e il turismo. Le esportazioni sono un fattore trainante di molte aree dell’economia nostrana, come quello del lusso o quello agroalimentare.
Trainante al pari del turismo. Negativa la dichiarazione del presidente di Confturismo, Luca Patanè, che ha confermato un presunto calo di 31 milioni di visitatori del Bel Paese con una perdita stimata di circa 7,5 miliardi di euro. A tutto ciò si somma una probabile diminuzione della produzione interna, considerando la chiusura precauzionale di diverse aziende nelle zone focolaio (zone tra l’altro tra le più produttive d’Italia) e la chiusura di attività, come cinema, teatri, stadi e via dicendo, a seguito delle misure restrittive volute dal Governo per limitare i contatti.
Tutto ciò giustifica il caos presente sul mercato di Borsa, ma l’interpretazione di questo ribasso potrebbe essere diversa dal cosiddetto panico. Se da un lato è vero che gli operatori si possono esser fatti prendere dal panico ed hanno iniziato la loro fase ribassista, dall’altro potremmo anche osservare che questi soggetti hanno agito anche in maniera razionale. Infatti tutti i numeri sopra elencati presuppongono una diminuzione del PIL nazionale e per questo motivo è possibile che i fondamentali dei titoli trattati sul mercato siano cambiati.
La possibilità di una imminente recessione dovuta ai problemi causati dal Coronavirus può essere la causa di un probabile mutamento degli indici finanziari delle aziende. Ad oggi è ancora presto per affermarlo con certezza, ma non dobbiamo escludere che il calo borsistico sia duraturo e legato ad una flessione dei fondamentali. Quando saranno resi pubblici i primi dati statistici riguardo le variabili macroeconomiche potremo avere una visione più completa e giungere a conclusioni pressoché certe.
Osservando però che il FTSE Mib la scorsa settimana ha oscillato intorno ai 22.000 punti a fronte dei 25.500 toccati non più di quindici giorni prima, può essere l’indicazione che sia iniziata, ahinoi, una fase ribassista.