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Bce, Fed e Boe: tassi alti e fermi. Ma chi taglierà per primo?

Pubblicato 02.02.2024, 13:25

Investing.com – Dopo la Bce, anche Fed e Boe hanno deciso di mantenere i tassi alti e fermi. L’esito delle prime riunioni dell’anno era scontato, tuttavia l’attenzione degli investitori si è concentrata sul tono usato nelle dichiarazioni di politica monetaria. Tutte e 3 le banche centrali hanno cercato, ognuna a modo loro, di raffreddare le attese dei mercati che spingono per un taglio già a marzo. Ma allora, per come stanno oggi le cose e al netto di shock imprevisti, chi mollerà la presa per primo?

L’allentamento Fed inizierà nella seconda parte dell’anno

Secondo Mark Dowding, fixed income cio di RBC BlueBay AM “il percorso più probabile per i tassi statunitensi sia l'inizio dell'allentamento da parte della Fed nella seconda metà di quest'anno, poiché ci aspettiamo che i dati rimangano solidi nei prossimi mesi, dato l'attuale slancio dell'economia”. Tuttavia, avverte l’esperto, “la nostra fiducia nella comprensione della funzione di reazione della Fed è più incerta in questo momento rispetto al passato, e quindi per il momento non abbiamo una visione forte sui tassi USA”.

Un altro punto che vale la pena sottolineare per l’analista è “che secondo la convinzione comune la politica monetaria tende a salire le scale e scendere usando l'ascensore. Ciò potrebbe far pensare che una volta che la Fed inizierà a tagliare, i tassi scenderanno in modo significativo in un breve lasso di tempo. Ma questo è il tipo di comportamento che si avrebbe nel caso in cui l'economia subisse un brusco rallentamento (un atterraggio duro) o se si verificasse un brusco crollo dei mercati finanziari.

Se invece avremo un atterraggio morbido, qualsiasi ciclo di allentamento potrebbe essere molto più superficiale e di breve durata. In base ai precedenti dei cicli di allentamento, potrebbe facilmente accadere che i tagli cumulativi dei tassi ammontino a 100 pb o meno prima del prossimo rialzo, in un momento successivo”. Riassumendo, un tempo si sarebbe detto: “non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”.

Ma d’altra parte, suggerisce Dowding, “riteniamo che, laddove i mercati si arroccassero troppo sulla conclusione che i tassi sono in procinto di tornare alle norme pre-pandemiche, ciò potrebbe rappresentare un'opportunità per adottare una visione opposta”.

Per quanto riguarda l’Europa, invece, i recenti commenti dei policymaker della Bce sono stati più dovish. “Si ha sempre più l'impressione che la crescita, oltre all'inflazione, sia ora la preoccupazione più diffusa sotto la presidenza Lagarde”, osserva il gestore. “Con l'inflazione in calo – prosegue -, questo potrebbe suggerire che la Bce sia pronta a ridurre i tassi ad aprile”. Anche qui, però, i mercati dovrebbero avere più calma. “Siamo ancora propensi a prevedere un numero di tagli dei tassi inferiore a quello previsto dai mercati – puntualizza l’esperto -, anche se riteniamo che sia sempre più probabile che la BCE inizi a ridurre i tassi prima della Fed”.

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Le difficoltà della Boe

Dunque, per Dowding, la classifica è presto fatta: prima Bce poi Fed e per ultima la Boe.

“Nel Regno Unito – argomenta -, riteniamo che la prospettiva di un allentamento monetario sia più lontane. L'inflazione rimane vicina al 5% e gli aumenti salariali da prima pagina continuano a dimostrare la tenuta del mercato del lavoro, nonostante un contesto economico in sordina. Nel frattempo, con il governo Sunak pronto a tagliare le tasse a marzo, è probabile che questo neghi ogni possibilità di allentamento della politica monetaria”.

In questo contesto, commenta Dowding, “il messaggio della BoE è risultato chiaro: la disinflazione sta progredendo, ma è troppo presto per dichiarare vittoria. Anche secondo le sue stesse previsioni, l'inflazione complessiva sarà vicina al 2% in estate, ma dovrebbe risalire verso il 3% entro la fine dell'anno: un risultato inferiore agli standard della Banca, che prevedono un'inflazione del 2% su base "sostenibile". In sostanza, con buona pace dei mercati, c’è il rischio che nel Regno Unito i tassi non scendano per un po’ “la BoE – prevede Dowding - avrà difficoltà ad approvare un taglio nel 2024, nonostante le mosse di politica monetaria intraprese altrove”.

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Anche per Moneyfarm Bce prima a tagliare

Sulle difficoltà della Boe concorda anche Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm che sottolinea come oltremanica l’inflazione sia calata ma ancora al 4%. Motivo per cui, nonostante la fibrillazione degli investitori, “il momento per tagliare i tassi non sembra ancora arrivato”.

Come previsto, la Banca d’Inghilterra – sulla scia della decisione della Fed di mercoledì – ha mantenuto invariato il tasso sulla sterlina al 5,25%, nonostante negli ultimi tempi si fosse dichiarata più possibilista della sua omologa statunitense riguardo all’eventualità di un taglio dei tassi.

Il Comitato di Politica Monetaria ieri si è mostrato diviso: un membro ha votato per un taglio dei tassi, due membri per un aumento e la maggioranza si è dichiarata favorevole allo stop”, ricorda Flax secondo cui “Il fatto che le opinioni dei policymaker siano così in contrasto tra loro dimostra che la BoE ha ancora davanti a sé diversi ostacoli”.

La linea della BoE è condivisa anche dalla BCE, la quale ha dichiarato che, prima di poter pensare a un taglio dei tassi, la priorità resta quella di riportare l'inflazione entro il 2%. “Dopo l’aumento a sorpresa registrato lo scorso dicembre (+2,9% rispetto al +2,4% di novembre), i dati preliminari di gennaio hanno mostrato un leggero calo dell’inflazione complessiva al 2,8%, in linea con le attese. Nel frattempo – analizza Flax -, l'inflazione core è scesa al 3,3% a gennaio dal 3,4% di dicembre, rispetto al 3,2% previsto”.

I dati parlano chiaro: “la BCE è più vicina del Regno Unito al traguardo del 2% e quindi potrebbe battere sul tempo la BoE nella lotta all’inflazione e optare prima per un taglio dei tassi”, ragiona l’investitore.

A sua volta, la Federal Reserve, nel corso della riunione di mercoledì, ha mantenuto invariati i tassi di interesse per la quarta volta consecutiva, fermi tra il 5,25% e il 5,5%. Anche la banca centrale americana ha rinnovato il suo impegno a raggiungere il traguardo di un’inflazione al 2%, “per cui un cambio di policy appare attualmente prematuro”. Tuttavia, conclude Flax, “rispetto ai loro predecessori, i policymaker di oggi sembrano più orientati alla prudenza, intenzionati ad aspettare che l’obiettivo sia praticamente in vista prima di iniziare a tagliare i tassi. D’altra parte, considerata la crescita ancora robusta dell’economia statunitense, il rischio di tenere i tassi più alti più a lungo sembra al momento relativamente basso”.

Insomma, per i due esperti sembrano esserci pochi dubbi: alla fine Christine Lagarde sarà costretta e svelare le carte e, tra inflazione in calo e rallentamento economico, la Bce sarà la prima a tagliare.

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