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Giochi di banche centrali

Pubblicato 06.03.2022, 20:43


Sono bastate meno di due settimane di conflitto per rendere chiaro che il mondo che verrà sarà profondamente diverso con dirette ripercussioni nel mercato delle commodities, compreso l'oro, e nel forex, come vedremo in ultima analisi.


La sfida all'Occidente portata da Putin nasce da un percepito vantaggio nei confronti dell'avversario, frammentato sul piano politico e decisionale ed in parte ancora dipendente dagli approvvigionamenti energetici forniti dal nemico.
Una sfida teoricamente supportata sul piano

  1. della spesa militare, subito dietro Usa, Cina ed India nelle ultime rilevazioni
  2. economico, con rapporto debito/pil più basso tra i paesi del G20, una politica fiscale di surplus di bilancio ed inflazione contenuta nel target del 4% almeno fino al covid, disoccupazione ai minimi ed un salvadanaio statale (National wealth fund) che ormai supera il 7% del Pil e nel quale confluiscono tutti i surplus del bilancio federale quando il prezzo del petrolio supera i 40 dollari al barile
  3. finanziario, con più dell'80% del debito sovrano denominato in rubli ed il contemporaneo accumulo di riserve internazionali per 630 miliardi di dollari di controvalore complessivo (dati febbraio 2022); inoltre nel 2014 veniva abbandonata la dual-currency trading band abbracciando un regime di cambio completamente flessibile.

Interventi economico-finanziari modellati sul riflesso delle debolezze che avevano generato la crisi del 1998, anno che in modo poco casuale coincide con l'esordio sulla scena proprio di Putin nominato da Yeltsin capo del Federal Security Service (l'erede del KGB). All'epoca il sistema fisso di cambio su tassi insostenibilmente alti, il deficit fiscale pompato dalla prima guerra cecena e disoccupazione a due cifre trovarono nella crisi finanziaria sui mercati asiatici (e il conseguente declino della domanda di commodities energetiche, allora come oggi principale driver dell'economia russa) l'innesco dell'incendio che incenerì gran parte delle riserve valutarie della Banca centrale assieme ai risparmi della gente comune, mentre l'inflazione toccava il picco dell'84% su base annua.


Fin qui i freddi numeri. Ma è sul piano strategico che l'establishment russo gioca la vera scommessa. Al riguardo ci viene in aiuto la teoria dei giochi:
la teoria della deterrenza classica stabilisce che per due contendenti il conflitto rappresenti l'alternativa meno desiderabile e che quindi debba prevalere lo status quo. E' il concetto sul quale si è sempre basato il MAD (Mutually Assured Destruction). Nel momento in cui la Russia è entrata in guerra si è verificato lo scenario nell'immagine seguente:

DETERRENZA CLASSICA


Posto che la NATO ha più volte dichiarato che non metterà gli scarponi sul terreno di guerra, le mire russe potranno spingersi fin dove vorranno, poiché onde evitare il conflitto la risposta sarà sempre di concessione.
In questa situazione di equilibrio instabile le risposte possono essere o di credibile ed attuabile minaccia da parte della NATO (ad esempio tenere aperta la possibilità di una no fly zone) col rischio però di dover realmente entrare in uno scontro che comporterebbe un costo umano difficilmente sopportabile dall'opinione pubblica occidentale oppure il logoramento economico, l'unico possibile per spegnere le ambizioni del Cremlino e le capacità materiali di sostenerle, il tutto senza spargimento di sangue (escludendo razionalmente l'utilizzo dell'arsenale nucleare da ambo le parti).


E' su questa seconda possibilità che al momento lavora l'Occidente.


Rispetto al quadro dipinto sopra della situazione in casa russa, la realtà ha restituito una forza militare in gran parte obsoleta priva della struttura logistica, informativa e tecnologica di supporto; un capitalismo di stato ingessato da corruzione e privilegi che disincentivano gli investimenti del surplus accumulato e concentrano nelle mani di pochi soggetti i capitali e le iniziative imprenditoriali; e cosa più importante di tutte la vulnerabilità delle riserve valutarie oltre che la compattezza dell'Europa sul piano finanziario di concerto con l'America, il Giappone e la Svizzera. La finanza arriva prima della politica ed i suoi effetti si fanno sentire anche su quest'ultima.
Le sanzioni hanno correttamente agito battendo su questi tasti. Esclusione dallo SWIFT, ostracismo finanziario delle figure chiave attorno al Cremlino e blocco del 40% delle riserve russe detenute nelle Banche centrali della “coalizione” hanno innescato un circolo vizioso nel circuito russo che si spera difficilmente potrà essere spezzato: crollo della valuta, corsa al contante e incerto tentativo da parte della Banca centrale russa di frenare gli effetti con interventi che necessitano della fiducia degli operatori economici ai quali sono rivolti e che contengono provvedimenti necessariamente contraddittori. Al raddoppio del tasso di riferimento (misura che nell'ultimo statement di febbraio la stessa Nabiullina, governatore della BCR, aveva definito esiziale per le prospettive di crescita) ha fatto seguito il tamponamento dell'emorragia di liquidità attraverso le aste straordinarie nel mercato overnight con abbassamento della soglia delle riserve detenute dai singoli istituti di credito a copertura dei depositi ed allargamento della Lombard List, termine che tradisce i nobili trascorsi del credito italiano e si riferisce alla lista degli asset elegibili a garanzia della liquidità immessa dalla BCR nelle singole banche e che inevitabilmente scendono di livello qualitativo, alimentando in serie il rischio sistemico. Nel giro di 2 giorni il settore bancario russo si è ritrovato da una condizione di surplus permanente ad una di deficit di una magnitudine fin qui mai conosciuta prima.
Come sappiamo il rublo continua a fare giorno dopo giorno nuovi minimi; l'impatto a breve termine sull'inflazione, già ora a oltre 8% e più che doppia rispetto al target, è facilmente prevedibile poiché il peso dei beni importati nel paniere sul quale viene calcolato l'indice dei prezzi al consumo si avvicina al 50%.

STORICO CAMBIO DOLLARO - RUBLO


Il divieto di esportazione di tecnologia verso Mosca ha invece una efficacia dipendente dalla capacità di impedirne l'aggiramento, in particolare grazie all'eventuale aiuto cinese ed andrà supportato con cura nonostante i costi di attuazione, intercettando parallelamente i fondi che dovessero transitare sui canali delle criptovalute, cosa già fatta con successo nel caso di Iran e Nord Korea.


Questa strategia avrà bisogno di far dispiegare i suoi effetti, ma finché la Russia potrà contare sul mercato di gas e petrolio (che da soli fanno almeno il 50% dell'intero export), col prezzo del Brent ben sopra i 100 dollari, la sua bilancia commerciale continuerà a vedere un surplus mensile di 20 miliardi di dollari destinato probabilmente ad aumentare stante il calo delle importazioni.
I tempi si dilatano ed ogni giorno aumenta la probabilità di blocco dell'import dei beni energetici nel mercato occidentale.
L'ulteriore aumento delle quotazioni di gas e petrolio nel breve-medio periodo appare allora al momento alternativa credibile ai “boots on the ground”.


Sul lungo periodo è invece probabile un ulteriore passo verso una più marcata polarizzazione degli interessi che in questo caso vedrebbe i suoi effetti concentrarsi su forex e gold.
Il blocco delle riserve rende chiaro che la valuta straniera, da ovunque essa provenga compresi gli USA, rimane pur sempre una passività dell'emittente e la corrispondente attività nelle mani di chi la detiene è soggetta alla volontà del primo di adempiere agli obblighi collegati.
Ciò potrebbe determinare una parziale fuga dal dollaro che in realtà la Russia, assieme ad altre nazioni non allineate con l'Occidente, aveva già cominciato a favore del renminbi anche se non abbastanza da limitare l'impatto delle sanzioni attuali (poco più del 10% del totale delle sue riserve sono detenute in valuta cinese), ed una riscoperta dell'oro da parte ad esempio della Cina sul quale riconvertire parte dello stock valutario, sulla scorta della inaffidabilità delle cripto quanto a riserva di valore.

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