Di Mauro Speranza
Investing.com – Prosegue il rialzo dei prezzi del petrolio con il greggio che torna sopra quota 50 dollari al barile e il Brent che sale oltre i 54 dollari, entrambi in crescita dell’1%. Il WTI, dunque, lascia i suoi minimi da 13 mesi, ma resta a livelli inferiori rispetto all’inizio della crisi del coronavirus che aveva innescato una corsa al ribasso, passando in un mese dai 62 ai 50 dollari attuali.
Il rialzo sta sostenendo i titoli petroliferi europei, guidato da Technip (PA:FTI) (+2,70%), con in scia Saipem (MI:SPMI), Saras (MI:SRS) e BP (LON:BP) con un +1%, mentre restano nettamente sopra la parità Galp (LS:GALP), Shell (LON:RDSa), Total (PA:TOTF), Eni (MI:ENI), Tenaris (MI:TENR) e Repsol (MC:REP).
Si tratta di un recupero per il petrolio che, però, “potrebbe durare poco”, spiega Margaret Yang market analyst presso CMC Market, a causa della “probabilità che la domanda cinese di energia rimanga debole a breve termine, a causa dell’impatto del virus”.
La diffusione del virus, infatti, sembra non arrestarsi e dopo aver superato le mille vittime, bisognerà attendere forse “metà febbraio o addirittura fine mese per toccare il picco massimo”, secondo quanto dichiarato dal principale consulente medico del governo cinese sull’epidemia in corso, l’epidemiologo Zhong Nanshan.
La “tempesta perfetta”
Proprio il coronavirus potrebbe non cedere la sua caratteristica di “principale fattore ribassista” per il greggio, spiega Gaurav Sharma su un articolo pubblicato su Forbes, in quanto rappresenta “la tempesta perfetta che farà scendere i prezzi sotto i 30 dollari”.
Sul ruolo del virus sul ribasso dei prezzi si erano pronunciati sia Mood’ys che Warren Pies, analista di Ned Davis Sesearch, entrambi definendolo il “Cigno Nero” del petrolio, ovvero un un evento non previsto, ma che ha effetti rilevanti.
“Pechino ha messo in quarantena milioni di persone, prolungato le vacanze di Capodanno cinese e chiuso uffici, fabbriche, cantieri navali, centri commerciali, cinema e altri luoghi pubblici”, spiega Sharma, sottolieando che queste decisioni “ridurranno la domanda della Cina, almeno nel primo trimestre, del 18-25%”.
La diminuzione della domanda di petrolio potrebbe espandersi a livello globale, rendendo tutte le vecchie proiezioni “inutili e il 2020 può diventare un anno di crescita della domanda insignificante se non addirittura in possibile declino”, prevede Sharma.
Sostegno dai tagli alla produzione?
Un ruolo nel sostenere i prezzi potrebbe essere giocato dall’Opec+ insieme alla Russia, ma gli esperti restano scettici sulla possibilità di realizzare davvero un piano di riduzione dell’offerta.
Edward Moya, senior market analyst di Oanda, descrive l’Opec+ come “intrappolata in una modalità wait-and-see” mentre “la Russia può farcela con un petrolio a 40 dollari e, di conseguenza, potrebbe non essere così ansiosa di raggiungere un accordo con gli altri membri dell’Opec+ nel decidere a favore di un altro taglio di 600.000 barili al giorno”.
I produttori, quindi, potrebbero non essere così efficaci nel calmare i forti venti ribassisti che hanno soffiato per cinque settimane consecutive di calo dei prezzi del petrolio”, conclude Sharma.