Investing.com - La politica delle banche centrali e l'andamento dei mercati dalla scorsa estate somigliano al gioco del gatto col topo.
Le prime hanno avuto un atteggiamento da falco e i secondi avrebbero voluto vedere in volo le colombe. Poco prima della pubblicazione dei verbali della Fed, il 4 gennaio, i mercati sono saliti nella speranza di un segnale che la Fed stesse considerando un allentamento, ma sono rimasti delusi e le azioni hanno azzerato i guadagni.
L'Europa aveva vissuto un'esperienza simile il 14 dicembre, dopo la conferenza stampa della BCE, con i mercati rimasti sorpresi dal tono da falco, con conseguente ritracciamento delle azioni.
Jumana Saleheen, Chief Economist di Vanguard Europe, ritiene che per questo conflitto le possibili spiegazioni siano almeno due. La prima è che i mercati hanno previsioni più ottimistiche per l'inflazione e la seconda è che i mercati non credono alle comunicazioni delle banche centrali relativamente alla reazione delle proprie politiche.
Confrontando le previsioni sull’inflazione pubblicate dalle banche centrali rispetto al consensus, si scopre che i mercati prevedono inflazione più bassa, il che può spiegare in parte, secondo l’esperta di Vanguard, perché la view dei mercati sui tassi sia da colomba.
I mercati credono poco alle banche centrali
Saleheen si chiede se i mercati credono nella funzione di reazione delle banche centrali, per rispondere che le evidenze dicono di no.
I toni da falco delle banche centrali derivano dalla volontà di contrastare l'alta inflazione, perché ritengono che i tassi necessitino di essere ulteriormente aumentati per riportare un’inflazione storicamente elevata all'obiettivo del 2%.
I presidenti di Fed e BCE si sono spinti oltre, affermando che una volta che i tassi avranno raggiunto il picco, dovranno rimanere su livelli elevati per un certo periodo di tempo. Ma, osserva l’esperta di Vanguard, c’è confusione sul significato di "territorio restrittivo" e se le banche centrali vi siano già entrate.
Secondo una prima definizione ci si trova in “territorio restrittivo” quando il tasso dei Fed Fund è più alto del tasso neutrale. Oggi sono al 4,25- 4,5%, livello superiore rispetto alle stime di tasso neutrale, compreso tra il 2% e il 3%. Nell'area euro, il tasso di deposito della BCE è al 2%, superiore al tasso neutrale stimato tra l'1% e il 2%.
Una seconda definizione di “territorio restrittivo” si riferisce alla situazione in cui il tasso reale, vale a dire il nominale meno l'inflazione, è positivo. L'inflazione USA è al 7% e quella dell’area euro al 9,2%, entrambe superiori rispetto ai tassi nominali, indicando che i tassi reali sono negativi.
Secondo questa definizione, i tassi non sono ancora restrittivi. Ma i mercati si aspettano che una recessione metta pressione alle banche centrali per tagliare i tassi.
Secondo l’esperta di Vanguard, un’ipotesi ragionevole, dato il comportamento delle stesse negli ultimi 25 anni, quando l'inflazione è stata bassa e stabile.
Per ora non si parla di tagli
Ma le banche centrali taglieranno comunque i tassi nel 2023 in caso di recessione accompagnata da un’inflazione ostinatamente alta? I mercati dicono di sì.
Saleheen osserva che attualmente stanno anticipando due tagli di 25 punti base della Fed a fine 2023, mentre per l'area euro per ora non prevedono tagli.
Ma le banche centrali non hanno ancora iniziato a parlare di tagli dei tassi, perché il prerequisito è una moderazione salariale, dagli attuali valori del 5-6% a circa il 3%-4%.
All'inizio del 2023, sottolinea in conclusione l’esperta di Vanguard, c'è un enorme incertezza sulla persistenza dell'inflazione core, “e finché non vi sarà maggiore chiarezza, il gioco del gatto col topo continuerà”.
Questo articolo è stato scritto in esclusiva da Financialounge.com per Investing.com. Ogni settimana, "Market View" propone interviste originali con case d'investimento sui temi centrali di mercato che verranno riportate esclusivamente sul nostro sito. Non costituisce sollecitazione, offerta, consulenza o raccomandazione all'investimento