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L’aumento delle scorte USA fa scendere i prezzi del greggio

Pubblicato 11.08.2016, 10:08
Aggiornato 31.08.2022, 18:00

La scorsa settimana i prezzi del Petrolio Greggio avevano ripreso un po’ fiato, il greggio West Texas Intermediate aveva guadagnato l’11%, salendo da 39,20 USD a 43,50 USD al barile.

Alcuni partecipanti al mercato sono subito diventati rialzisti, prevedendo che l’oro nero sarebbe tornato rapidamente verso la soglia dei 50 dollari, ignorando la debolezza del contesto globale e le preoccupazioni crescenti sull’eccesso di offerta.

Mercoledì, il dato sulle scorte USA ha sorpreso al rialzo, mostrando un incremento di 1,05 mln di barili per un totale pari a 523,6 mln, i partecipanti al mercato si aspettavano invece una riduzione pari a 1,5 mln di barili.

È la terza settimana consecutiva di aumento delle scorte USA e, visto il numero crescente di trivelle negli USA, è improbabile un’inversione dell’attuale squilibrio fra domanda e offerta. Circolano voci di un possibile accordo fra i membri dell’OPEC in Algeria a settembre, che teoricamente potrebbe tagliare le forniture per far salire i prezzi.

Nel frattempo, il greggio WTI ha ricominciato a calare ed ha ceduto più del 4% rispetto ai massimi di ieri. Si osserva un forte supporto a 40,52 USD (media mobile a 200 giorni), al rialzo una resistenza giace a 43,52 USD.

Il Dollaro neozelandese ha fatto registrare i guadagni maggiori nel comparto G10, salendo dello 0,67% contro l’USD negli scambi notturni.

La coppia NZD/USD ha testato il livello a 0,7341 nonostante la decisione della RBNZ di tagliare il tasso OCR di 25 punti base, portandolo al minimo storico del 2%. Come ho scritto ieri, il mercato si aspettava un segnale forte dal governatore Wheeler e non solamente un taglio del tasso.

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Evidentemente il comunicato e la conferenza stampa non sono stati sufficientemente accomodanti, il mercato si aspettava che la RBNZ avrebbe spianato la strada a un altro taglio del tasso. Il governatore Wheeler, invece, ha ammesso che la banca centrale neozelandese ha “un’influenza molto limitata sul tasso di cambio”, dicendo in pratica che non può competere con le altre banche centrali nell’attuale guerra valutaria globale.

La coppia NZD/USD non è riuscita a violare al rialzo la resistenza a 0,7325 (massimo 12 luglio) e al momento scambia intorno a 0,7260.

È stata, nel complesso, una seduta tranquilla sui mercati Forex asiatici, gran parte delle coppie di valute ha annaspato.

I metalli preziosi continuano a perdere terreno, l’Oro ha ceduto lo 0,32%, l’Argento lo 0,48%.

Dopo aver perso lo 0,40% durante le sedute di ieri negli USA e in Europa, il metallo giallo ha ceduto un altro 0,30% a Tokyo, scendendo a 1.342,65 USD all’oncia.

L’oro ha continuato a rimanere all’interno del suo canale rialzista, sostenuto dalla forte domanda di asset ritenuti rifugi sicuri.

L’oro finora ha fatto fatica a sfondare la resistenza a 1.380 (massimi precedenti); la struttura tecnica, però, non segnala ancora un’inversione.

Oggi gli operatori monitoreranno la bilancia delle partite correnti in Turchia; l’IPC in Svezia in Italia; la produzione manifatturiera in Sudafrica; le domane iniziali di sussidi di disoccupazione, l’indice sui prezzi all’importazione e le richieste continue negli USA.

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