Il piano di Donald Trump riguardo ad ulteriori dazi sulla Cina dovrebbe portare nuove ondate di scombussolamenti sui mercati globali questa settimana, pesando in particolare sul greggio, sebbene le tensioni iraniane continuino ad offrire supporto ai tori della materia prima.
L’oro, il rifugio nei periodo di problemi economici e politici, dovrebbe continuare a trarre beneficio dalle turbolenze commerciali e sui mercati in Cina, malgrado la probabile ripresa del dollaro dopo il deludente taglio dei tassi della scorsa settimana della Federal Reserve possa mettere i bastoni tra le ruote al metallo prezioso.
Per quanto riguarda il greggio, le Guardie della Rivoluzione Iraniana hanno sequestrato una petroliera irachena nel Golfo, che secondo loro contrabbandava carburante, ed hanno fermato sette membri dell’equipaggio, in base a quanto hanno riportato ieri i media nazionali iraniani.
Sentimento sul greggio altalenante malgrado le tensioni in Iran
Il greggio Brent scambiato sulla borsa di Londra, il prezzo di riferimento globale, sale negli scambi della mattinata asiatica di questo lunedì, rispondendo all’ultima dimostrazione di potere da parte dell’Iran ed all’aumento delle tensioni con l’Occidente. Ma il greggio West Texas Intermediate scambiato a New York è sceso nei timori per la Cina, che resta uno dei più importanti compratori del greggio USA.
Sul prezzo del WTI sembrano pesare anche gli utili trimestrali deludenti pubblicati da alcune compagnie di estrazione di petrolio da scisto USA. Concho Resources (NYSE:CXO), ad esempio, ha segnato un tonfo del 22% nella sola giornata di giovedì, quando ha annunciato un crollo del 25% dei profitti nonostante gli aumenti della produzione. La compagnia ha reso noto che ridurrà le spese e rallenterà le trivellazioni nel secondo trimestre, una decisione che potrebbe portare a dei prezzi del greggio più favorevoli in futuro anche se non al momento.
Torniamo allo scontro commerciale: il tweet di Trump con l’annuncio di dazi del 10% sui restanti 300 miliardi di dollari di importazioni cinesi ancora non tassate ha avuto sui mercati l’impatto distruttivo di un missile balistico quando è arrivato, giovedì. Nessuno, tranne ovviamente il presidente, era al corrente dell’arrivo del proiettile da 140 caratteri. Davanti alla brusca fine del mese di tregua, nonché alle promesse della Cina di contrattaccare, l’unica reazione plausibile degli investitori sembra essere stata quella di andare a schiantarsi contro borse e greggio.
Grafici forniti da TradingView
Quando il polverone si è finalmente posato, il WTI ha segnato un tonfo dell’8% nella sola giornata di giovedì, segnando il giorno peggiore dal febbraio 2015. Il Brent è crollato del 7,2%, il massimo dal settembre 2015.
Ma, nella più strana delle riprese, il mercato è rimbalzato proprio nella seduta successiva, recuperando almeno un terzo della strage del giorno prima. Di conseguenza, la perdita netta del WTI sulla scorsa settimana è stata di meno dell’1%, mentre il Brent ha visto un crollo del 2,5%. Sebbene la parziale ripresa non abbia insegnato nulla, ha confermato quello che molti sospettavano: la volatilità non farà che peggiorare quest’estate.
Nel frattempo, le esportazioni petrolifere USA sono schizzate di 260.000 barili al giorno a giugno al record mensile di 3,16 milioni di barili al giorno, suggerendo scorte più che sufficienti sul mercato. Mentre la Corea del Sud ha acquistato volumi da record nel periodo, anche la Cina ha ripreso gli acquisti in precedenza sospesi. Ora, con lo scontro commerciale che torna a farsi sentire, aumentano i timori per quello che potrebbe fare alla domanda di greggio.
Il greggio ha deluso, dice Goldman Sachs
In un articolo Goldman Sachs dichiara:
“La domanda di greggio ha deluso … nel 2019 per via delle attività economiche più deboli, del clima sfavorevole e delle tensioni commerciali”.
Gli investitori seguiranno da vicino i dati cinesi sull’inflazione ed il commercio questa settimana per avere un aggiornamento sullo stato di salute della seconda economia mondiale. I dati commerciali di giovedì probabilmente andranno ad unirsi alla serie di esportazioni ed importazioni in discesa, con le esportazioni che dovrebbero essere scese del 2,2% su base annua a luglio e le importazioni che dovrebbero registrare un tonfo del 7,6%.
Per quanto riguarda le banche centrali, quelle di Norvegia, Nuova Zelanda, Australia, India, Filippine e Tailandia si ritrovano a dover affrontare delle decisioni cruciali, con gli investitori che aspettano di vedere chi seguirà l’esempio della scorsa settimana della Fed di un taglio moderato dei tassi.
Oro in ripresa in attesa delle decisioni sui tassi delle banche centrali globali
La Nuova Zelanda dovrebbe ridurre di altri 25 punti base il suo tasso dell’1,5% e c’è chi si aspetta che l’Australia possa annunciare persino tre tagli di fila, avendo già abbassato il costo di prestito all’1%. L’India dovrebbe effettuare il suo quarto taglio dei tassi dell’anno, con la crescita che continua a rallentare, e, sebbene non si preveda un intervento in Tailandia, la forza del baht sta chiaramente causando di nuovo problemi. Per quanto riguarda la Norvegia, la questione è se la banca centrale fisserà o meno un aumento dei tassi a settembre, un’idea che circola ormai da qualche mese.
Sul fronte della Fed, il Presidente della Fed di St. Louis James Bullard interverrà ad un evento di politica economica e monetaria a Washington domani, mentre il Presidente della Fed di Chicago Charles Evans terrà un discorso mercoledì. Entrambi gli interventi saranno seguiti con attenzione alla ricerca di indicazioni su ulteriori allentamenti, dopo che il Presidente della Fed Jerome Powell ha praticamente eliminato ogni speranza di mosse simili nel resto dell’anno, descrivendo il taglio di 25 punti base della scorsa settimana come un “aggiustamento di metà ciclo” una tantum.
Dopo essere crollato nella seduta di giovedì a New York, l’oro ha visto una netta ripresa negli scambi successivi, proseguita fino a venerdì, quando il piano di Trump di introdurre nuovi dazi contro la Cina ha innescato un aumento delle richieste del metallo giallo come investimento rifugio.
I future con consegna a dicembre, scambiati sulla divisione Comex del New York Mercantile Exchange, si sono attestati in rimbalzo di 25,30 dollari, o dell’1,8%, a 1.457,50 dollari l’oncia sulla settimana.