Come recita l’inno USA, gli americani si considerano gli abitanti della “terra dei liberi”.
Eppure sono resi schiavi del debito come quasi nessun altro paese sulla terra: tra la popolazione un pesante carico d’indebitamento è normale a tutti i livelli.
Secondo quanto pubblicato dalla FED il debito delle famiglie americane nel quarto trimestre del 2014 è spaventoso.
Il cosiddetto debito “non-housing”, ovvero non contratto per accensione di mutui ipotecari, ha raggiunto i 117 miliardi di dollari. In tutto il 2014 è pari a 306 miliardi di dollari.
Dopo sei anni di crisi finanziaria il totale del debito “non-housing” (comprendente quindi il debito contratto dagli studenti per le rette universitarie, leasing per acquisto di autovetture, debito a fronte di carte di credito “revolving” e altre tipologie di prestito) ha raggiunto lo stratosferico ammontare di 3.150 miliardi di dollari a fine 2014.
Se teniamo in considerazione il debito totale privato (ovvero sommando al debito “non-housing” il debito per l’accensione di mutui impotecari – “mortgage”), l’indebitamento USA a fine 2013 raggiunge l’astronomica cifra di 11.800 miliardi di dollari (nel 2008, alla vigilia del collasso della Lehman Brothers, a causa della crisi dei mutui subprime la cifra raggiungeva il suo massimo a 12.700 miliardi di dollari, grafico sotto).
Mentre la FED inietta massa monetaria per illuderci di una possibile ripresa, il costo delle prestazioni sociali del Governo Federale USA ha raggiunto un livello record del 20,6% del reddito disponibile dell’americano medio, rispetto al 15,3% dei livelli ante-crisi nel 2007.
Il Governo USA è intervenuto per “socializzare” le perdite di Wall Street ed è stato necessitato ad ampliare la spesa pubblica per gli ammortizzatori sociali, per affrontare la crisi economico-finanziaria e i suoi effetti dirompenti sulla società americana. Il tutto a detrimento del reddito disponibile dall’americano medio che ha visto un incremento della pressione fiscale a fronte di un’economia in netto declino (grafico sotto, prestazioni sociali a fronte del reddito disponibile).
Il dato che deduciamo dal grafico sotto è indicativo di come “funziona” l’economia e la finanza negli USA; profitti privati e senza fatica per i soloni di Wall Street e socializzazione delle perdite quando le istituzioni finanziarie sono in crisi. Debito permanente per le masse che vedono la loro vita quotidiana peggiorare costantemente tramite posti di lavoro mal retribuiti, a tempo determinato e part-time.
Il grafico rappresenta le vendite delle case dal 1990 al 2015 (linea rossa) e i prezzi medi delle case (linea verde).
Come potete notare, i prezzi medi delle case e le vendite delle stesse tendono a crescere in modo appaiato sino al 2008, anno della grande crisi – poi i prezzi delle case (in verde) e le vendite (in rosso) cominciano a divergere. Crollano le vendite mentre i prezzi crescono!
Come spiegarsi questo fenomeno?
Semplice.
Con la crisi dei mutui subprime il settore immobiliare è entrato in grave crisi, così come il settore finanziario che aveva erogato mutui “a pioggia” anche a quei mutuatari che si sapeva non avrebbero onorato nel tempo il loro debito.
è allora intervenuta la FED, di concerto con Wall Street (e le sue finanziarie) e con il benestare del Dipartimento di Stato. La FED ha rilevato tutte le obbligazioni aventi come “collaterale” (ovvero “a garanzia”) i mutui subprime, ripulendo i bilanci delle istituzioni finanziarie. Il Tesoro USA ha ampliato il debito pubblico tramite emissioni di titoli di stato (acquistati dalla FED e donati alle banche in cambio delle obbligazioni spazzatura di cui sopra) e contenuto il crollo del mercato immobiliare; i mutuatari pignorati non sono riusciti a vendere le loro abitazioni ai prezzi contratti con i mutui, ma le istituzioni finanziarie (tramite le espansioni monetarie della FED) hanno “tappato” tutte le loro perdite. Tutta la liquidità iniettata dalla FED ha poi di nuovo sospinto in alto i prezzi delle case.
Oggi le nuove vendite di case sono inferiori del 65% rispetto al 2005, ma i prezzi medi sono più alti del 20%!
Risultato: i ricchi hanno visto i loro patrimoni immobiliari incrementare di valore; i mutuatari falliti sono finiti per strada infarciti di debiti e ora i giovani, i disoccupati, gli impiegati e operai con bassi redditi non avranno alcuna possibilità di comperare un appartamento a questi prezzi medi a meno che non possano permettersi di “indebitarsi” con il sistema finanziario di cui sopra.
Così l’americano medio vede crescere costantemente la sua dipendenza dal debito “tossico”, ovvero contratto per fare fronte ai “consumi” e non per “investimenti”.
Un sistema che non può reggere. E che di questo passo ci riporterà alla crisi del 2006.
FINE PRIMA PARTE