MILANO (Reuters) - Per il prodotto interno lordo italiano si prospetta quest'anno una crescita modesta ma a ritmo lievemente meno pigro rispetto alle proiezioni precedenti, destinata a ulteriore consolidamento nel corso del 2016 grazie un piano di riforme "ambizioso e di ampio respiro".
Essenziale però - e a questo va messo in relazione il rischio al ribasso individuato dall'Ocse - la rapida e piena messa a punto delle riforme strutturali che migliorino la competitività e rilancino la crescita della produttività.
E' il quadro tratteggiato dall'ultimo rapporto monografico sull'Italia a cura dell'organizzazione parigina, corredato da una lunga lista di raccomandazioni sul piano delle riforme istituzionali, del mercato del lavoro e delle sfide di bilancio e finanziarie.
Rispetto all'Economic Outlook pubblicato a fine novembre, l'Ocse ritocca al rialzo di due decimi la proiezione sulla crescita 2015 - 0,4% da 0,2% - e di tre quella sull'anno prossimo, che passa a 1,3 da 1,0%. L'Ocse si colloca così per il 2015 al di sotto delle previsioni di Commissione europea, Banca d'Italia e Confindustria. Mentre le indicazioni ufficiali del governo, inviate a Bruxelles dopo la legge di Stabilità, prevedono per quest'anno un +0,6% e per il prossimo +1%.
"In passato, molti progetti validi di riforma non sono stati pienamente attuati, impedendo in tal modo all'economia di beneficiare interamente dei loro effetti. Il governo si sta quindi concentrando sui cambiamenti del quadro politico-istituzionale e del sistema giudiziario per rimuovere i precedenti ostacoli all'attuazione delle riforme" commenta il rapporto.
Molto bene dunque il programma di Matteo Renzi, a patto che dalle parole si passi rapidamente ai fatti.
"Se pienamente attuate, [le riforme] potrebbero incrementare un incremento del Pil pari a 6% entro i prossimi dieci anni. () Eventuali ritardi o un'attuazione incompleta ne ridurrebbero i benefici".
Per i prossimi cinque anni l'Ocse ascrive un 1,5% alla riforma del mercato dei prodotti, un 1,0% a quella del mercato del lavoro (0,6% Jobs Act e 0,3% cuneo fiscale), uno 0,4% dalla riforma del sistema fiscale e uno 0,6% da quella di pubblica amministrazione e giustizia.
Per passare al capitolo finanza pubblica, sempre se paragonate alle proiezioni di fine novembre migliorano in percentuale rispetto al Pil le indicazioni sul deficit - 2,7% da 2,8% per il 2015 e 1,8% da 2,1% per l'anno prossimo - ma non quelle sul debito, congelate a 132,8% per quest'anno e 133,5% per il 2016. Governo, Commissione Ue e Fondo monetario internazionale prospettano invece nelle ultime proiezioni per l'anno prossimo un leggero decumulo della montagna del debito pubblico.
"Con il bilancio strutturale in pareggio già nel 2014, l'Italia ha raggiunto il punto necessario a ridurre il rapporto debito/Pil nel medio termine. Una volta chiuso il divario tra prodotto effettivo e potenziale, e imboccata la strada della crescita, il debito si ridurrà stabilmente, raggiungendo il 60%
del Pil subito dopo il 2030" si legge ancora nel rapporto monografico.
(Alessia Pè)