Di Geoffrey Smith
Investing.com - Una crisi energetica sta facendo suonare campanelli di allarme in tutta Europa. Può spegnerli Vladimir Putin? E, soprattutto, vuole farlo?
I prezzi del gas naturale e dell’elettricità stanno andando alle stelle per via di una serie di fattori, minacciando di soffocare una fragile ripresa economica limitando le forniture di energia e prosciugando i portafogli dei consumatori.
I prezzi spot dell’energia elettrica nel Regno Unito hanno superato le 400 sterline (552 dollari) per megawatt/ora lunedì, mentre i futures di ottobre del gas naturale sull’EEX in Germania sono schizzati del 50% da inizio agosto al record di 61,09 euro/MWh.
Le cause sono numerose: i vecchi giacimenti nel Mare del Nord britannico hanno subìto lunghe sospensioni per manutenzione imprevista quest’anno; Groningen, il giacimento olandese più grande d’Europa, è stato chiuso definitivamente per rischio terremoti; l’impennata dei prezzi del carbone ha incoraggiato i produttori di energia a bruciare gas anziché carbone praticamente a qualsiasi prezzo; la domanda di gas industriale è stata più forte del previsto per via di politiche di stimolo che hanno supportato i consumi domestici, mentre una primavera fredda ha fatto sì che le famiglie tenessero i riscaldamenti accesi più del solito. E come se non bastasse, il Regno Unito ha visto una grave stretta delle forniture, in quanto delle impreviste sospensioni di energia nucleare sono coincise con un inatteso calo della disponibilità di energia eolica.
Per le famiglie, in particolare, è uno scenario da incubo. Le bollette dell’energia stanno schizzando alle stelle proprio mentre i governi cominciano a chiudere i programmi a sostegno dell’occupazione che hanno impedito i licenziamenti negli ultimi 18 mesi.
In tutta Europa, i governi cominciano ad andare nel panico. Lunedì, il Primo Ministro spagnolo Pedro Sanchez ha annunciato che taglierà 1,4 miliardi di euro (1,7 miliardi di dollari) di tasse sulle bollette dell’energia e che stornerà altri 650 milioni di euro di profitti “in eccesso” dalle società energetiche. Le azioni delle due maggiori società del paese, Endesa (MC:ELE) ed Iberdrola (MC:IBE), sono crollate rispettivamente del 5,4% e dell’1,9%. Intanto, il Ministro delle Finanze francese ha accennato ad un aumento del credito per le bollette energetiche domestiche che costa già circa 800 milioni di euro all’anno.
Tempismo perfetto, si potrebbe dire, perché la Russia apra i rubinetti del suo progetto di esportazione del gas nuovo di zecca: il condotto Nord Stream 2, in grado di trasportare 55 miliardi di metri cubici (1,93 mila miliardi di piedi cubici) di gas all’anno direttamente dalla Russia alla Germania sotto il Mar Baltico.
Gazprom (MCX:GAZP), l’operatore, la scorsa settimana ha annunciato di aver finalmente completato una condotta che era in sospeso da anni. Ad agosto aveva dichiarato di poter spedire 5,6 miliardi di metri cubici già quest’anno.
Ma difficilmente le cose andranno tanto velocemente. Prima di poter iniziare, il gasdotto deve essere prima testato, in caso ci fossero perdite o altri problemi di sicurezza. Deve essere certificato da una compagnia qualificata a livello internazionale. Solo allora potrà avere il permesso definitivo di operare da parte del Bundesnetzagentur, l’ente regolatore delle infrastrutture tedesco.
E sarà complicato, perché le precedenti sanzioni degli USA per fermare il Nord Stream 2 hanno spaventato tutti i probabili candidati alla gara d’appalto per questo lavoro, come Baker Hughes e la norvegese DNV GL. Un accordo tra la Cancelliera tedesca uscente Angela Merkel ed il Presidente USA Joe Biden all’inizio dell’estate non ha risolto questo problema legale.
Sentendo che il tempo è dalla loro parte, il Cremlino e Gazprom sono contenti di lasciare che l’UE cuocia nel proprio brodo. Le spedizioni in estate, quando le utenze solitamente fanno il pieno di gas in scorta, sono state minori del solito e gli europei sono scettici circa le affermazioni della Russia che ciò sia stato dovuto solamente a problemi tecnici. Di conseguenza, il continente sta entrando nella stagione di picco solo con 76 bcm di gas in magazzino, il 18% in meno della media quinquennale, secondo i dati di Celsius Energy.
E Mosca sarà anche felice del fatto che gli Stati Uniti, dopo aver spinto così tanto per far dipendere l’Europa dalle loro esportazioni di GNL, ora non riescano ad aumentare le forniture proprio quando l’Europa ne ha più bisogno, per via dell’uragano Nicholas che ha sconvolto le operazioni dei terminal a Houston.
Niente di tutto questo condanna automaticamente i mercati del gas europei ad un intero inverno di carenze e prezzi che costringano le fabbriche alla chiusura. L’inverno potrebbe essere più mite del previsto. I giacimenti britannici si stanno già riprendendo. Il Bundesnetzagentur potrebbe concedere un permesso temporaneo alle spedizioni se ritenesse che le scorte energetiche tedesche sono in pericolo. Anche sul medio termine, l’Agenzia Internazionale per l’Energia ammette che la crescita della domanda rallenterà nei prossimi tre anni e sarà facilmente coperta da nuovi progetti di esportazione in Medio Oriente e, appunto, Russia.
Ma questo problema mette in evidenza il fatto che l’Europa, in quanto grande importatore netto di energia, ora è ancor più vulnerabile di prima agli shock della domanda, in conseguenza di una serie di scelte politiche dello scorso decennio: l’accelerazione della progressiva eliminazione dell’energia nucleare in Germania, il giro di vite sui combustibili fossili nelle nuove direttive UE e, non da ultimo, le aggressive azioni dell’antitrust contro Gazprom negli ultimi anni che hanno spinto il colosso russo a voler dare una lezione all’Europa sulla sicurezza energetica. Nessuno di questi problemi sparirà nell’immediato futuro.