Investing.com - In questa fase i mercati finanziari sono fragili mentre tra gli investitori prevale un certo nervosismo. Il margine di errore è ridotto ai minimi termini anche per gli emittenti con un rating elevato, come dimostra la crisi lampo attraversata dal Regno Unito e dai fondi pensione britannici nelle scorse settimane.
“Il problema è che a preoccupare i mercati non sono soltanto inflazione e tassi” fa sapere Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS (NYSE:UBS) WM Italy.
“La situazione geopolitica ricorda quella durante la guerra fredda: non si intravede la fine del conflitto in Ucraina mentre i rapporti tra Washington e Pechino sono ai minimi storici. In Europa l’elevato costo dell’energia rende difficile far quadrare i conti di aziende e famiglie. Stati Uniti e Cina sono colpiti in modo minore dalla crisi energetica, ma gli investitori temono restrizioni nei flussi di capitali, merci e tecnologia”.
Non c’è pertanto da stupirsi se i mercati restino molto volatili e gli investitori posizionati prevalentemente per scenari negativi. Ad esempio, la liquidità nei fondi azionari è vicina ai massimi storici mentre emerge che gli algoritmi attivi sui mercati abbiano ridotto la propria esposizione.
“La situazione è senza dubbio complessa ma riteniamo che non ci siano condizioni simili alle grandi crisi del passato. Per esempio, gran parte del settore bancario, sia in Europa che negli Stati Uniti, è ben capitalizzato e il settore privato presenta un livello d’indebitamento inferiore rispetto a inizio secolo” spiega Ramenghi.
Elevata volatilità
Certo ammette il manager, è necessaria una chiara discesa dell’inflazione americana, e magari qualche segnale di distensione sul fronte dell’Ucraina, viste le implicazioni per l’Europa, prima che le Borse possano registrare un recupero strutturale. Ramenghi ritiene probabile per le Borse una fase laterale con elevata volatilità ma ricorda anche come l’azionario globale abbia già accusato un calo del 25% da inizio anno.
“Il rapporto prezzo/utili dell’indice azionario globale MSCI ACWI è sceso da un massimo di 20 (fissato lo scorso anno) fino a 13 mentre la media storica è di 14,5” sottolinea il CIO UBS WM Italy Il quale, alla luce della possibile riduzione degli utili aziendali, ritiene tuttavia non opportuno assumere una posizione netta a favore dell’equity e propende per una redistribuzione delle posizioni all’interno delle asset class per mitigare eventuali shock.
“Preferiamo i titoli value, che presentano valutazioni contenute, e quelli che distribuiscono buoni dividendi. L’extra rendimento da inizio anno dell’indice MSCI All-Country World Equity Index Value rispetto a quello Growth sembra destinato a proseguire, dal momento che l’inflazione dovrebbe mantenersi sopra i target delle banche centrali ancora per diversi mesi e, di conseguenza, i tassi continueranno a salire".
"Un contributo lo possono offrire anche i settori difensivi come sanità e beni di prima necessità, tradizionalmente meno esposti al ciclo economico. Al contrario restiamo cauti sulle aree e i settori dove le valutazioni sono ancora generose, come gli Stati Uniti e la tecnologia” specifica Ramenghi.
Nel reddito fisso, invece, il manager privilegia le obbligazioni di alta qualità e i titoli di credito con buon rating mentre resta cauto sui segmenti più rischiosi, in particolar modo sull’high yield statunitense, che offre rendimenti molto elevati ma spesso risente di una liquidità limitata e con quotazioni particolarmente volatili in un contesto economico incerto.
“In una fase come questa gli investitori possono prendere in considerazione anche strategie di protezione del capitale” conclude il CIO UBS WM Italy.