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Un altro forte calo delle scorte USA potrà davvero aiutare il prezzo del greggio?

Pubblicato 04.09.2019, 15:42

Era l’ultima cosa che persino i tori del greggio più accaniti si aspettassero, quindi, quando il calo di 10 milioni di barili è stato annunciato dalla U.S. Energy Information Administration, al posto dei 2 milioni previsti dagli analisti, ha comprensibilmente fatto prendere un colpo ai più convinti short-seller del mercato.

Enormi riduzioni delle scorte di greggio sono comuni nel bel mezzo della stagione di guida estiva. Dal momento che questo è avvenuto verso la fine (nella settimana terminata il 23 agosto), naturalmente ha spinto ad interrogarsi su cosa possa averlo causato, soprattutto quando sui mercati non si parla d’altro che di una domanda debole dovuta allo scontro commerciale USA-Cina e di una potenziale recessione globale.

Con questo calo da 10 milioni di barili, le importazioni di greggio sono scese di oltre un milione di barili al di sotto dei soliti 6 milioni, confermando la teoria di un rallentamento. Tuttavia, la riduzione di 2 milioni ciascuno delle scorte di benzina e prodotti raffinati e le esportazioni superiori ai 3 milioni cozzano con le voci sui mercati. C’è chi si chiede se le raffinerie non si siano date ad una produzione folle per anticipare l’uragano Dorian, nei timori che potesse dirigersi verso le piattaforme energetiche nella Costa del Golfo USA anziché solo in Florida, dove è poi finito.

Il prossimo calo sarà soddisfacente?

In ogni caso, è ormai letteralmente acqua passata. Ciò che importa al momento è capire se l’EIA annuncerà un’altra riduzione questa settimana, per la settimana terminata il 30 agosto. È quello che si aspettano i mercati, dato che si tratta dell’ultimo fine settimana di viaggi per gli autisti USA, quello culminato nella festa del Labor Day. Se ci sarà una diminuzione, sarà in qualche modo pari all’ultima o almeno “decente”, cioè di un paio di milioni di barili o più come previsto?

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Le riduzioni di greggio di solito cominciano a diminuire a partire dall’inizio di settembre. Ma c’è la possibilità che restino forti per un po’. Ad esempio, nella penultima settimana dell’agosto 2018, l’EIA ha riportato un calo di 5,8 milioni di barili. Nelle quattro settimane successive, le scorte hanno continuato a scendere, con una diminuzione complessiva di 14,2 milioni di barili.

Nel 2017, le diminuzioni delle scorte si sono improvvisamente fermate nell’ultima settimana di agosto prima di tre settimane consecutive di aumenti che hanno aggiunto quasi 15 milioni di barili alle scorte. Ma quasi tutto questo aumento è stato smaltito nelle successive quattro settimane, quando le scorte sono scese ininterrottamente.

Cosa più importante: un eventuale impennata per il calo di greggio potrà durare?

La cosa forse più importante da chiedersi è: quanto un altro forte calo delle scorte aiuterà i prezzi del greggio?

Se l’azione di prezzo dall’ultima pubblicazione dei dati EIA può considerarsi un riferimento, allora la risposta è “molto poco”.

Oil

Il greggio USA West Texas Intermediate è sceso di circa l’1% a 53,64 dollari al barile il 26 agosto, un giorno prima che l’American Petroleum Institute mettesse in guardia i trader dalla possibilità che l’EIA annunciasse un calo di ben 11 milioni di barili.

Dopo il report dell’API e la conferma dell’EIA della maggior parte di quel dato, il WTI è schizzato di circa il 2% in ognuno dei tre giorni seguenti. Poi, con il fine settimana alle porte, è crollato di quasi il 3% quando la Cina ha sorpreso il governo Trump con altri dazi in risposta a quelli introdotti dagli Stati Uniti. I prezzi del greggio hanno continuano a scendere lunedì e martedì nei timori di una recessione.

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All’attestazione di ieri, in vista del prossimo report dell’API, il WTI ha segnato 53,84 dollari, solo 20 centesimi in più rispetto ad una settimana fa.

Questo dimostra che lo scontro commerciale e la recessione la fanno da padrone sul mercato e che persino il più grande calo di greggio USA potrebbe finire per perdersi nel mare di sentimento ribassista che pervade il greggio.

E non sono solo i timori per la domanda a pesare sul prezzo del greggio.

Neanche OPEC e Russia sono d’aiuto

La produzione in eccesso da parte dell’OPEC, nonché il poco rispetto della Russia dei tagli alla produzione promessi al cartello, hanno inasprito il sentimento.

Un sondaggio di Reuters della scorsa settimana ha mostrato che la produzione petrolifera OPEC è aumentata ad agosto per la prima volta nel 2019. Il gruppo di produttori ha estratto 29,61 milioni di barili al giorno il mese scorso, con un incremento di 80.000 barili al giorno da luglio.

Il Ministro del petrolio russo Alexander Novak, da parte sua, venerdì ha ammesso che Mosca non sta onorando i tagli alla produzione concordati, facendo frenare bruscamente l’impennata della scorsa settimana del greggio.

Se, per qualunque motivo, il WTI ed il Brent, il riferimento globale, dovessero scendere sotto i 50 dollari al barile, si potrebbe presumere che l’Arabia Saudita e le forze combinate dell’OPEC faranno qualsiasi cosa per “riequilibrare” il mercato, come ha lasciato intendere il regno un paio di settimane fa. Nonostante lo scivolone di agosto, il cartello ha promesso di eliminare 1,2 milioni di barili dal mercato, sebbene i sauditi stessi ne abbiano spesso eliminato di più.

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Sebbene il greggio possa schizzare sulla scia di tagli sauditi più forti, è probabile che lo scontro commerciale ed i timori di una recessione mantengano il predominio sui mercati. E potremmo quindi assistere ad altre di quelle oscillazioni di mercato che hanno aiutato i trader della volatilità nelle ultime settimane.

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