Un saluto a tutti e ben tornati in questa rubrica dedicata alle mie analisi di mercato. Dopo una lunga pausa nel periodo estivo, torno operativo. Spero che abbiate passato delle buone vacanze, anche se sui mercati le novità non sono certo mancate. In questo primo appuntamento post-estate vorrei fare alcune riflessioni per il futuro prossimo di questi mercati momentaneamente indecisi. Prima di entrare nel vivo dell’analisi come al solito vi ricordo che qualora aveste delle domande o semplicemente un’opinione da esprimere potete usare la sezione sottostante dei commenti, in cui possiamo interagire più attivamente. Potete anche sfruttare quello spazio per richiedere un’analisi su un titolo di vostro interesse qualora vi apprezziate il mio approccio all’analisi dei titoli (per non perdervi le mie analisi cliccando il pulsante “segui” riceverete una notifica nel momento di pubblicazione di un mio nuovo articolo). Inoltre di recente ho aperto un blog, i cui dettagli a riguardo sono presenti nel mio profilo Investing. Inoltre aggiungo che le prossime analisi su titoli minoritari, anziché proporle nei commenti come ho spesso fatto, le troverete nel mio “classico stile” sull’appena citato blog.
Aprirei l’analisi partendo da una semplice considerazione guardando il grafico dell’indice più importante al mondo, S&P 500.
Da un primo sguardo si può notare come dai massimi segnati a fine luglio 2023, il mese di agosto abbia portato con sé un movimento di correzione di quasi 300 punti, ma soprattutto per la prima volta dopo molti mesi abbiamo a che fare con una figura che lascia intendere una maggiore debolezza in arrivo, in quanto è stato segnato un primo massimo non crescente (cosa che non accadeva da ottobre 2022). Questo in termini di livelli di prezzo potrebbe tradursi in un ritorno nuovamente in area dei 4300$, la cui (eventuale) rottura potrebbe poi spingere molto più a fondo le quotazioni, ovvero fino a 4100$. Se da un lato iniziano a sorgere le prime preoccupazioni in materia economica, con le grandi banche d’affari che non sanno che pesci pigliare, trattando e ritrattando sulle probabilità di avere una recessione nei prossimi mesi; la Fed (e ancor più la BCE) che cammina sulle uova cercando di gestire al meglio la politica monetaria; la Cina che da oasi dell’investimento sembra affacciarsi verso una crisi non banale; un’Italia che cerca di trovare il suo posto in un’Europa fiaccata dalla lotta all’inflazione; non sembrano esserci dei presupposti solidi per vedere dei rialzi solidi sui mercati.
Ma oltre a questi dati che sono intrinsecamente legati all’emotività (paura/euforia) degli investitori, possiamo prendere in considerazione la statistica e quindi analizzare quanto ci dice la stagionalità per il mese di settembre e quelli a venire.
Per agosto la tendenza era ribassista, così come, in maniera più decisa, si profila essere per settembre. La forza potrebbe tornare solo in ottobre (come accaduto pure lo scorso anno, in quanto questo trend rialzista che stiamo vivendo è proprio partito a metà ottobre 2022), anche se sarà fondamentale osservare gli sviluppi della condizione di salute delle varie economie mondiali.
Infatti ciò che preoccupa l’occidente è anche un possibile ritorno di fiamma dell’inflazione a seguito della risalita sostenuta dei prezzi dell’oro nero (probabilmente sarà così anche per il gas), in quanto già sappiamo come il comparto dell’energia sia un driver importante di inflazione, allo stesso tempo volatile e sul quale le banche centrali non hanno alcuna influenza. Occorre inoltre ricordare che in alcuni comparti la svalutazione del denaro resta a dei livelli inaccettabili, ed in modo più marcato questa pesa sulle spalle dei consumatori i quali vedono le aziende rovesciare tutti gli aumenti nella loro direzione. Ciò si manifesta principalmente in due modalità con le quali, anche voi lettori, avrete sicuramente avuto a che fare:
1. aumento del prezzo del bene: questa è la modalità più banale, a parità di unità/quantità il prezzo lievita in modo più o meno consistente a seconda del bene in questione;
2. aumento del rapporto prezzo/quantità: viene detta in inglese “shrinkflation”, una parola abbastanza brutta anche da leggere, che possiamo tradurre con “sgrammatura”, ovvero il processo per cui viene mantenuto inalterato il prezzo del bene ma ne viene ridotta la quantità contenuta. Un esempio brillante è quello dell’azienda di bevande analcoliche più famosa al mondo, Coca Cola (NYSE:KO), con tutte le varie declinazioni della bevanda da 200ml, 330ml, 1l, 1,5l, 1,75l, ecc… Non si tratta di un processo inventato nel 2023, tuttavia la sua messa in pratica sta sempre più prendendo piede, molto spesso all’insaputa dei meno attenti, gravando comunque sulle spalle dei consumatori.
Ma prima di concludere vale la pena chiedersi se questi timori siano o meno fondati. A mio avviso, se guardiamo alla storia, nella quasi totalità dei casi che ho esaminato da metà ‘900 ad oggi, in seguito al raggiungimento del picco dei tassi (al quale siamo molto vicini per la Fed, io già ad Aprile mi aspettavo che saremmo arrivati a 5,75%, e non sembra più un miraggio ormai) si assiste ad un picco del tasso di inflazione piuttosto consistente; è quindi possibile vedere l’inflazione rialzare la testa anche se credo che quello che al momento stanno scontando i mercati sia qualcosa di molto meno consistente e passeggero, in quanto l’ottimismo non è ancora stato compromesso.
Salvo ulteriori scossoni assisteremo dunque ad un settembre debole per poi giocarsi la partita vera nella parte finale dell’anno.
Quest’analisi si chiude qui, spero abbiate gradito gli spunti di riflessione. Vi auguro come sempre, buon trading!
Disclaimer: il presente articolo non ha alcuna finalità di consulenza finanziaria e non rappresenta un consiglio su come investire o disinvestire i propri soldi. La consapevole valutazione dell'investitore non può essere in alcun modo sostituita, alla luce del personale profilo di rischio e della possibilità di perdere il proprio denaro.