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La differenza tra Alphabet e gli altri FAANG è un segnale ribassista?

Pubblicato 06.05.2019, 13:15
Aggiornato 02.09.2020, 08:05
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Il titolo di Alphabet (NASDAQ:GOOGL), compagnia madre di Google, ha avuto un andamento diverso rispetto agli altri titoli tech a mega-capitalizzazione dopo che il colosso dell’economia digitale ha riportato utili del primo trimestre deludenti. Dalla pubblicazione a fine aprile, la divergenza è aumentata.

GOOGL Weekly TTM

Dopo essere schizzato del 24% quest’anno, il titolo di Google, che venerdì ha chiuso a 1.189,55 dollari, è crollato di circa l’8% dopo aver deluso le aspettative degli analisti sui ricavi il 29 aprile, scendendo dal massimo storico di quasi 1.300 dollari.

GOOGL vs FB vs AMZN vs NFLX 300 Minute Chart

Grafico fornito da TradingView

E questo è avvenuto mentre invece gli altri membri del cosiddetto gruppo FAANG, che comprende Facebook (NASDAQ:FB), Amazon (NASDAQ:AMZN) e Netflix (NASDAQ:NFLX), proseguono il loro slancio rialzista.

Uno sguardo ravvicinato agli ultimi utili di Alphabet potrebbe aiutarci a capire cosa sta rendendo nervosi gli investitori circa il potenziale di crescita futuro della compagnia.

Cifre avvolte dalla segretezza

Senza dubbio, i dati del primo trimestre di Alphabet hanno deluso fortemente gli investitori. Il colosso dei motori di ricerca non solo ha registrato la crescita dei ricavi più lenta dal 2015 ma ha anche dimostrato che una delle principali fonti di ricavi, YouTube, è sotto pressione.

I ricavi del primo trimestre di 36,3 miliardi di dollari sono stati inferiori di un miliardo rispetto alle previsioni degli analisti. Allo stesso tempo, gli utili per azione di 9,50 dollari sono stati nettamente minori ai risultati dello stesso periodo dello scorso anno.

Ma la sorpresa forse peggiore, che ha fatto crollare il titolo del massimo dal 2012, è stata la debolezza diffusa su tutti gli indicatori finanziari chiave. I ricavi sono saliti del 17% su base annua, rispetto al 26% del primo trimestre dell’anno scorso, mentre i margini sono scesi al 18%, in confronto al 25% di un anno fa.

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E, come se non bastasse, i dirigenti di Alphabet hanno giocato un ulteriore ruolo nel ridurre il sentimento degli investitori, tentando di circondare questo trimestre deludente con un alone di segretezza. Il direttore finanziario Ruth Porat ha tentato di ridimensionare i timori degli analisti su YouTube dando la colpa del rallentamento della crescita alle oscillazioni delle valute ed alla tempistica dei cambiamenti dei prodotti, senza però spiegare quali siano stati questi cambiamenti o perché abbiano causato il rallentamento.

In una nota agli investitori, l’analista di Nomura Instinet Mark Kelley afferma: “Questo trimestre senza dubbio comporterà un reset delle aspettative future, in particolare per le attività pubblicitarie, con gli investitori che cercano di capire le ragioni di questa decelerazione significativa”, ma ha comunque confermato il rating “buy” sul titolo.

Come abbiamo sottolineato nella nostra analisi pre-utili, sarà difficile per Google mantenere entusiasti gli investitori sul suo titolo se il peggioramento dei margini persisterà e se i suoi dirigenti continueranno a tenere la bocca chiusa sui motori di crescita futura della compagnia.

L’azienda non ha riportato separatamente la performance del segmento YouTube né i ricavi cloud, sebbene entrambe le divisioni sembrino assorbire importanti percentuali delle nuove spese. Queste attività sono inoltre considerate cruciali per la crescita futura di Google, in un periodo in cui le attività desktop ed affari stanno rallentando.

Amazon sconfina nel territorio di Google

Un’altra potenziale minaccia che pesa al momento sul titolo di Google è l’emergenza del colosso dell’e-commerce Amazon come importante rivale per chi vuole cercare i prodotti che desidera acquistare. Finora, il motore di ricerca di Google rappresentava il primo passo per i consumatori alla ricerca di prodotti e servizi online, ma le cose sembrano stare cambiando.

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Fino ad ora, questo enorme “fossato” ha consentito alla compagnia madre di Google, Alphabet, di addebitare prezzi extra a compagnie ed altri inserzionisti che volessero promuoversi nel mondo digitale. Ma, con la crescita dell’attività e-commerce di Amazon e l’accelerazione della sua offerta di prodotti, la piattaforma ha cominciato a trasformarsi in un motore di ricerca alternativo.

Altra fonte di preoccupazione per Google: il franchise di inserzione digitale di Amazon è diventato la terza piattaforma negli Stati Uniti, piazzandosi appena dietro a Google e Facebook, in base alle stime di EMarketer, un’azienda di ricerca dei trend digitali.

Mentre le vendite del primo trimestre, perlopiù trainate dalla pubblicità, nel segmento “altro” di Amazon sono schizzate del 34% a 2,72 miliardi di dollari, la crescita di Google per i click pagati è crollata significativamente, registrando un 39% rispetto al 66% ed al 62% dei due trimestri precedenti. Sebbene le entrate pubblicitarie di Amazon siano misere rispetto alle vendite pubblicitarie totali di Google, sono comunque abbastanza alte da limitare la crescita futura della compagnia, influendo, ovviamente, sul prezzo del titolo.

In un’intervista a Bloomberg TV, Porat ha ridimensionato la minaccia di Amazon al dominio pubblicitario di Alphabet:

“Quasi la metà dei budget pubblicitari negli Stati Uniti vengono ancora spesi offline. Il 90% del commercio negli Stati Uniti avviene offline e siamo concentrati sul fatto che il digitale vi giochi un ruolo importante”.

Morale della favola

Considerata la debole performance del primo trimestre e la mancanza di visibilità per il 2019, ci aspettiamo che il titolo di Alphabet continui a restare sotto pressione, almeno nel primo semestre di quest’anno. Non consigliamo di comprare il titolo dopo il crollo dell’8% dal massimo storico, in quanto riteniamo che, se il macro-ambiente dovesse peggiorare, il titolo ne risentirà ulteriormente ed il settore tech potrebbe vedere un’altra correzione.

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Detto ciò, non pensiamo che Alphabet attraverserà un lungo periodo di debolezza. Il suo predominio tra i motori di ricerca e sul mercato pubblicitario resta difficile da infrangere. Secondo noi, un selloff isolato nel range del 15-20% rappresenterebbe una buona opportunità per chi si trova nelle retrovie per comprare il titolo di Google.

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