Allora, Donald Trump sta vincendo lo scontro commerciale con la Cina, almeno dal punto di vista delle materie prime?
Potrebbe sembrare una domanda prematura (se non strana), considerato che la Cina ha appena svalutato la sua moneta. Sarà necessario probabilmente un periodo di tempo considerevole per capire come il governo Trump intende reagire e rispondere a Pechino, sebbene l’impatto sul mercato per gli Stati Uniti nelle ultime 24 ore non sia stato niente di meno di un disastro.
Tuttavia, se avete in testa solo le materie prime come me, probabilmente ve lo starete chiedendo in ogni caso, con il presidente USA che sembra stare ottenendo almeno una delle cose che vuole al momento: un greggio (più) economico.
Ovviamente, potrebbe esserci un premio persino più grande per Trump se dovessero persistere le conseguenze dello scontro commerciale sul mercato delle valute e sui mercati globali e se i timori di una recessione dovessero cominciare ad aumentare: la Federal Reserve potrebbe essere costretta ad intervenire una seconda volta sui tassi e probabilmente con un taglio maggiore entro il mese prossimo, per compensare il movimento dello yuan cinese. Perfino alcuni dei più ardenti sostenitori del presidente, come il famoso commentatore dei mercati energetici Phil Fynn, ritengono che i nuovi dazi del 10% sulle importazioni cinesi, a partire dal 1° settembre, siano pensati per forzare la mano della Fed.
Questo perché il presidente non ha fatto mistero di quanto non gli sia piaciuto il modesto taglio da 25 punti base annunciato dalla Fed il 31 luglio. Anche se qualcuno sperava in un taglio da 50 punti base, non sarebbe stato inconcepibile che il presidente pensasse di riuscire a strappare un taglio di un intero punto percentuale dalla banca centrale sul breve termine, considerate le pressioni che sta facendo sul presidente Jay Powell.
Ma Powell ha praticamente chiuso la porta alla possibilità di altri tagli nel resto dell’anno, descrivendo l’intervento della settimana scorsa un “aggiustamento di metà ciclo” una tantum. “Come al solito, Powell ci ha delusi”, ha twittato il presidente dopo il taglio di 25 punti base. Ieri, gli Stati Uniti hanno definito la Cina un “manipolatore di valute”, aumentando le pressioni sulla Fed affinché proceda con l’allentamento. Trump ha inoltre puntato il dito su Twitter contro Powell, chiedendogli: “Hai sentito, Federal Reserve? Si tratta di una grande violazione che indebolirà fortemente (lo yuan cinese) nel tempo!”
Le materie prime agricole spinte dalla Fed schizzano rispetto a prezzi del greggio più bassi
Un altro taglio della Fed sicuramente potrebbe spingere i prezzi delle materie prime, oltre ai titoli azionari ovviamente, ed in teoria sarebbe una vittoria per le materie prime. Ma un’impennata delle materie prime è davvero quello che vuole il presidente? Certamente i prezzi della soia USA potrebbero stabilizzarsi e persino salire nell’eventualità di un taglio dei tassi. Nonostante l’annuncio della Cina di ieri riguardo alla sospensione delle importazioni di prodotti agricoli USA, i prezzi della soia a Chicago, inizialmente crollati dell’1,6% ai minimi di giugno, hanno poi recuperato chiudendo pressoché invariati. L’idea di un imminente, e forse maggiore, taglio della Fed potrebbe aver aiutato la ripresa. Di nuovo, in teoria, è un bene per Trump in quanto l’80% degli agricoltori aveva votato per lui nel 2016. E se riusciranno ad ottenere prezzi più alti per i loro prodotti sicuramente sarà meglio per lui, anziché dover firmare miliardi di dollari di assegni di sussidi per assicurarsi il loro voto di nuovo nel 2020.
Perciò, sebbene una ripresa dei mercati agricoli sia, idealmente, un bene per Trump, chi conosce il presidente sa anche che la sua materia prima preferita è il greggio.
Il passato ha dimostrato che i prezzi del greggio alti non sono mai buoni per un presidente che punta alla rielezione e a Trump mancano 15 mesi per quello che spera essere il suo secondo mandato.
L’analista del settore energetico di Reuters John Kemp in un articolo della scorsa settimana fa notare che l’aumento del prezzo del greggio USA di riferimento da un minimo di meno di 30 dollari al barile del febbraio 2016 ad oltre 70 dollari del luglio 2018 ha spinto l’economia in Texas, Oklahoma, Nord Dakota ed altri stati produttori. Ma Kemp ha evidenziato anche che la maggior parte di questi stati sono fortemente Repubblicani. Aggiunge:
“Il presidente, di conseguenza, sta prestando molta più attenzione all’impatto dannoso dei prezzi di greggio e benzina più alti per i consumatori negli stati indecisi”.
In passato Trump ha più volte espresso insoddisfazione per come i prezzi del greggio e la produzione venissero controllati dall’OPEC che, tra l’altro, ha esteso fino al marzo 2020 la sua promessa di ridurre la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno.
Greggio più economico d’ora in poi?
Mantenendo in evoluzione i rapporti commerciali con la Cina, il presidente, stranamente, riesce ad ottenere quei prezzi più bassi che voleva per il greggio e, di conseguenza, alle pompe di benzina.
Il greggio West Texas Intermediate è crollato di quasi il 6% dall’inizio di agosto, sebbene continui a segnare un’impennata di circa il 21% sull’anno. Il Brent, il riferimento per il greggio al di fuori degli USA, ha superato il supporto psicologico chiave di 60 dollari al barile ieri.
Dominick Chirichella, direttore del rischio e del trading dell’Energy Management Institute di New York, senza dubbio è dell’idea che il greggio sia destinato ad una resistenza inferiore per via dell’inasprirsi dello scontro commerciale.
Spiega Chirichella:
“Le ultime mosse sia da parte degli Stati Uniti che dalla Cina fanno presagire uno scenario in cui la crescita della domanda di greggio molto probabilmente rallenterà più di quanto sia stato previsto”.
Fa notare che le tre principali agenzie al mondo per l’energia (la statunitense EIA, la parigina AIE e la viennese OPEC) pubblicheranno tutte le loro previsioni mensili sul greggio la prossima settimana e la maggior parte dei partecipanti dei mercati si aspetta che tutte e tre abbassino le letture sulla domanda globale di greggio.
Aggiunge:
“Sul breve termine, riguarda tutto lo scontro commerciale ed il mercato non presta attenzione a nient’altro. Le notizie sul commercio probabilmente saranno il principale fattore per la direzione del prezzo almeno per la prossima settimana circa”.
Potrebbe essere in arrivo un greggio ancor più economico: ieri Bank of America ha affermato che il greggio potrebbe crollare a 30 dollari al barile se la Cina dovesse cominciare a comprare greggio iraniano per controbattere a Trump ed alle sue sanzioni contro Teheran.
Non si sa ancora quanto ciò possa far piacere al presidente, considerata la sconfitta da parte dei due rivali, a prescindere dal greggio più economico che potrebbe ottenere.