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Inondato

Pubblicato 21.04.2020, 11:25
Aggiornato 31.08.2022, 18:00

Lunedì, per la prima volta nella storia, il greggio USA è diventato negativo, scambiando su minimi pari a $-40 al barile. Questo perché l’eccedenza globale di petrolio è tale che non c’è più spazio per stoccare questa grande quantità di petrolio non utilizzato. Il mercato è letteralmente inondato di petrolio. Ieri il panico è salito a livelli senza precedenti, perché nessuno voleva tenersi i contratti in scadenza oggi e quindi ricompensare investitori pronti a comprare il petrolio non desiderato, e a immagazzinarlo.

Ora, se torniamo con la mente all’inizio della crisi del coronavirus, i produttori di petrolio, troppo orgogliosi o troppo avidi, hanno continuato a pompare petrolio, senza badare all’accumularsi inutile delle scorte, mentre la domanda diventava sempre più anemica. Di conseguenza, la capacità mondiale di stoccaggio ha raggiunto quasi l’80%. Oggi, ogni barile in più si aggiunge alla già massiccia sovreccedenza, contribuendo all’accumularsi di scorte colossali che non trovano acquirenti. Per i produttori di petrolio il risultato è drammatico.

Giunti a questo punto, è inutile dire che limiti alla produzione giornaliera di petrolio non farebbero migliorare l’umore sul mercato. Mentre crescono le preoccupazioni dovute al fatto che la capacità globale di stoccare decine di migliaia di barili al giorno sta diminuendo a un ritmo allarmante, solo un fermo completo della produzione di petrolio farebbe tirare un respiro di sollievo a questo mercato.

Il calo stupefacente del petrolio pesa sull’umore degli investitori. L’ASX 200 è sceso dell’1,88%, l’Hang Seng ha ceduto il 2,29% e il Nikkei l’1,97%.

L’attività sui futures del FTSE (-1,56%) suggerisce un avvio negativo a Londra. I titoli del comparto energetico britannico scenderanno sicuramente.

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Anche i futures sui listini USA sono in lieve calo, ma, mentre scriviamo, le perdite non superano l’1%.

Ora, se le perdite sulle borse saranno inferiori a quelle di qualche settimana fa, è perché il declino delle quotazioni del petrolio non è negativo per tutti. Certo, è orribile per i produttori di petrolio e per le economie che dipendono molto dall’energia, ma il petrolio a buon prezzo è positivo per la ripresa economica globale; dovrebbe, infatti, contribuire a stimolare la crescita, insieme alle massicce misure di stimolo fiscale e monetario messe in campo dai governi in tutto il mondo. In passato, bassi prezzi del petrolio hanno accompagnato cifre sulla crescita migliori. Questa correlazione negativa fra prezzi del petrolio e attività economica è un aspetto positivo; le società si trovano in un contesto propizio per rinascere dalle loro ceneri dopo la terribile paralisi delle loro attività. Gli utili del primo trimestre dovrebbero pertanto già mostrare il fondo, e un balzo nei ricavi, nella maggior parte dei settori, dovrebbe seguire a settimane di attività depressa. Per i servizi, però, la ripresa potrebbe essere graduale, perché le cose forse non torneranno subito alla normalità dopo settimane d’isolamento. In tale ottica, finché la vita economica non tornerà ai soliti ritmi in tutto il mondo, gli indici ad alto tasso di titoli industriali potrebbero sovraperformare rispetto al comparto energetico e dei servizi.

Voi comprate petrolio? I prezzi negativi del petrolio rappresentano una straordinaria opportunità per gli amanti del rischio, mentre gli investitori più prudenti stanno aspettando che si ritirino le acque prima di entrare nel mercato. La giornata di ieri ha dimostrato che il mercato petrolifero non ha davvero un fondo.

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Cosa fare con gli utili? Vista la dispersione nelle aspettative sugli utili, la totale assenza di valori di riferimento plausibili e la reticenza delle società a fornire una guidance, un comportamento razionale sarebbe prendere i risultati delle società con le pinze, superare questa stagione e concentrarsi su un ritmo di ripresa ragionevole per il futuro. Dai dati CFTC della scorsa settimana si evince che i corti netti speculativi sull’S&P500 hanno raggiunto i massimi dal primo trimestre del 2019, quando erano in corso accese dispute commerciali fra Cina e Stati Uniti, e dalla fine del 2016. Ciò significa due cose contemporaneamente: cresce l’ansia per gli utili del primo trimestre, ma anche il potenziale d’imminenti coperture di scoperti.

Più in generale, il livello attuale dei corsi azionari riflette la colossale contrazione dell’attività economica globale nel primo trimestre del 2020. Sarà sicuramente snervante per tutti vedere i risultati attuali, ma l’ansia per i risultati probabilmente innescherà venti meno forti rispetto a quelli che abbiamo vissuto nel pieno delle turbolenze provocate dal coronavirus. La notizia della flessione globale dei nuovi casi dovrebbe mantenere la motivazione degli investitori intatta per un ulteriore recupero delle borse. D’ora in poi, la paura di perdersi un rally più generalizzato dovrebbe arginare il potenziale al ribasso.

Sul mercato dei cambi, l’euro continua a essere richiesto vicino al livello a 1,0820 contro il dollaro USA. Le pressioni al ribasso dovrebbero persistere in vista del vertice dell’Eurogruppo di giovedì, quando i leader europei dovrebbero annunciare misure congiunte per affrontare il rallentamento economico provocato dal coronavirus, anche se sarà difficile raggiungere un accordo sui cosiddetti corona-bond.

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Il cable è sottotono in vista degli importanti dati economici che saranno diffusi questa settimana. Oggi in calendario c’è il tasso di disoccupazione per il Regno Unito, rimasto sicuramente invariato al 3,9% a febbraio, e il dato sulla crescita delle retribuzioni, previsto intorno al 3,0% a/a. Queste cifre, però, non significano granché, un notevole deterioramento dei posti di lavoro si vedrà, infatti, da marzo.

Le vendite sul loonie rimangono contenute, l’USD/CAD scambia appena sotto la soglia a 1,42, ma prevalgono i rischi al rialzo, con un solido supporto vicino al livello a 1,40.

L’oro resta imperturbabile di fronte alla flessione storica sui mercati petroliferi. Il metallo giallo scambia appena sotto i $1700 l’oncia; sembra pertanto che, almeno temporaneamente, il potenziale al rialzo si sia esaurito nei pressi dell’area $1700/1750.

Il rendimento dei decennali USA è sceso allo 0,60%, con gli investitori che cercano protezione nei titoli del Tesoro USA.

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