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Volatile equilibrio e... voti indicativi

Pubblicato 27.03.2019, 09:37

Il mercato ha trovato una volatile stabilità nel arrovellarsi intorno a questa domanda: l’atteggiamento accomodante delle banche centrali (un tema centrale partito dalla virata della Fed a cavallo del nuovo anno) è una notizia positiva o negativa? Ci troviamo su un confine molto sottile tra il famoso Goldilocks (Fed e ECB super-dovish in un contesto di crescita ragionevole e bassa inflazione) e una situazione in cui il quadro macro possa apparire in rapido deterioramento al cospetto di banche centrali che hanno già giocato le proprie carte migliori. Brent Donnelly di HSBC riassume bene il dilemma: “Goldilocks vs End of the Dream”. Come sapete la mia inclinazione è più verso il secondo scenario ma la convinzione direzionale sugli asset rischiosi è bassa di fronte al dominio dei flussi ‘passivi’.

Blackout vs acquisti passivi. Mentre da un lato sta iniziando la fase dei black-out sugli acquisti di azioni proprie con le trimestrali alle porte (un fattore negativo ricorrente per i mercati azionari), dall’altro strategie risk parity(che vengono indicate come già abbastanza vicino ai limiti di esposizione) e fondi a volatilità target (che avrebbero ancora spazio) continueranno a comperare se la volatilità rimarrà controllata (a maggior ragione con i disastri natalizi che escono dalla tipica finestra ‘rolling’ degli ultimi 3 mesi di price-action). Occorre rimanere con gli occhi sulla palla, rappresentata dai dati economici. Dal momento che nuove informazioni significative riguardanti il polso della congiuntura arriveranno solo settimana prossima (PMIs di marzo e Payrolls US), posso continuare ad appestarvi con la saga-Brexit. Qualcuno si è lamentato che se ne parla troppo spesso su queste pagine. Mi spiace, ma io la trovo una situazione interessante e la sua analisi intellettualmente stimolante. Per cui a chi fosse venuta a noia può passare,oggi,a leggere altro...

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S&P

Brexit: "i voti indicativi". Oggi il Parlamento inglese cercherà di uscire dall’impasse in cui si è infilato. Come è ormai apparso evidente nei due precedenti tentativi di ratifica,l’accordo raggiunto dal Primo Ministro con Bruxelles non ha la maggioranza. D’altro canto non esiste apparentemente una maggioranza nemmeno per altre soluzioni praticabili (i.e. accettabili poi dall’Unione), si tratti di un accordo di uscita differente, di una revoca dell’articolo 50 (rinuncia all’uscita), di un nuovo referendum, di una richiesta di rinvio lungo della scadenza (con partecipazione alle elezioni di maggio come stato membro). Ovviamente non esiste una maggioranza neanche per la temuta uscita senza accordi ma questa rimane l’esito automatico in mancanza di un sostegno maggioritario per una soluzione differente. È ''teoria dei giochi ai massimi livelli: gruppi non maggioritari perseguono la loro opzione ideale (o migliore) fino all’ultimo, anche rischiando un esito pessimo (peggiore di un esito intermedio) per i loro interessi ed evitando il compromesso, se ritengono che la loro opzione preferita abbia delle possibilità di successo. Bisogna quindi sparigliare le carte, ridurre le opzioni, dare maggiore linearità all’albero decisionale al fine di spingere gruppi minoritari a coordinarsi tra loro per provare a sbloccare una soluzione di compromesso.

Brexit

Il voto di oggi. Questo si tenterà di fare con gli "indicative votes" promossi dall’emendamento Letwin, vittorioso con 329 a 302 voti a favore lunedì sera (un emendamento simile era stato sconfitto di soli 2 voti una settimana prima). Vediamo come dovrebbe funzionare questo processo. Alcuni dettagli procedurali verranno chiariti solo nella giornata di oggi.

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- Tutti i deputati possono proporre delle mozioni su cui il Parlamento si dovrà esprimere. Lo speaker John Bercow sceglierà (verso le 4 pm CET) quelli giudicati più idonei a far emergere un consenso verso una soluzione/indirizzo d’azione. L’ipotesi base, stando alle indiscrezioni, è che vengano scelti tra i 4 e i 7 quesiti.

Questi i più probabili:

a) no-deal;

b) trattato stile-CETA (simile all’accordo da poco siglato tra Europa e Canada);

c) estensione lunga dell’art.50 (con partecipazione alle elezioni di maggio e al budget) ;

d) PM May deal + Unione Doganale;

e) Unione Doganale + Mercato Comune (a cui spesso ci si riferisce come Norway+o Norway 2.0);

f) secondo referendum;

g) revoca dell’art.50 (no Brexit).

- Non si sa se ai parlamentari verrà data un’indicazione di partito o verranno lasciati liberi di scegliere.

- Le schede conterranno la lista di quesiti selezionati dallo speaker e per ognuno i membri del Parlamento dovranno scegliere Si/No con una votazione che dovrebbe aver inizio verso le 8 pm e concludersi intorno alle 9:30 pm (sempre considerando il nostro fuso orario).

- Il voto sarà palese: è richiesta la compilazione nominativa della scheda.

Brexit

.... Tante opzioni...nessuna maggioranza...

Scenari. Credo sia altamente improbabile che scenari estremi come il no-deal da un lato, la richiesta immediata di un referendum o addirittura le revoca dell’art.50 dall’altro possano raccogliere un numero significativo di voti, benché meno una maggioranza. La parte più interessante sarà capire se una delle varie declinazioni di accordo proposte, tutte più "soft" di quanto attualmente sul tavolo (accordo-May), tranne forse il modello simil-Canada,possa coagulare un numero di consensi sufficientemente vicino alla maggioranza per cui valga la pena di orientare il dibattito in quella direzione. Se non lo fosse (il che resta dal mio punto di vista lo scenario base) avrebbe senso per Theresa May fare un terzo e ultimo tentativo di ratifica con il cosiddetto "meaningful vote"(MV3) per il suo accordo. Un supporto forte per una soluzione implicante il ricorso a una Custom Union(softer Brexit) rappresenterebbe un vero e proprio colpo di mano. Il coalescere di una potenziale maggioranza per un’uscita ‘soft’ non potrebbe infatti che avvenire attorno ai voti dell’opposizione laburista. Se il Parlamento indicasse una strada di questo tipo, è molto incerto quale potrebbe essere la reazione del governo. Raccogliere il messaggio e farsi mero esecutore di un volere parlamentare è un’ipotesi ma vorrebbe dire contravvenire al manifesto governativo/conservatore (“no custom union and no single market”) e, con ogni probabilità,chiedere un'estensione lunga all’Europaper mettere mano alla parte programmatica (dichiarazione politica sugli assetti futuri) dell’accordo di uscita. La conseguenza sarebbe politicamente davvero poco allettante: l’obbligo di partecipare alle elezioni europee e di fornire i contributi al budget per un altro periodo. In una situazione simile Theresa May potrebbe rifiutarsi di portare avanti un simile mandato (che ricordiamo è ‘indicativo’ e non obbligatorio) preferendo un no-deal o le dimissioni (e elezioni anticipate) oppure di incassare la sfiducia parlamentare (anche questa porterebbe quasi certamente a elezioni anticipate). Una domanda importante da porsi (e da continuare a porsi nei prossimi giorni con la situazione in costante divenire) è se l’accordo May abbia ancora delle possibilità di passare (teoricamente entro il 29, se si prendono alla lettera le deliberazioni dell’ultimo Consiglio Europeo, ma immagino un’estensione alle due settimane che arrivano al 12 aprile sia possibile se ci sono possibilità concrete di ratifica). Ieri le dichiarazioni di un punto di riferimento dell’ European Research Group ( i Brexiteers più oltranzisti ) come Jacob Rees-Mogg avevano fatto sperare che qualcosa si muovesse in favore di Theresa May (“Leaving the European Union, even leaving it inadequately and having work to do afterwards, is better than not leaving at all” ). Poi però è arrivata la doccia fredda del DUP (i 10 deputati ‘unionisti’ da sempre ago della bilancia per il governo May) che ha ribadito in un op-ed la sua ferma opposizione all’accordo di uscita (ovviamente a causa della backstop irlandese). Nel loro caso lo spauracchio delle elezioni anticipate ancora non sta forzando un ammorbidimento, per ora. Vedremo se qualcosa cambierà nei prossimi giorni. Intanto pare che Theresa May, in un discorso oggi pomeriggio (pre-voto) al comitato conservatore (il cosiddetto 1922 Committee), servirà ai dissidenti la sua stessa testa nella forma di un’offerta di dimissioni a tempo, dopo essere riuscita eventualmente a portare a casa il risultato di un’uscita ordinata.

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