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Petrolio: tra guerra commerciale e Coronavirus. A chi conviene a questo prezzo?

Pubblicato 20.03.2020, 17:39

A chi conviene continuare a produrre petrolio se il costo fisico del barile supera quello del petrolio contenuto?

L’emergenza dovuta al Coronavirus ha ridotto la domanda mondiale di petrolio, non si può dire lo stesso per l’offerta. La guerra dei prezzi tra Arabia Saudita e Russia ha portato i prezzi del petrolio a toccare i 20$ al barile, i minimi degli ultimi due decenni.

Tutto è iniziato a Vienna il 6 marzo nel vertice dei Paesi esportatori di petrolio: scopo del meeting era adeguare l’offerta alla decrescente domanda. Il greggio era reduce da una flessione che aveva visto il prezzo lasciare i 65$ toccati ad inizio gennaio fino ad arrivare ai 40$ circa di marzo a causa della contrazione nella domanda globale per trasporti e produzione industriale.

In tale circostanza però, l’Arabia Saudita (leader dei Paesi OPEC) e la Russia hanno iniziato una vera e propria guerra al ribasso. Secondo i portavoce di Mosca, contenere la produzione con conseguente rialzo dei prezzi non avrebbe fatto altro che favorire i produttori statunitensi di shale oil, i quali attualmente sono i primi produttori di petrolio al mondo. Secondi i russi, l’unica soluzione per togliere fette di mercato agli americani sarebbe aumentare l’offerta con conseguente crollo dei prezzi. La produzione di shale oil ha senz’altro un costo superiore rispetto alle estrazioni russe o saudite.

Il rifiuto da parte della Russia di partecipare ai tagli ha quindi innescato una guerra produttiva da parte dei leader mondiali. L’Arabia Saudita ha annunciato che innalzerà la produzione alla cifra record di 12,3 mln di barili al giorno con l’obiettivo di espanderla fino a 13 mln.

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L’obiettivo saudita al momento è quello di colpire il più duramente la Russia in modo da riportarla nel più breve tempo possibile a rivedere l’accordo per stabilizzare la produzione. Sebbene l’Arabia Saudita riesca a produrre ad un costo veramente basso, c’è anche da considerare che l’attività petrolifera è la principale fonte di reddito per i sauditi. Lo scopo di Riad è quello di conquistare più quote di mercato possibile sfruttando a fondo le proprie riserve petrolifere vendendo tanti barili a basso costo.

A risentire maggiormente del calo del greggio sono state in particolare le aziende del settore energetico già bruscamente colpite dagli effetti del Coronavirus.

Ad intervenire nel testa a testa tra Arabia Saudita e Russia è stata nelle ultime ore l’amministrazione Trump valutando un’azione diplomatica nella guerra dei prezzi in atto cercando di convincere i sauditi a rivedere la produzione giornaliera di petrolio e minacciare Mosca con delle sanzioni.

A questi prezzi è senz’altro la produzione statunitense a risentirne maggiormente. I sauditi si sono detti a loro agio con una stabilizzazione dei prezzi sui 30$, mentre Mosca ha fatto sapere che per loro non sarà di certo una catastrofe e che usciranno dalla situazione di stallo con dei programmi di sviluppo a sostegno della popolazione. Trump nel frattempo ha annunciato invece un maxi acquisto di 30 mln di barili subito fino ad arrivare a 77 mln per le proprie riserve strategiche; il segretario del tesoro USA Steven Mnuchin ha confessato a Fox Business che “A 22 dollari al barile, dovremmo riempire le riserve per i prossimi dieci anni”.

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Analisi daily petrolio

Dal punto di vista tecnico, a questi prezzi, potrebbe essere una buona opportunità di acquisto?

Da un’analisi grafica possiamo notare come il prezzo del greggio abbia toccato il 18 marzo il minimo in area 20 dollari, tale prezzo non si vedeva dal lontano 2001. Una fondamentale area di supporto ad oggi è quella in area 25$, la quale però i prezzi faticano a mantenerla anche nella giornata odierna. Dopo la dichiarazione del maxi acquisto da parte degli USA infatti il prezzo ha toccato area 28$ per poi tornare a scendere.

Alzando il time frame a weekly, una chiusura di settimana al di sopra dei 25$ potrebbe far pensare ad una candela che è andata a prendersi gli stop loss posti al di sotto del supporto per poi provare un timido rimbalzo. In tale circostanza non avremmo ancora il segnale di entrata long a meno che non si parli di un accumulo in ottica lungo periodo. Il primo segnale tattico di entrata lo avremo solo con una chiusura della prossima settimana al di sopra dei 32$.

In ottica di breve periodo invece, se abbassiamo il time frame a 4h, notiamo come i prezzi fatichino a rompere al rialzo l’area di resistenza 27,5/28,5. Una consolidamento al di sopra di tale area potrebbe essere un interessante spunto operativo per operazioni di breve termine.

Ovviamente vista la volatilità presente al momento sul mercato, sono consigliate piccole size usate con stop loss stretti.

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