Negli ultimi giorni, mentre il mondo è stato vessato dall’impennata del prezzo del greggio, tra il conflitto USA-Iran e le speculazioni sull’eventualità che l’OPEC possa aumentare la produzione se il rally dovesse continuare, un altro cartello ha silenziosamente lavorato per spingere il prezzo di un’altra materia prima.
Per chi se la fosse persa, ecco la notizia: Costa d’Avorio e Ghana, le due nazioni dell’Africa occidentale che nel complesso producono circa due terzi o più del cacao mondiale, hanno dato vita ad una loro versione “al cioccolato” dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio (OPEC).
Ultime notizie: il prezzo del cacao non ha ancora visto un’impennata
Il Wall Street Journal ha pubblicato un lungo articolo sulla saga del cartello del cacao nel fine settimana. Eccone il succo: l’iniziativa non ha ancora fatto schizzare alle stelle il prezzo del cacao. Semmai, la collaborazione dell’Africa occidentale - già battezzata “COPEC” da qualcuno nel governo e nel settore, secondo il Journal - ha assistito ad un calo del prezzo del cacao da quando è iniziato il nuovo anno.
I future del cacao scambiati sulla borsa di New York sono crollati di quasi il 2% nella prima settimana del 2020, dopo il tonfo del 3% a dicembre. I future del cacao scambiati sulla borsa di Londra hanno subìto un tonfo del 9% dall’inizio del mese, dopo il rimbalzo del 7% del mese scorso.
“I prezzi sono stati più bassi ultimamente sull’idea di un buon potenziale di produzione nell’Africa occidentale”, spiega Jack Scoville, analista del Price Futures Group a Chicago per le materie prime cosiddette “soft”, che comprendono cacao, caffè, zucchero e succo d’arancia.
Il clima globale è ora benevolo per il cacao
In un commento di ieri, condiviso con Investing.com, Scoville afferma che il clima in Costa d’Avorio è migliorato per il cacao, rispetto alle piogge frequenti.
“L’idea è che il prossimo raccolto sarà buono”, scrive.
“Un clima più asciutto è ora più importante per le attività di raccolta. Il raccolto è in corso tra le piogge, ma sono previsti buoni progressi a questo punto”.
“Anche il clima in Asia sembra buono”, aggiunge Scoville.
In Asia, il cacao viene coltivato in Malesia, India, Vietnam, Filippine e Tailandia. Mentre la Malesia coltiva il cacao da 250 anni ed era un tempo il terzo principale produttore, per gli altri paesi si tratta ancora relativamente di una novità, sebbene abbiano il potenziale di diventare importanti coltivatori col tempo.
Quindi, cos’è questa storia della COPEC?
L’idea del cartello è di arrivare ad un sovrapprezzo di 400 dollari
Il Journal scrive che il cartello del cacao composto dalle due nazioni intende applicare un prezzo di 400 dollari in più per tonnellata metrica di cacao. Si tratta di un rialzo del 16% rispetto al cacao scambiato a New York, attestatosi ieri a 2.491 dollari la tonnellata, e di quasi il 17% di quello scambiato a Londra, che oscilla a poco meno di 1.800 sterline (2.376 dollari) la tonnellata, a seconda del prezzo di riferimento.
Ovviamente, non sono solo le barrette di cioccolato che potrebbero diventare più costose. Anche il gelato (fatto con il burro di cacao, il prodotto vellutato derivato dalla macinazione delle fave di cacao), i biscotti ed altri prodotti da forno (per i quali si utilizza il cacao in polvere, altro prodotto della macinazione) diventeranno più costosi.
La domanda è quando succederà.
La maggior parte degli utenti del cacao firmano contratti con mesi, o anche un anno, di anticipo, per assicurarsi un prezzo migliore per le massicce quantità di cui hanno bisogno, spiega il Journal.
E aggiunge che Ghana e Costa d’Avorio inizialmente avevano proposto un prezzo minimo per il loro cacao di 2.600 dollari la tonnellata metrica durante gli incontri con i rappresentanti dell’industria del cioccolato l’anno scorso.
I dirigenti di un gruppo di compagnie multinazionali di cacao e cioccolato avrebbero respinto l’idea di un prezzo minimo, affermando che tale politica mancava di chiarezza ed avrebbe potuto creare il caos sul mercato.
Alcuni produttori di cioccolato stanno già pagando il sovrapprezzo
Al contrario, il settore del cioccolato ha accettato l’aggiunta di un sovrapprezzo al prezzo dei mercati dei future, affermando che avrebbe funzionato meglio, scrive il Journal.
Alcune compagnie di cioccolato hanno già cominciato a comprare le fave dell’Africa occidentale con il sovrapprezzo. Altre imbrogliano, nel tentativo di trovare una scappatoia, ma senza troppo successo dal momento che i produttori di cacao in altri paesi, come in Asia, non offrono sufficienti forniture.
“Parliamo di circa due terzi del cacao mondiale”, ha riferito al Journal Jonathan Parkman, co-direttore del trading dei prodotti agricoli dell’agenzia di brokeraggio Marex Spectron, a Londra, parlando della produzione dell’Africa occidentale. “Il mondo non può fare a meno del cacao”.
Un altro contrario al piano è Eric Bergman, vice presidente di JSG Commodities Inc. Secondo lui il nuovo sovrapprezzo non è “altro che una tassa da 1,2 miliardi di dollari sull’industria del cacao”, basandosi sulla produzione combinata dei due paesi di circa 3 milioni di tonnellate metriche.
I tre grandi nomi del settore dolciario USA supportano il nuovo cartello
I tre grandi nomi del settore dolciario USA - le private Mars, Hershey (NYSE:HSY) e Mondelez (NASDAQ:MDLZ) - tuttavia, sono a favore di pagare di più per le fave dell’Africa occidentale.
“È la cosa giusta da fare”, afferma Christine McGrath, a capo dell’impatto globale, della sostenibilità e del benessere di Mondelez, che al momento compra il cacao da sei nazioni, comprese Costa d’Avorio e Ghana.
“Mars crede che spingere le entrate dei coltivatori di cacao garantendo al contempo che il cacao venga coltivato in modo sostenibile sia vitale per un settore fiorente”, ha dichiarato Joseph Gerbino, direttore per le comunicazioni globali della compagnia.
“I coltivatori di cacao dovrebbero essere in grado di mantenere le proprie famiglie e di avere uno standard di vita decente, e noi supportiamo l’obiettivo di far aumentare le entrate dei coltivatori”, dice Jeff Beckman, portavoce di Hershey.
Queste testimonianze del fatto che l’iniziativa della COPEC sarà un bene per i coltivatori di cacao è il messaggio che viene diffuso da Costa d’Avorio e Ghana per arrivare all’accettazione globale del loro cartello.
La storia potrebbe non essere da parte della COPEC però
Tuttavia, gli avvocati dei coltivatori stessi non sono tanto sicuri che il piano funzionerà.
Cobus de Hart, economista di NKC African Economics, spiega che, al contrario della capacità dell’OPEC di controllare il greggio che viene pompato, Costa d’Avorio e Ghana dovranno regolare una materia prima agricola che richiede anni dalla semina per cominciare la produzione di fave di cacao.
“Come farete a dire agli agricoltori di produrre di meno se questo è il solo modo in cui si guadagnano da vivere?” dice de Hart. “Il greggio può restare sottoterra, ma sarà difficile far sì che gli agricoltori smettano di produrre”.
A questo proposito, vorrei aggiungere un aneddoto, a proposito della Malesia e dei suoi tentativi falliti di gestire un cartello della gomma.
Per 20 anni, la Malesia ha guidato l’Organizzazione Internazionale della Gomma Naturale (INRO), di cui faceva parte anche la Tailandia, altro importante produttore di gomma. Ma la Malesia è uscita dal gruppo nel 1999 dopo che il modello di intervento sul prezzo delle riserve di sicurezza del cartello, basato sulle valute asiatiche, era diventato troppo difficile da gestire in conseguenza della crisi finanziaria asiatica. La disponibilità di gomma sintetica ha contribuito a complicare la vita all’INRO.
Perciò, ogni cartello ha la sua nemesi.
Per l’OPEC, è lo scisto USA.
Per la gomma, erano le valute asiatiche e la gomma sintetica.
Per il cacao, potrebbe essere il fatto che i suoi stessi coltivatori non sanno quando bloccare la produzione.