Le azioni asiatiche sono salite lievemente, ma le preoccupazioni legate agli scambi commerciali frenano l’avversione al rischio. Stando ai lanci d’agenzia, i funzionari cinesi non condividono la versione del presidente Trump sulla ripresa dei negoziati fra Washington e Pechino. I segnali contrastanti sono potenzialmente più preoccupanti dello stato vero e proprio delle trattative. Finora il renminbi (RMB) è stato usato per compensare i dazi USA e non rappresenta un indebolimento dei fondamentali. Sembra che ciò stia facendo infuriare il presidente USA Trump. Da tempo il presidente critica l’uso della valuta cinese come strumento per ottenere un vantaggio negli scambi. A nostro avviso, i tweet di Trump in cui accenna alla Fed hanno poco a che vedere con i tassi d’interesse (Trump ha contratto prestiti con tassi d’interesse molto più alti), e molto con il posizionamento dell’USD. È evidentemente invidioso della possibilità cinese di definire i prezzi della valuta. In vista della nuova serie di dazi sulle importazioni cinesi, l’USD/CNY dovrebbe continuare a rafforzarsi. Secondo le stime, se saranno applicati tutti i dazi del 30% sulle merci cinesi come annunciato di recente, l’USD/CNY dovrebbe potenzialmente apprezzarsi fino a quota 7,95. In generale, dopo le escalation precedenti ci aspettavamo un allentamento delle tensioni. Che però non è ancora avvenuto. L’ordine di delocalizzazione di Trump alle società americane, che ha citato i poteri conferitigli dalla legge International Emergency Economic Powers Act del 1977, ha spostato le linee di battaglia. Dubitiamo che tale legge dia al presidente il potere di far lasciare la Cina alle aziende americane che attualmente vi operano, ma può fornire gli strumenti per rendere delocalizzazione e attività correnti molto complesse. Questa escalation, che dagli scambi si estende anche agli investimenti, non rimarrà senza risposta da parte dei cinesi. Ci sono alcune opzioni logiche, ma l’indebolimento del renminbi sarà sicuramente in cima alla lista.