Dopo la testimonianza di metà anno davanti alla commissione bancaria del Senato americano, ieri sera la numero uno della Federal Reserve, Janet Yellen, ha replicato il suo discorso davanti alla Camera dei rappresentanti dominata dai repubblicani e quindi meno ben disposta nei suoi confronti. Alla fine ha ripetuto le stesse parole dell’incontro con i senatori di martedì, secondo le Yellen; “l'azione della politica monetaria espansiva non è finita, in quanto la ripresa economica non è ancora completa, ma se il mercato del lavoro continuasse a migliorare più velocemente di quanto anticipato dal Comitato (di politica monetaria, il Fomc, ndr), con il risultato in una più veloce convergenza tra i nostri due obiettivi (prezzi stabili e occupazione), allora un rialzo dei tassi di interesse sui Federal Funds avverrebbe verosimilmente prima di quanto attualmente immaginato e quindi, secondo le attese dei mercati, prima di giugno 2015”. Ovviamente, le parole della Yellen non hanno potuto che far sorridere il numero uno della Bce, Mario Draghi, complice la debolezza che in questi giorni stà subendo la coppia più tradata nel mercato delle valute. E soprattutto questo fattore di debolezza, con la prospettiva di un accelerazione dei ribassi, a far sperare il governatore della BCE che ha sottolineato più volte come un Euro forte sia un problema per l’Europa della debole ripresa. Secondo le stime di diversi addetti ai lavori, sono quattro le motivazioni principali destinate a spingere al ribasso la coppia euro contro dollaro americano: differenziale tra i tassi di interesse, boom della produzione petrolifera statunitense, avversione al rischio e andamento delle riserve valutarie. I dati negativi imperversati sulla coppia in questo mese, potrebbero essere solo un pretesto tecnico per i venditori, in accordo con diverse analisi di medio periodo, con un outlook del cambio moneta unica contro dollaro statunitense in ribasso almeno verso quota 1,3000 da qui a fine anno per la concomitanza del tapering in USA e del probabile avvio del QE in Europa, una sorta di "staffetta" delle politiche espansioniste che potrebbe rovesciare il verso dei flussi valutari tra Europa e Stati Uniti e portare quindi a un rafforzamento progressivo del dollaro USA. Per quanto riguarda l’analisi tecnico – grafico, ieri è stata per la coppia in esame, EUR/USD, un’ulteriore giornata di saldi, dopo un mese passata a navigare sopra quota 1,3600, la major ha fatto segnare nuovi minimi, passando da 1,3561 a 1,3519, ed a pochi minuti dall’apertura dei mercati europei già si evidenziano nuovi movimenti ribassisti. Un dato importante da tenere presente, a conferma anche di un nuovo spostamento ribassista odierno, e che ieri il deprezzamento della coppia è stato tutta opera del mercato senza nessuna intercessione di dati macro economici. Molto probabilmente oggi la coppia potrebbe tentare un primo attacco verso il livello psicologico a 1,3500, dove ovviamente potrebbe incontrare un po’ di resistenza, staremo a vedere cosa succede. L’unica cosa certa è che per poter entrare a mercato seguendo il sentiment che aleggia tra la maggior parte degli addetti ai lavori, ed in particolare per coloro che non sono ancora in vendita sulla coppia, è consigliabile attendere la rottura di area 1,3500, dove potrebbe formarsi anche un pullback tecnico, per poi entrare a mercato non appena l’azione del prezzo ci fornisce un buon set up di entry market. Dal punto di vista macro, oggi non ci sono news di primaria importanza atte ad influenzare la coppia, l’unica degna di nota è il “Philadelphia Fed Manufacturing Index” in programma alle ore 15.00, ore italiane, indicatore costruito sul sondaggio di produttori nella zona di Philadelphia; esso esamina l’opinione dell’attività dei produttori ed aiuta a fornire un’istantanea dello stato di salute del settore manifatturiero, una lettura che supera le previsioni e rialzista per il dollaro.