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Il dollaro americano non deve deprezzarsi troppo

Pubblicato 20.11.2020, 12:29
Aggiornato 15.09.2023, 15:53

Di recente ho letto alcuni analisti di importanti banche affermare che il dollaro si indebolirebbe anche nel caso in cui un’ulteriore integrazione fiscale della zona euro comportasse la creazione dei cosiddetti Eurobond. Dato che queste obbligazioni rappresenterebbero l’intero blocco, esse avrebbero probabilmente un rendimento più alto dei titoli di Stato tedeschi, riducendo ulteriormente il divario di rendimento con gli Stati Uniti.

Altri analisti si sono spinti oltre, fornendo anche percentuali di decrescita del biglietto verde, si aspettano che il dollaro si deprezzerà fino al 20% nei prossimi 12 mesi. Le massicce iniezioni di liquidità della Fed rispetto alle altre principali banche centrali, oltre alle notizie positive sul vaccino, sono stati i due principali segnali a favore di un dollaro più debole a medio termine.

Personalmente non vedo così tanta debolezza e confido inoltre che le altre banche centrali non siano pronte a far apprezzare la loro valuta.

Oltre ai movimenti differenti che stanno intraprendendo o potrebbero intraprendere le banche centrali in futuro, un altro indicatore importante che sta pesando sulla debolezza del dollaro a medio termine è il doppio deficit degli Stati Uniti, deficit fiscale e account deficit, quest’ultimo misura la differenza tra i beni e servizi importati ed esportati di un determinato paese, quando il valore dei beni e servizi importati supera quelli esportati, si crea deficit.

Il doppio deficit ha portato l’USD index (indice che misura la forza o debolezza del dollaro) a scendere molto, soprattutto dopo la recente emissione di denaro da parte del Tesoro americano per finanziare le perdite dovute al periodo pandemico, ampliando il doppio deficit al -12% e portando di conseguenza il deprezzamento costante del dollaro.

Sebbene io possa vedere un’ulteriore debolezza nel breve periodo, non ritengo che il dollaro americano continuerà a deprezzarsi nel medio termine. In primo luogo sono fiducioso che i tassi reali statunitensi abbiano raggiunto il loro minimo negli ultimi due mesi e potrebbero iniziare a consolidarsi al rialzo nei prossimi mesi.

Inoltre, sebbene il doppio deficit sia un indicatore anticipatore interessante, non ritengo che sia rilevante in periodi di crisi. Se prendiamo l’esempio del 2008, il twin deficit (doppio deficit) stava scontando un dollaro molto più basso, ma la domanda per la valuta “sicura” è rimasta elevata e quindi ha sostenuto il dollaro contro tutte le altre valute, soprattutto Euro e Yen. 

Inoltre, da non sottovalutare, la previsione di un dollaro molto più debole dal livello attuale implica un apprezzamento significativo dell’euro e dello yen giapponese, che non potrà essere tollerato dalle banche centrali BCE e BoJ.

A proposito di Bank of Japan (BoJ)

Dopo l’elezione di Abe nel 2012, il Giappone ha deciso di andare all-in con la sua politica monetaria con l’obiettivo di indebolire drasticamente la valuta al fine di generare crescita e inflazione. All’inizio ha funzionato molto bene col tasso di cambio USD/JPY che è salito a livelli che non si vedevano dagli anni ‘70.

Tuttavia lo yen si è rafforzato negli ultimi anni a causa della domanda di beni rifugio di cui fa parte la moneta giapponese. Successivamente è rimasto forte a causa della crescente incertezza associata a una serie di eventi macro (Brexit, guerra commerciale e più recentemente il COVID-19).

Il tasso di cambio USD/JPY si sta avvicinando a un livello di supporto chiave a 100 e credo fermamente che la BoJ inizierà a intervenire se i responsabili politici vedranno una minaccia di maggiore forza dello yen.

Non solo uno yen forte avrà un impatto drammatico sulla ripresa economica in Giappone, ma continuerà a pesare sulle aspettative di inflazione a medio termine. Inoltre uno yen forte è stato negativo per il mercato azionario. Pertanto non penso che il Giappone sia pronto a “pagare” la debolezza del dollaro a medio termine.

La sfida con la BCE

Nelle sue ultime conferenze, l’ex presidente della BCE Mario Draghi dichiarò che la banca centrale non era pronta a lasciare che l’inflazione si stabilizzasse intorno all’1% e che i politici avrebbero fatto tutto il possibile per aumentare le aspettative di inflazione.

Lo swap sull’inflazione a 5 anni si è costantemente indebolito negli ultimi due anni, mostrando una serie di preoccupazioni degli investitori sulle forze deflazionistiche nell’area dell’euro. Non appena il tasso di cambio inizierà a pesare sull’economia, sono sicuro che la Lagarde inizierà a spingere per avere meno dipendenze sulle aspettative di inflazione da parte del cambio. Esiste una sola strada, una BCE pronta ad agire e limitare i guadagni al rialzo nel medio termine. 

Personalmente sono poco preoccupato per la forza dell’euro, dato che l’incertezza politica e i problemi economici nei paesi periferici limiteranno la forza della moneta unica. Ad esempio la Spagna continuerà a mostrare segni di estrema debolezza a causa del suo alto tasso di disoccupazione e dalla sua forte dipendenza dal turismo (15% del PIL del paese). L’Italia ha seri problemi col sistema bancario, e vari paesi hanno una significativa esposizione verso la Turchia.

Conclusione

Io vedo una ulteriore debolezza del dollaro americano da qui a fine anno nell’attuale contesto, poiché le notizie positive sul vaccino COVID-19 e le crescenti speranze su nuovi cicli di stimolo indeboliranno il biglietto verde.

Non sono d’accordo con gli analisti che vedono un dollaro molto più debole anche nel 2021 in quanto ritengo che lo slancio negativo sarà limitato dalle altre banche centrali, come la BoJ e la BCE, appena inizieranno a intervenire per impedire alla loro valuta di apprezzarsi danneggiando le loro già ferite economie.

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invece deve! e il rublo deve essere fortissimo ;)
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