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Potrebbe Trump riportare il prezzo del petrolio a 140 dollari?

Pubblicato 12.07.2019, 11:28

Trump e bandiera americana
Una cosa è certa: con Trump non ci si annoia mai. La sua campagna elettorale permanente prevede sempre la presenza di un nemico da sconfiggere o da ridurre a più miti consigli.
E visto che stiamo parlando di un uomo che ha conquistato la Casa Bianca contro tutti i sondaggi, probabilmente la sua strategia è, al momento, efficace.

Prima il Messico e i messicani, poi la Cina ed ora si aggiunge l’Iran. In realtà l’Iran è sempre stato considerato dagli Usa un nemico ma con gli accordi stipulati dall’amministrazione Obama i rapporti si erano ricuciti.
Sia chiaro, Iran e Usa non giocavano a golf insieme come amici di vecchia data, ma già limitarsi a mantenere buoni rapporti era un considerato un gran successo. Poi le tensioni sono aumentate costantemente da maggio 2018, quando Trump abbandonò improvvisamente l’accordo nucleare del 2015 tra l’Iran e le sei potenze mondiali.

Trump non ha solo abbandonato l’accordo ma ha ripristinato le sanzioni per costringere l’Iran a rinegoziarlo. Ora le scaramucce si sono di nuovo manifestate dopo l’abbattimento del drone statunitense sullo stretto di Hormuz. L’Iran sostiene che gli Usa hanno violato il suo spazio aereo. Gli Stati Uniti insistono che si trattava di acque internazionali. Tutto questo è stato preceduto da due serie di esplosioni che hanno danneggiato sei navi petroliere nella regione. Una regione nella quale passa ogni giorno un quinto del petrolio mondiale.

Naturalmente non è mia intenzione sindacare sulle ragioni dell’uno o dell’altro. Non sono un esperto di geo-politica e, anche se lo fossi, non è senza dubbio questo il luogo adatto per discuterne.

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Quello che mi interessa è l’impatto che queste tensioni possono avere sui mercati finanziari e sui miei (e tuoi) portafogli di investimento. Non c’è dubbio che i mercati siano particolarmente sensibili a ciò che avviene in quelle regioni. Questo perché ogni tensione si riflette sul prezzo del petrolio. E il prezzo del petrolio influenza l’andamento della crescita economica la quale, a sua volta, si riflette nei mercati finanziari.

Ma andiamo con ordine. Le tensioni geo-politiche nel medio oriente impattano sul prezzo del petrolio perché oltre il 70% delle riserve mondiali si trovano proprio sotto quelle terre:
grafico dei paesi con maggiori riserve di petrolio e gas
Il prezzo del petrolio influenza non poco l’economia e, di riflesso, il mercato finanziario. Mercato obbligazionario, azionario, delle valute si muovono repentinamente ad ogni battito d’ali di farfalla nel golfo Persico.

Il petrolio è una materia prima quotata pertanto, così come le azioni, le obbligazioni, le valute eccetera, è influenzato anche da un elemento che i mercati in genere odiano. Sto parlando dell’incertezza. Una minaccia, come ad esempio quella di Trump nei confronti dell’Iran, è un’incertezza. E in un simile contesto ogni teoria ed ogni analisi può essere valida.

Alcuni analisti sostengono che la minaccia è reale altri che si tratta di una bufala. Altri ancora non si esprimono mentre alcuni illuminati si lanciano in previsioni con gradi di certezza assoluta. Nel frattempo i mercati non sanno come muoversi e, nel breve periodo, vanno in fibrillazione.

Tecnicamente si dice che aumenta la volatilità. Ma a noi del breve periodo frega nulla… giusto? Tuttavia anche lo stato d’animo dell’investitore di lungo periodo viene messo a dura prova dalle incertezze di breve periodo.

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E allora vediamo un po’ come si sta evolvendo la situazione. Uno scontro in Medio Oriente, anche se improbabile, farebbe impennare i prezzi del petrolio… questo ce lo siamo già detti.

L’aumento del prezzo dell’oro nero, se prolungato nel tempo, comporterebbe un duro colpo per il motore dell’economia americana ovvero la spesa dei consumatori.

Infatti l’aumento dei costi di produzione delle aziende (pensa ad esempio al costo dell’energia) verrebbe scaricato sui prezzi dei beni che producono e, naturalmente aumenterebbero.

E se i prezzi aumentano, a parità di salario, una famiglia deve ridurre le spese o indebitarsi per mantenere lo stesso tenore di vita. E’ per questo che il prezzo del petrolio viene tenuto in considerazione come anticipatore di una recessione.

Alcuni esempi per comprendere meglio il concetto. Se hai i capelli grigi e purtroppo qualche acciacco dovuto all’età, allora ricorderai come l’embargo petrolifero saudita del 1973-1974 ha contribuito a innescare un balzo dei prezzi del petrolio che ha paralizzato l’economia. Oppure come la rivoluzione iraniana del 1979 ha portato a una recessione negli Stati Uniti. Allo stesso modo, l’economia americana è scivolata in una recessione dopo che l’Iraq ha invaso il Kuwait nel 1990 e di nuovo dopo il rovesciamento americano del dittatore iracheno Saddam Hussein nel 2003.

E ancora. Ricorderai come nel 2008 la grande recessione è stata causata da un’epica bolla immobiliare. Tuttavia non ti sarà sfuggito anche il fatto che il prezzo del petrolio era alle stelle, sopra i 140 dollari al barile, nell’estate del 2008. Significa quindi che prezzi elevati del petrolio conducono spesso ad una recessione.

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Ma la domanda è: quando il prezzo del petrolio può considerarsi “elevato”? Se elevato è 140, il suo massimo del 2008, allora in questo momento con la quotazione a 66 dollari possiamo stare tranquilli. Se così fosse, ognuno di noi potrebbe facilmente considerarsi un analista. Se il massimo è a 140 e ora quota 66 perché mi dovrei preoccupare?

La realtà dei fatti è ben diversa e la risposta è sempre: dipende. Molte cose sono cambiate rispetto al passato. Il massimo di 140 dollari a barile del 2008 fu raggiunto in un contesto diverso rispetto ad oggi.
Ad esempio, rispetto ad allora, gli USA sono molto più indipendenti dall’energia grazie all’aumento di produzione soprattutto nel Texas occidentale. Significa che assorbono molto più facilmente eventuali shock di prezzo dell’oro nero.

Inoltre c’è un altro fattore da considerare. I prezzi elevati del petrolio non comportano una recessione immediata dell’economia. Come ti dicevo, lo puoi considerare come un indicatore di tensione che, se prolungato, può riflettersi sull’andamento economico globale.

Quindi torniamo a noi.
In questo momento siamo in un contesto di volatilità dovuta semplicemente a tensioni geo-politiche? Oppure questa si aggiunge ad un prezzo già elevato che potrebbe riversarsi nel tempo sui prezzi dei beni che acquisti facendoli aumentare? Se così fosse siamo quindi in prossimità di una recessione?

La risposta è ancora una volta: dipende. Dipende perché le variabili da tenere in considerazione sono infinite e gli strumenti in mano alle banche centrali per controllare eventuali tendenze inflazionistiche non sono gli stessi del passato.

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Tieni comunque presente che una recessione prima di esplodere viene anticipata da numerosi segnali – tra questi certamente anche il prezzo del greggio – che devi essere in grado di leggere se vuoi riposizionare il portafoglio prima di venire travolto dall’onda.

Ultimi commenti

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quindi tu cosa faresti ? Grazie per la risposta
Secondo la mia analisi, i prezzi mondiali del greggio saranno in media di $ 64 al barile nella seconda metà del 2019 e di $ 65 nel 2020. Le mie analisi si basano sui report di domanda mensile dell'EIA rapportati alla crescita industriale/infrastrutturale dei paesi che hanno maggiore necessità di petrolio. . Tendo ad escludere fattori esogeni come una guerra o attacchi terroristici mirati, quelli suono fuori il controllo di una qualsiasi analisi. . Saluti
da ora ti seguo.
Geopolitica
Verissimo, errore mio, grazie per avermelo segnalato. . Saluti Maria.
Grazie Maria per avermi segnalato l'errore. . Saluti.
Non si è capito. Troppo generico
il prezzo salirà o scenderà? ciò che interessa maggiormente...
e quindi?
boh
se qualche nave affonda nel Golfo sale
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