Buongiorno ai lettori di Investing.com,
non capisco le ansie associate al futuro immediato e prossimo del nostro indice azionario. Ansie a mio avviso ingiustificate.
Non è facile scindere, mi rendo conto, le considerazioni puramente emotive dall’analisi dei dati disponibili e che possono essere elaborati in modo distaccato e razionale. Dati sia di natura fondamentale che tecnica.
I piccoli risparmiatori che popolano il mercato azionario italiano mi risulta siano molti. Molti provengono dallo spazio lasciato vuoto dai Titoli di Stato italiani che prematuramente li hanno abbandonati, ma molti sono frequentatori assidui e di lungo tempo.
Dall’analisi annuale della situazione finanziaria delle famiglie italiane risulta da sempre che una quota importante, anche se in diminuzione, di loro investe in azioni italiane.
Ciò ha prodotto, complice la diffusione della tecnologia, un fiorire di operatori che hanno individuato in questo ambito una area di business che vale la pena cavalcare perché molto particolare: richiede poco capitale e dunque poco rischio.
E questo popolo, sempre transumante, è alla ricerca di informazioni che possano giustificare il detenere ancora in portafoglio, molto spesso in perdita, i titoli azionari del Ftse Mib.
Siamo in un classico caso di pecca nel comportamento, ben catalogato dalla finanza comportamentale.
Questa fetta di investitori, da sola, rappresenta una quota interessante dei volumi di scambi sul mercato e fanno soprattutto le fortune dei conti economici di molti operatori del settore finanziario.
Dico ciò perché sono molte le considerazioni ansiogene relative alla situazione del mercato azionario italiano.
Proviamo a stare ai fatti:
Da un punto di vista fondamentale non c’è assolutamente nulla, e dico nulla, di nuovo nello scenario che abbiamo di fronte. Ci sono i soliti problemi:
- Governo poco capace di lungimiranza, cosa di cui le aziende hanno bisogno come l’aria per programmare i propri investimenti, soprattutto quelli pluriennali. Questa volta giustificato dalla precarietà con cui è nato.
- Enorme debito pubblico che non permette di fare chissà quali investimenti. Soprattutto per il fiato sul collo dell’Europa (vincoli di bilancio).
- Pressione fiscale altissima, che inibisce i desideri notturni delle imprese.
- Produttività asfittica. Cosa che invece potrebbe colmare una parte del gap di crescita del Pil in confronto agli altri paesi.
- Burocrazia che non aiuta l’intraprendenza.
- Sistema bancario, che per importanza merita un punto nell’elenco visto il peso che ha nell'indice, in difficoltà e alle prese con i fantasmi del proprio passato fatto di poca disciplina d’impresa (a volte con risvolti penali), annacquamento della vigilanza, e narcotizzazione di quelli che J.M. Keynes chiama “gli spiriti animali” cioè dello spirito imprenditoriale a causa del benevolo manto della protezione pubblica della quale si sente sempre la presenza sulla testa.
Tutto ciò non è una novità. E non lo è da anni! E questo non giustifica le continue trombe che suonano e scandiscono le giornate sui mercati. Non lo giustificano sapete perché? Perché non hanno l'imprescindibile carattere della novità!
Dunque sul lato fondamentale non c’è nulla di nuovo sotto il sole.
Vediamo almeno da un punto di vista dell'analisi dei grafici se ci sono novità che possano giustificare questa strisciante inquietudine della comunità finanziaria. La risposta la anticipo da subito, perché è più forte di me, ed è no. Non ci sono!
E vediamo perché.
Un indice (grafico settimanale) che cresce ad un ritmo ottimale, angolazione prossima ai 45°, con onde armoniose e senza strappi in giù o in su. I prezzi si mantengono addirittura sopra le medie più veloci (ma20 colore celeste) che denota un certo tono rialzista, ed hanno sotto come supporto quelle più lente (e significative) ema50 (colore azzurro) ed ma200 (colore senape). L'indicatore rsi14, che monitora gli eccessi dei prezzi, sono in un range di tranquillità. Una nota negativa, fuori dal coro, è rappresentata da una vistosa divergenza negativa sull’indicatore CCI20 che viene usato per supportare le decisioni operative soprattutto sui cambi di trend.
Anche sul giornaliero, quello normalmente frequentato dagli operatori, non cambia la musica:
Qui i prezzi stanno testando la trendline rialzista, come fatto altre volte nel recente passato, ma ad oggi non ci sono indicazioni che voglia sfondarla al ribasso.
Allora, mi chiedo, possono 3 settimane e mezza di contrattazioni comprese in uno stretto range (tecnicamente viene chiamata congestione dei prezzi) alimentare tutte le preoccupazioni che si sentono? La risposta deve essere una sola: no.
Detto ciò, non significa che da domani il mercato non possa intraprendere un ciclo ribassista, ma ciò non è attualmente e razionalmente leggibile né da un punto di vista fondamentale né da un punto di vista tecnico dove, anzi, il quadro è positivo.
Noi abbiamo il compito di vivere innanzitutto nel presente, ma con un occhio molto vigile al futuro. Ma la nostra guida non devono essere le sensazioni bensì, per quanto possibile, i fatti siano essi tecnici che fondamentali.
E allora?
Non tiriamoci la zappa sui piedi. Oggi il mercato italiano è bullish da qualunque angolo lo si veda.
Ma domani potrebbe essere un’altra storia e non certamente desumibile dai dati attuali.