Per ora è calma piatta nel segno del dollaro, che agli americani conviene forte nel medio termine. Ma lo yuan è sempre più solido, anche se non del tutto convertibile, e va tenuto sotto stretta osservazione
L’ultimo movimento importante risale a 6-7 anni fa, quando nel giro di meno di un anno il dollaro si rafforzò violentemente contro le principali valute, passando contro euro da quasi 1,4 fino a sfiorare la parità, tra la primavera del 2014 e inizio 2015. Nello stesso periodo il Dxy, l’indice che misura il valore del biglietto verde rispetto a un basket di sei monete, yen, sterlina, Canada, Svezia e Svizzera, oltre alla moneta unica, schizzò da meno di 80 punti a quasi 100. A sostenere lo strappo al rialzo furono soprattutto il crollo del prezzo del petrolio, che di solito, come quello delle altre commodity, si muove con una correlazione inversa rispetto al dollaro, e l’inizio del tapering della Federal Reserve, vale a dire la riduzione degli acquisti che erano partiti con la crisi del 2008, che preludeva al successivo ciclo di rialzo dei tassi. Oggi si sta riproponendo la stessa situazione per quanto riguarda il secondo fattore, mentre il primo si muove in direzione opposta. Il dollaro si sta mantenendo forte in termini relativi, viaggiando in area 1,15 contro euro, ma le previsioni convergono abbastanza che sia sopravvalutato, sia rispetto alle principali valute che su quelle di molti paesi emergenti.
MONETE PROTAGONISTE DEI GRANDI CAMBIAMENTI
Quindi calma piatta sul forex, il più grande mercato finanziario del pianeta e nemmeno regolamentato? Forse, molto probabilmente nel breve-medio termine. Ma il mercato delle valute potrebbe tornare protagonista, non per motivi legati ai tassi di interesse, che restano comunque uno dei principali driver a breve, ma per ragioni molto più profonde e strutturali. I grandi cambiamenti tettonici dell’economia globale sono sempre stati accompagnati da aggiustamenti anche radicali dei rapporti tra le principali monete. Per restare a tempi relativamente recenti, il nuovo assetto planetario uscito dalla seconda Guerra Mondiale fu sancito dal passaggio dalla sterlina al dollaro come moneta di riserva globale, con il suggello del gold standard. Negli anni 60 poi, la rinascita economica di Germania e Giappone fu accompagnata dalla salita alla ribalta di Marco e Yen, che alla fine degli anni ’80 arrivarono a sfidare il dollaro. Il secondo finì per stabilizzarsi intorno a 100 per dollaro dopo la bolla immobiliare mentre il primo venne annacquato nell’euro dagli altri europei spaventati dall’egemonia tedesca dopo l’unificazione. Da una ventina d’anni è in atto un nuovo aggiustamento di proporzioni ancora maggiori, l’emergere della Cina come superpotenza economica e tecnologica che sfida gli Stati Uniti per il primato mondiale, ma il mercato dei cambi sembra ancora non prenderne atto...
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge