Un saluto ai lettori di Investing.com, molti mercati azionari a livello globale si trovano in una interessante situazione grafica che indica una certa propensione al rialzo.
Se consideriamo l'azionario USA come capace di dare il la al resto dei mercati, allora l'osservazione congiunta dell'indice e di quel che offre l'obbligazionario tra il più "tranquillo" al mondo, contribuisce a fornire qualche valido supporto a questo scenario:
Il grafico necessità di qualche approfondimento.
Sappiamo che il recente e pressoché generalizzato calo cui si è assistito sia sui mercati azionari (ad eccezione per esempio del Brasile per restare tra gli indici più noti) che su quelli obbligazionari è stato innescato da un repricing dei mercati nei riguardi dei tassi di interesse a lungo.
Infatti è da diversi anni che il mercato si è ostinatamente posizionato su livelli che prefigurano tassi di interesse futuri inferiori a quelli che è possibile desumere dai dots plot dei componenti della Fed certamente e in misura minore della Bce.
E finora ci aveva visto bene perché il livello delle pressioni inflazionistiche, nella versione del costo dei salari orari e degli IPC da entrambe le sponde dell'Atlantico non si sono mai dimostrati capaci di spiccare il volo così come atteso dalle banche centrali.
In effetti in questi ultimi due anni l'obbligazionario ha ottimamente performato in quasi tutte le sue declinazioni.
La recente e sorprendente accelerazione soprattutto del costo del lavoro USA e meno segnatamente del IPC ha accentuato, tra le altre cose, le vendite sui Treasury che nella scorsa settimana ne ha spinto i rendimenti al massimo relativo di 2,96%, che non è 3% ma suo parente stretto si.
Sono di questi giorni una serie di analisi di molte tra le più importanti investment bank che considerano come spostata in alto rispetto al 3% la soglia del dolore che esprime il rendimento di questo benchmark bond se rapportato ad alternative forme di impiego dei capitali.
Infatti negli USA a differenza di noi italiani è abitudine, addirittura dalla fine del '800, destinare al mercato azionario la parte del patrimonio che non sia fuzionale alle esigenze di liquidità immediata e di medio termine.
Va da se che il dividend yield (rapporto dividendo/prezzo) dell'azionario USA abbia un formidabile e naturale concorrente proprio nel livello del rendimento che è capace di offrire il Treasury.
Infatti a parità di rendimento corre tra i due una sostanziale differenza dovuta al livello di rischio che bisogna ssumersi per conseguirlo: tra i più bassi al mondo per quanto riguarda il bond molto più alto nell'altro caso.
Ora se si considera la forma relativamente piatta della curva dei tassi americani, emerge che la scadenza due anni offre già un rendimento di poco superiore al 2% annuo pari esattamente al livello attuale del dividend yiel dell'azionario.
L'effetto di disintermediazione dunque risulta notevole, e non poteva passare inosservato tra gli operatori.
Tuttavia, sembra che rispetto al passato e per tenere conto della rinnovata spinta all'economia americana proveniente dalle ultime azioni dell'amministrazione Trump, i tassi sul decennale potrebbero anche salire ulteriormente, addirittura fino al 4,5% per qualcuno e non rappresentare un ostacolo per la sostenibilità della crescita economica.
Questo mi sembra un campo minato, un terreno di gioco in cui si trovano bene gli economisti teorici e noi volentieri ce li lasciamo tranquilli a fare i loro calcoli.
Il dato di fatto è che la corda dei rendimeti ora è tesa rispetto al passato ed è saggio tenerne conto. Punto.
Spostandoci sull'attualità, possiamo notare alcune cose interessanti.
La prima è che i prezzi del Treasury sono come detto ulteriormente scesi per cui osservandoli dal punto di vista dei rendimenti che essi esprimono, hanno sfiorato come detto la soglia psicologica del 3%.
Finora tuttavia hanno mostrato un certo timore, una certa riverenza direi, per questo livello disegnando un andamento meno direzionale e addirittura formando una chiara figura di inversione sul grafico settimanale:
Ovviamente è solo un'ipotesi operativa e dico solo che la conformazione dei prezzi indica un probabile ritorno degli acquisti sui Treasury.
Quanto potrebbe durare non si sa ma certamente stante le rinnovate spinte inflattive cui abbiamo assistito le probabilità francamente pendono più dalla parte della risalita dei tassi in modo da rendere la curva dei tassi più in linea con il livello di robustezza della crescita economica.
Non a caso molti indici azionari mondiali, in parallelo all'andamento grafico dei Treasury, sono proprio posizionati per un allungo rialzista.
In particolare lo S&P500, che nelle ultime sedute aveva mostrato una certa debolezza proprio in corrispondenza del test delle medie a 20 e 50 periodi, sul grafico giornaliero, con la seduta di venerdì ha spazzato via in un sol colpo lo scenario di cui parliamo e di cui avevo parlato nella mia ultima analisi sull'indice:
La risalita dei prezzi è avvenuta in parte anche per gli stessi motivi (ma col segno invertito) che avevano scatenato le vendite ad inizio mese. Infatti il CBOE Volatility Index, che ricordiamo misura la volatilità implicita delle opzioni sui titoli che compongono lo S&P500, ha subito un repentino ritracciamento a 18,83 (al momento in cui scrivo) perdendo il 67% dai massimi raggiunti a 50,30:
E' stata anche l'occasione per capire come si comportino gli algoritmi che ormai in misura significativa sono responsabili degli scambi nei mercati.
Il risultato sembra sia stato pessimo.
Si tratta di sistemi che agiscono in conseguenza del variare della volatilità dei mercati comprando e/o vendendo di conseguenza, questa potrebbe essere una spiegazione molto semplicistica e certamente non esaustiva del comportamento di questi algoritmi. Il risultato che si è potuto osservare pare sia stato quello di un cane che cerca di afferrare la propria coda, cioè rincorre se stesso.
Lo stesso scenario si è potuto osserare a parti invertite in questi giorni con il vix in calo, ciò che ha rimesso in moto i sistemi progettati per fare soldi vendendo volatilità ed incassando i relativi premi.
Tornando allo S&P 500, dovessero i prezzi consolidare questa area si verrebbe a configurare proprio l'anello mancante per potere considerare come ripartito il trend principale rialzista sul grafico settimanale che notoriamente si occupa di scenari di medio e lungo termine:
Personalmente ritengo ora molto importanti le medie veloci (ma20 e ema20) sia sul giornaliero che sul settimanale.
Queste dovrebbero fare da supporto all'indice e permettergli di consolidare l'area 2700.
In ottica di medio termine, fintanto che i prezzi manterranno il controllo dell'area, in ottica rialzista non dovremmo preoccuparci di quel che accade sul giornaliero.
A questo punto, e finchè lo scenario prospettato non viene violato, nelle praterie dell'azionario americano dovrebbe essere lecito osservare solo tori che pascolano mentre gli orsi dovrebbero ritirarsi strategicamente sulle colline a riorganizzarsi e prepararsi per il prossimo blitz.
Sperando che questa volta si facciano annunciare dall'indebolimento progressivo del quadro tencico e non come successo in questa occasione allorché hanno fatto irruzione in modo rumoroso e non permettendo ad alcuno di correre ai ripari.