I mercati monitorano con attenzione gli sviluppi geopolitici, soprattutto il conflitto commerciale fra gli USA e la Cina. Intanto la Federal Reserve americana ha adottato un approccio “attendista” sulla politica monetaria, che manterrà finché perdurerà lo stallo degli indicatori economici.
A gennaio, l’inflazione primaria degli USA è scesa all’1,6% su base annua – rispetto all’1,9% del mese precedente e al previsto 1,7% - sulla scia del crollo dei prezzi del petrolio. L’inflazione di fondo ha superato le previsioni, attestandosi al 2,2% a fronte del 2,1% previsto.
Nel pomeriggio saranno diffusi i dati riferiti ai prezzi alla produzione e alle richieste iniziali di disoccupazione di gennaio, alle vendite al dettaglio e alle scorte delle aziende di dicembre. Venerdì sarà la volta della produzione industriale, dell’indice sul sentiment del Michigan, dell’indice Empire sul manifatturiero e, soprattutto, degli ordinativi di beni durevoli di dicembre e degli indicatori dei responsabili acquisti.
Il dollaro USA è rimbalzato all’avvio della seduta europea, soprattutto contro il dollaro australiano e neozelandese. Negli ultimi giorni, il biglietto verde ha scambiato con un’inclinazione rialzista, rimanendo insensibile ai dati economici. I negoziati commerciali fra gli USA e la Cina continuano a essere il driver principale sul forex.