Investing.com – I futures del petrolio sono andati sotto pressione nel corso della mattinata europea, scendendo al livello più basso da novembre nel timori di una possibile uscita della Grecia dalla zona euro che ha spinto gli investitori a scegliere asset a più alto rischio in vista di un summit dei leader europei che avrà inizio nel corso della giornata.
L’allentarsi dei timori sull’eventuale interruzione delle forniture iraniane ed i timori sulla crescita della domanda hanno pesato sui prezzi.
Sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a luglio sono stati scambiati a 91,17 dollari al barile, durante la mattinata europea, in calo dello 0,75%.
Precedentemente il prezzo era sceso dell’1,1%, a 90,86 dollari al barile, il minimo dal novembre.
Il sentimento dei mercati è stato colpito dalle dichiarazioni del primo ministro greco Lucas Papademos, il quale ha affermato che non ci sono
altre alternative, se non quelle di accettare un severissimo piano di austerità o di affrontare una pericolosa uscita dalla zona euro, un rischio reale.
Intanto gli investitori restano cauti in vista del vertice UE, nei timori di una spaccatura tra il neopresidente francese Francois Hollande – sostenitore delle misure orientate alla crescita – e le misure pro-austerity della Germania.
Dall’inizio di marzo la situazione in Grecia sta pesando sui mercati azionari e delle materie prime. I prezzi NYMEX sono scesi di quasi il 14% nelle ultime 3 settimane.
Gli operatori restano cauti in vista del vertice UE di mercoledì, nella speranza che i leader europei possano trovare l’accordo su delle misure orientate alla crescita della fiducia nel blocco della moneta unica.
I prezzi energetici sono andati sotto ulteriore pressione dopo che il capo dell'agenzia Onu per il nucleare ha dichiarato ieri di aver raggiunto un accordo con l’Iran, sospettato di lavorare su nuove armi nucleari, aumentando la prospettiva di una risoluzione del conflitto sulla questione.
Nel corso della giornata, l'Iran terrà colloqui con gli Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina, Russia e Germania a Baghdad.
I timori sulla situazione economica globale hanno mantenuto i prezzi al ribasso. La Banca Mondiale ha tagliato le sue previsioni di crescita economica per la Cina quest’anno al 8,2% dal 8,4% e ha esortato a fare affidamento su una politica fiscale più semplice per stimolare i consumi piuttosto che sugli investimenti dello Stato per spingere l’attività.
La Cina è il secondo consumatore mondiale di petrolio, e dopo gli USA, rappresenta il motore principale che traina la crescita della domanda. Un calo della domanda dalla nazione asiatica, la seconda potenza mondiale, inficerebbe la crescita mondiale, già altalenante per via delle misure di austerità UE.
Intanto i traders del petrolio attendono il report settimanale della US Energy Information Administration sulle scorte statunitensi di greggio e prodotti raffinati per misurare la forza della domanda di petrolio del principale consumatore di petrolio mondiale.
Si prevede che il rapporto dimostrerà che le scorte di petrolio greggio degli Stati Uniti sono aumentate di 1 milione di barili la scorsa settimana, al livello più alto dall’agosto 1990, accendendo i timori per un eventuale calo della domanda USA.
Dopo la chiusura dei mercati di ieri, l’American Petroleum Institute ha dichiarato che le scorte greggio USA sono aumentate di 1,48 milioni di barili la scorsa settimana, a contro le aspettative di un aumento di 0,95 milioni di barili.
Gli USA sono il primo consumatore mondiale di petrolio, e rappresentano il 22% della domanda globale.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a luglio sono scesi dell’1%, a 107,35 dollari al barile, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 16,18 dollari al barile.
Il Brent, il benchmark europeo, è quasi il 15% al di sotto del massimo intraday 128,38 toccato il 1° marzo.
Una perdita potenziale di forniture di petrolio iraniano ha contribuito a sostenere i forti aumenti dei prezzi del petrolio nella conclusione dello scorso anno e nel primo trimestre di quest’anno.
Ma i colloqui tra l’Iran le grandi potenze sulle ambizioni nucleari di Teheran, insieme all’aumento della produzione dell’Arabia Saudita e della Libia e dei segni di rallentamento della crescita economica statunitense e sull’occupazione, hanno spinto i prezzi del petrolio verso i massimi del primo trimestre.
L’allentarsi dei timori sull’eventuale interruzione delle forniture iraniane ed i timori sulla crescita della domanda hanno pesato sui prezzi.
Sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a luglio sono stati scambiati a 91,17 dollari al barile, durante la mattinata europea, in calo dello 0,75%.
Precedentemente il prezzo era sceso dell’1,1%, a 90,86 dollari al barile, il minimo dal novembre.
Il sentimento dei mercati è stato colpito dalle dichiarazioni del primo ministro greco Lucas Papademos, il quale ha affermato che non ci sono
altre alternative, se non quelle di accettare un severissimo piano di austerità o di affrontare una pericolosa uscita dalla zona euro, un rischio reale.
Intanto gli investitori restano cauti in vista del vertice UE, nei timori di una spaccatura tra il neopresidente francese Francois Hollande – sostenitore delle misure orientate alla crescita – e le misure pro-austerity della Germania.
Dall’inizio di marzo la situazione in Grecia sta pesando sui mercati azionari e delle materie prime. I prezzi NYMEX sono scesi di quasi il 14% nelle ultime 3 settimane.
Gli operatori restano cauti in vista del vertice UE di mercoledì, nella speranza che i leader europei possano trovare l’accordo su delle misure orientate alla crescita della fiducia nel blocco della moneta unica.
I prezzi energetici sono andati sotto ulteriore pressione dopo che il capo dell'agenzia Onu per il nucleare ha dichiarato ieri di aver raggiunto un accordo con l’Iran, sospettato di lavorare su nuove armi nucleari, aumentando la prospettiva di una risoluzione del conflitto sulla questione.
Nel corso della giornata, l'Iran terrà colloqui con gli Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina, Russia e Germania a Baghdad.
I timori sulla situazione economica globale hanno mantenuto i prezzi al ribasso. La Banca Mondiale ha tagliato le sue previsioni di crescita economica per la Cina quest’anno al 8,2% dal 8,4% e ha esortato a fare affidamento su una politica fiscale più semplice per stimolare i consumi piuttosto che sugli investimenti dello Stato per spingere l’attività.
La Cina è il secondo consumatore mondiale di petrolio, e dopo gli USA, rappresenta il motore principale che traina la crescita della domanda. Un calo della domanda dalla nazione asiatica, la seconda potenza mondiale, inficerebbe la crescita mondiale, già altalenante per via delle misure di austerità UE.
Intanto i traders del petrolio attendono il report settimanale della US Energy Information Administration sulle scorte statunitensi di greggio e prodotti raffinati per misurare la forza della domanda di petrolio del principale consumatore di petrolio mondiale.
Si prevede che il rapporto dimostrerà che le scorte di petrolio greggio degli Stati Uniti sono aumentate di 1 milione di barili la scorsa settimana, al livello più alto dall’agosto 1990, accendendo i timori per un eventuale calo della domanda USA.
Dopo la chiusura dei mercati di ieri, l’American Petroleum Institute ha dichiarato che le scorte greggio USA sono aumentate di 1,48 milioni di barili la scorsa settimana, a contro le aspettative di un aumento di 0,95 milioni di barili.
Gli USA sono il primo consumatore mondiale di petrolio, e rappresentano il 22% della domanda globale.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a luglio sono scesi dell’1%, a 107,35 dollari al barile, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 16,18 dollari al barile.
Il Brent, il benchmark europeo, è quasi il 15% al di sotto del massimo intraday 128,38 toccato il 1° marzo.
Una perdita potenziale di forniture di petrolio iraniano ha contribuito a sostenere i forti aumenti dei prezzi del petrolio nella conclusione dello scorso anno e nel primo trimestre di quest’anno.
Ma i colloqui tra l’Iran le grandi potenze sulle ambizioni nucleari di Teheran, insieme all’aumento della produzione dell’Arabia Saudita e della Libia e dei segni di rallentamento della crescita economica statunitense e sull’occupazione, hanno spinto i prezzi del petrolio verso i massimi del primo trimestre.