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Le sanzioni iraniane non stanno funzionando come pensavano i tori del greggio

Pubblicato 30.04.2019, 13:02
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L’opinione comune era che i prezzi del greggio sarebbero schizzati senza controllo sulla scia dell’annuncio, segnando un massimo dopo l’altro.

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Effettivamente, il greggio ha superato le resistenze chiave, di 65 dollari per il West Texas Intermediate USA e di 75 dollari per il britannico Brent. Ma il successivo calo, in particolare il modo in cui è stato forzato, è diventato tanto memorabile quanto gli eventi stessi che avevano portato all’impennata del mercato.

Una settimana dopo la sconvolgente decisione del Presidente USA Donald Trump di non rinnovare le esenzioni dalle sanzioni concesse ai compratori di greggio iraniano, i tori non stanno festeggiando come dovrebbero.

Dopo essersi crogiolati per quasi una settimana vicino ai massimi di sei mesi, i prezzi del greggio sono bruscamente crollati del 3% venerdì e da allora faticano a riprendersi. La causa? Sempre Trump, che, dopo aver fatto fare i salti di gioia all’Arabia Saudita sferrando l’ultimo colpo al suo arcirivale dell’OPEC, ha ripreso a fare pressioni su Riad affinché aumenti la produzione per compensare i barili mancanti dall’Iran.

Guadagno non facile per i tori

Oltre alle contrastanti manovre di mercato di Trump, che ai tori del greggio sembrano tanto diaboliche quanto il “male” di Tehran contro cui si scaglia costantemente, c’è motivo di credere che le sanzioni contro l’Iran, che cominceranno dopo la mezzanotte del 1° maggio, non comporteranno soldi facili per i long sul mercato.

Una delle ragioni è rappresentata dall’ingegnosità e dalla segretezza usate dagli iraniani per far arrivare il greggio sul mercato oltre i livelli concessi dal governo Trump durante le esenzioni dello scorso anno, anche in posti in cui non avrebbero potuto esportarlo. Tra le tattiche usate c’è stato lo spegnimento dei transponder sulle petroliere utilizzate per il trasporto del greggio iraniano, per far sì che restassero “invisibili” ai servizi di tracciamento fino alla loro destinazione e lo smettere preventivamente di usare dollari USA nel commercio di greggio per passare ulteriormente inosservati.

Ora, con la Cina che sfida apertamente gli Stati Uniti suggerendo che continuerà a ricevere almeno in parte greggio iraniano (circa metà degli 1,1 milioni di barili al giorno di Tehran è destinata alla nazione asiatica), e con Trump che starebbe pensando a delle esenzioni speciali per Pechino malgrado quanto affermino gli interventisti dell’Iran nel suo governo, le prospettive per i prezzi della materia prima non potrebbero essere più confuse.

Quindi, quale danno può arrecare l’Iran ai piani perfetti dei tori del greggio?

Come in ogni dibattito che si rispetti, ci sono teorie opposte da parte delle due principali agenzie di consulenza del mercato: la newyorkese Energy Intelligence e la londinese Energy Aspects.

Esportazioni minori da Tehran per un periodo più lungo?

Energy Intelligence ritiene che le esportazioni iraniane scenderanno a circa 500.000 barili al giorno, o il 55% in meno dello scorso anno, in quanto i compratori abituali come Cina, Turchia ed India ridurranno gli acquisti per paura di essere presi di mira da Washington, malgrado si lamentino della decisione unilaterale degli Stati Uniti sulla questione.

Energy Intelligence afferma inoltre che ci saranno abbastanza produttori OPEC, compresa l’Arabia Saudita, che compenseranno la carenza dall’Iran, sebbene questi barili potrebbero avere un prezzo molto più alto, supportando essenzialmente l’impennata del greggio.

Fa notare che, anche se Pechino ha apertamente chiesto delle esenzioni dalle sanzioni, non c’è alcuna certezza che le due petroliere di greggio iraniano che dovrebbero arrivare in Cina ad inizio maggio riusciranno effettivamente ad attraccare, in quanto i dispositivi di tracciamento sono spenti da oltre una settimana.

Scrive l’agenzia di New York:

“La nuova aggressività di Washington implica che il mercato dovrà abituarsi a delle esportazioni iraniane minori per un periodo più lungo”.

“Nessuno sarà pronto a morire per aiutare gli iraniani”, aggiunge, citando un trader non identificato.

La Cina otterrà le esenzioni che desidera?

Energy Aspects, intanto, fa una stima più generosa, di 600.000 barili al giorno, sulle esportazioni iraniane da maggio/giugno in poi.

E non tiene in conto altri 100.000/200.000 barili al giorno di greggio che Tehran riuscirà a commerciare di nascosto, compresi i circa 50.000 barili al giorno che già forniva al regime di Assad in Siria.

Più che altro, l’agenzia londinese scommette sulla scaltrezza dell’Iran per raggiungere questo obiettivo.

Aggiunge Energy Aspects:

“L’Iran può continuare ad imbrogliare attraverso vari meccanismi, come i trasferimenti da nave a nave, i documenti falsi per nascondere l’origine dei cargo e lo spegnimento dei transponder. L’Iran ha molta esperienza e molti incentivi per portare fuori di nascosto più greggio possibile, ma ci sono dei limiti pratici: il contrabbando di prodotti petroliferi è una pratica comune, grazie alle dimensioni ridotte dei cargo, ma far arrivare di nascosto grandi volumi di greggio agli acquirenti sarebbe molto più difficile”.

“Alcuni compratori potrebbero decidere di continuare ad acquistare greggio dall’Iran, credendo di riuscire a nascondere le transazioni o perché temono di meno le sanzioni USA. Il livello di imbroglio dipenderà in parte dall’applicazione delle sanzioni USA. Se i funzionari USA saranno proattivi, annunciando magari in anticipo delle designazioni di alto profilo, la deterrenza sarà rafforzata. Ma, al momento, non è ancora chiaro se il governo USA sia intenzionato o meno a designare compagnie di alto profilo se infrangeranno le sanzioni”.

L’agenzia londinese afferma che, se la Cina dovesse effettivamente ottenere una tregua sull’Iran dagli Stati Uniti, gli acquisti probabilmente avverranno tramite Zhuhai Zhenrong, un trader con esposizione limitata agli Stati Uniti, e tramite banche altrettanto isolate.

Energy Aspects stima che Zhuhai abbia un contratto a tempo per 240.000 barili al giorno e che potrebbe ottenere altri 30.000/40.000 barili se scelto nuovamente dagli Stati Uniti, come è successo nel 2012 sotto il governo Obama.

Aggiunge: “In molti modi, potrebbe essere una soluzione che salverà la faccia sia agli Stati Uniti che alla Cina”.

John Kilduff, socio dell’hedge fund energetico di New York Again Capital, spiega che, sul lungo termine, l’Iran spererà di tirare avanti fino alle elezioni USA del 2020, nella speranza che arrivi al potere un presidente più ben disposto (sebbene non ci sia alcuna certezza di questo). Aggiunge: “L’Iran sopravvivrà a tutto ciò. È uno dei regimi più agguerriti al mondo”.

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