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Eur/Usd l'ultima ottava si chiude con forti vendite

Pubblicato 01.03.2015, 16:29
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Trend weekly ribassista dal 04.05.2014
Trend daily ribasissta dal 08.05.2014

Nell’ultima seduta del mese di febbraio, in Germania sono stati pubblicati l’indice dei prezzi sia per quanto riguarda le importazioni che quelli al consumo. Per quanto riguarda il primo, nel mese di gennaio è stato registrato una diminuzione su base annua del 4,4% rispetto alla precedente rilevazione pari al 3,7%, si attendeva un -4,6%%. Su base mensile la flessione è stata dello 0,8% dal precedente -1,7% e contro una stima di un -1,1%. Mentre per quanto riguarda l’inflazione, invece a febbraio abbiamo assistito ad un aumento dello 0,1%. Gli economisti avevano previsto un calo dello 0,2%. L'inflazione era calata in Germania a gennaio dello 0,4%. Si era trattato del primo calo dal settembre del 2009. Su base mensile l'inflazione è aumentata dello 0,9%. Gli esperti avevano atteso un aumento dello 0,6%. Il dato di gennaio è stato rivisto da -1% a -1,1%. Mentre oltreoceano, il Dipartimento del Commercio ha comunicato che il Pil è aumentato nel quarto trimestre del 2014 del 2,2%. La stima preliminare aveva indicato un aumento del 2,6%. Gli economisti avevano previsto una revisione a +2,1%. Le spese per consumi, il motore della crescita dell'economia statunitense, sono aumentate lo scorso trimestre del 4,2%, contro il +4,2% della stima preliminare. Si è trattato del più forte aumento dal 2010. Le scorte di magazzino sono state riviste significativamente al ribasso, da $113,1 miliardi a $88,4 miliardi. Le esportazioni e le importazioni sono state riviste al rialzo, rispettivamente da +2,8% a +3,2% e da +8,9% a +10,1%. Il PCE Core, l'indicatore più seguito dalla Federal Reserve per monitorare l'inflazione, è stato confermato a +1,1% (+1,4% nel trimestre precedente). La bancacentrale statunitense tollera, non ufficialmente, una crescita dell'inflazione su base annua tra l'1% ed il 2%. Sempre in America, venerdì sono stato pubblicati altre due news: il Chicago PMI e l’indice dell’Università del Michigan. Per quanto riguarda la prima news, il suo valore è sceso a febbraio, rispetto a gennaio, da 59,4 a 45,8 punti. Si tratta del più basso livello da cinque anni e mezzo. Gli economisti avevano atteso un calo a 58 punti. Mentre per quanto riguarda l’indice che misura l’andamento della fiducia dei consumatori, esso è salito a febbraio, nella lettura finale, a 95,4 punti dai 93,6 punti della precedente rilevazione. Il dato è migliore delle attese degli analisti che avevano pronosticato un dato a 94 punti. Il mese di marzo, in virtù di una prima settimana piena di news importanti, come già anticipato sopra, potrebbe essere un buon trampolino di lancio per riprendere la discesa dell’euro nei confronti del dollaro americano. La prima avvisaglia di un ritorno alle vendite è stata la rottura al ribasso, verificatosi giovedì 26 febbraio, della Ema a sei periodi sul daily chart, la quale per tutto il mese di febbraio si è comportata da supporto dinamico riuscendo a contenere al di sopra di essa tutte le sedute daily. Il deprezzamento nella sola seduta di giovedì scorso, ha riportato la major da 1,1350 fino in area a 1,1188 dove passa anche il livello statico. Sul forte movimento a favore del green back hanno inciso i nuovi ordinativi industriali migliori delle attese e le parole del membro del FOMC Bullard che ha sostenuto che già dal prossimo appuntamento di marzo la FED potrebbe rimuovere la locuzione relativa alla pazienza. L’effetto sui mercati è stato particolarmente travolgente. Mentre per quanto riguarda l’ultima seduta del mese, è stata una seduta interlocutoria accompagnata da una movimento doji, sempre di stampo ribassista, che si è appoggiata sul supporto statico a 1,1188, livello che se nelle prossime sedute verrà altre passato molto probabilmente potremmo assistere a vendite più sostenute sulla major con un probabile prossimo target in prossimità del supporto posizionato a 1,0967. Ma ad ipotizzare ulteriori scenari ribassisti della moneta europea, non è solo la lettura tecnica del grafico, ma anche un ritorno verso una condizione di normalità dei principali criteri macroeconomici. L’euro, pur sostenuto dall’accordo raggiunto dall’Eurogruppo sulla Grecia, da un miglioramento delle prospettive economiche dell’Eurozona, dall’imminente acquisto di bond statali del QE in programma la prossima settimana e da una riduzione dei rischi di inflazione; è destinato ad indebolirsi a causa dell’ampliarsi della forbice del differenziale nei tassi di interesse tra l’Europa e gli Stati Uniti, non ancora assorbito nei mercati. Mentre per il dollaro americano la situazione è completamente opposta a quella riscontrata sulla moneta unica, ovvero nonostante un rally del +20% contro l’euro dai massimi del maggio del 2014, molto probabilmente nei prossimi mesi potremmo assistere ad ulteriori apprezzamenti dovuti principalmente alla fase positiva che sta attraversando l’economia americana, soprattutto se confrontata con altre realtà geografiche, ed all’avvicinarsi del primo rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve previsto entro la metà del 2015, notizia ripresa più volte nei sui discorsi semestrali che il numero uno della Fed ha più volte fatto davanti al Congresso. La Yellen, ha dato una svolta alla politica monetaria, abbandonando la “forward guidance” e introducendo il concetto di “flessibilità”. Ritornando all’impostazione grafica del cambio euro contro dollaro statunitense, sottolineiamo che dopo aver aggiornato i minimi dal 26 gennaio scorso a 1,1183 (dove passa anche il supporto statico a 1,1188), il mercato resta in direzione per raggiungere 1,1100, bottom toccato dopo l’annuncio del QE della Bce; su tale livello statico la coppia potrebbe incontrare un po’ di resistenza prima di tentare una rottura definitiva. Ovviamente il cedimento del livello psicologico, aprirebbe la strada verso la parità tra le valute in prossimità dei minimi raggiunti nel 2003. Lo scenario ribassista potrebbe totalmente cambiare solo in caso di ritorno al di sopra la resistenza a 1,1410, livello che in passato ha ostacolato diversi tentativi rialzisti.

Eur/Usd

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