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Recessione o crescita contenuta, cosa aspettarsi nel secondo semestre- UBP

Pubblicato 07.07.2022, 11:48
Aggiornato 07.07.2022, 12:17
© Reuters

Di Alessandro Albano 

Investing.com -  La crescita ha subito un significativo rallentamento ovunque nel mondo, a causa di un'inflazione che in molte zone ha raggiunto livelli mai visti da decenni. Tuttavia, le cose non sono uguali per tutti. 

In una nota di ricerca, Patrice Gautry, Chief Economist di Union Bancaire Privée (UBP) evidenzia come la crescita si sia "desincronizzata tra le regioni" e si stia creando "una frammentazione tra settori e Paesi".

Stati Uniti 

"Nei Paesi sviluppati - scrive Gautry - la crescita potrebbe peggiorare bruscamente nel quarto trimestre e il ciclo potrebbe interrompersi, con una recessione tecnica sui dati trimestrali e un periodo prolungato di crescita contenuta; con una crescita prevista all'1% o inferiore, un cambiamento di politica economica dovrebbe portare in media a una minore inflazione e a un aumento della disoccupazione".

Negli Stati Uniti, i rischi al ribasso sulla crescita dovrebbero concretizzarsi "sui dati del PIL dal 3° trimestre del 2022 al 1° trimestre del 2023", a seguito del rallentamento della domanda interna nei prossimi trimestri. "Si prevede una crescita piatta e una recessione tecnica alla fine dell'anno o nel 1° trimestre del 2023", afferma l'esperto di UBP, mentre la crescita media per il 2022 dovrebbe rimanere vicina al 2%, ma "il grosso del rallentamento dovrebbe essere visto nei dati del 2023 (1% o poco sotto) e su base trimestrale". 

Europa 

In seguito al forte rimbalzo del 2021, si prevede un brusco rallentamento nel 2022. Dopo la probabile debolezza della crescita per il secondo trimestre di fila, l'economista spenga che lo slancio potrebbe essere "temporaneamente positivo nel 3° trimestre grazie al turismo e ai servizi, ma si stanno ripresentando rischi di ribasso in vista del 4° trimestre: calo dei redditi, carenza di energia e nuovi vincoli all'industria".

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La Germania resta il Paese più esposto ai rischi, e nel 2022 non dovrebbe superare l'1,5% di crescita del PIL. "Anche Italia e Francia potrebbero entrare in uno scenario più cupo nel 2023", avverte Gautry.

Di conseguenza, il PIL dell'eurozona nel quarto trimestre dovrebbe entrare "in una recessione tecnica", che si prevede "lieve e limitata". Nel 2023, tuttavia, si dovrebbe assistere ad "una frammentazione in termini di crescita tra i diversi Paesi dell'area".

Secondo le stime del capo economista, la crescita del PIL europeo sarà la più fragile nel 4° trimestre e nel 1° trimestre dell'anno prossimo; nel 2022 la crescita dovrebbe rimanere su un livello discreto grazie a un forte 1° trimestre, ma le prospettive per il 2023 riflettono "il rallentamento accumulato, con una crescita del PIL prevista solo dell'1%". 

Contesto diverso per i Paesi emergenti, nei quali la crescita dovrebbe rimanere moderata. I rischi di recessione, infatti, si sono già concretizzati nel 2022, mentre in Cina si prevede "una progressiva ripresa verso la fine del 2022 e nel 2023".

Inflazione

Per quanto riguarda L'inflazione potrebbe rimanere su un plateau e mantenersi elevata nei prossimi mesi, prima "di diminuire nel 4° trimestre del 2022 e nel 2023".  L'Europa e la Cina continueranno a offrire un certo supporto a favore di settori mirati, ma nei Paesi sviluppati, questo "non dovrebbe essere sufficiente a compensare l'inasprimento della politica monetaria" a causa dell'aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell'agricoltura.

Gautry mette in luce poi che le pressioni inflazionistiche si stanno progressivamente spostando "dai settori dell'energia e dei manufatti a quelli dell'alimentazione e dei servizi", i quali potrebbero diventare" i maggiori responsabili dell'inflazione, alimentando un aumento dei rischi per i prossimi mesi".

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Dal lato positivo, le aspettative di inflazione a medio termine dovrebbero stabilizzarsi in futuro. Ma l'accelerazione dell'inflazione, combinata con l'aumento dei tassi, dovrebbe portare ad "una riduzione nella seconda metà del 2022 di una parte dell'impennata della domanda registrata dopo il Covid".

Le pressioni strutturali sui prezzi nel medio termine, ricorda infine l'economista di UBP, potrebbero derivare da: cambiamenti climatici, re-onshoring, ricostruzione dell’indipendenza energetica e aumento della spesa per la difesa.

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