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Tassi d’interesse e mercati: cosa cambia dopo ultima riunione Fed secondo analisti

Pubblicato 22.03.2024, 12:18
© Reuters

Investing.com – Questa settimana, come ampiamente previsto, la Federal Reserve ha mantenuti i tassi d’interesse invariati tra il 5,25 e il 5,50%. Tuttavia, i mercati hanno festeggiato la fermezza del comitato nel prevedere ancora 3 tagli per il 2024, nonostante la resistenza dell’inflazione Usa tra gennaio e febbraio. Cosa dobbiamo aspettarci dunque di qui in avanti sui mercati? Per capire meglio a che punto siamo e dove stiamo andando, Investing.com ha raccolto i commenti degli analisti sull’ultima riunione della Banca centrale americana.

Mark Dowding, Fixed Income CIO di RBC BlueBay

La riunione della Fed di questa settimana ha offerto poche nuove informazioni agli investitori e i rendimenti non hanno subito variazioni. Tuttavia, il fatto che il FOMC abbia rivisto leggermente al rialzo le stime di crescita e inflazione per il 2024 - pur continuando a segnalare tre tagli dei tassi nei prossimi nove mesi - è stato visto come un segnale di preferenza dovish da parte di Powell e colleghi.

In questo senso, potrebbe sembrare che la Fed voglia iniziare a ridurre i tassi di interesse a giugno. Il problema rimane che i dati economici non mostrano molti segnali di rallentamento e i recenti dati sui prezzi hanno deluso al rialzo. In questo caso, continueremmo a ritenere più probabile i tagli dei tassi solo nella seconda metà dell'anno, con la Fed che dovrebbe, quindi, pazientare.

Nel frattempo, gli asset di rischio continuano a salire. Il mercato azionario continua a toccare nuovi record e gli spread creditizi continuano a ridursi, contribuendo ad alleggerire le condizioni finanziarie e a generare effetti positivi sulla ricchezza.

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Con Powell che sembra voler essere amico del mercato, è comprensibile che la psicologia degli investitori continui a muoversi in modo sempre più "avido". Poiché ciò può ripercuotersi sui consumi e sui comportamenti di determinazione dei prezzi, questo è un ulteriore fattore per cui riteniamo che alla fine sarà necessario che la Fed mitighi le aspettative di taglio dei tassi, anziché continuare ad alimentarle.

Continuiamo a vedere i Treasury non lontani dal fair value. Sebbene i dati possano continuare a spingere contro una riduzione dei tassi, riteniamo che gli operatori di mercato accetteranno l'idea che i tagli dei tassi possano essere rimandati, a patto che continuino a mantenere la fiducia che seguirà un ciclo di allentamento sostanziale. Quest'ultimo è un aspetto che siamo più inclini a mettere in dubbio.

Certamente riteniamo che sia ancora incongruo sperare in un taglio dei tassi da parte della Fed di oltre 200 pb e allo stesso tempo credere in un atterraggio morbido dell'economia. L'unico modo in cui potrebbe essere plausibile sarebbe se l'inflazione si dimostrasse sorprendentemente benigna, ma con il mercato del lavoro rigido e l'inflazione dei prezzi dei servizi che sembra vischiosa, riteniamo che questo risultato rimanga improbabile.

Per il resto, con diverse banche centrali dei Paesi emergenti che tagliano i tassi, la Svizzera che allenta la pressione e la Fed, la Bce e la BoE che si orientano verso tassi più bassi, la narrazione macro è quella di un policymaker che alimenta l'avidità del mercato. Questo sta portando gli asset di rischio a registrare rendimenti da urlo, mentre i timori di recessione si dissolvono e gli orsi sono costretti al letargo.

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Tuttavia, la storia ci dice che spesso i mercati possono essere più vulnerabili quando gli atteggiamenti di rischio diventano compiacenti. Nel film "Wall Street" si dice che "l'avidità è una cosa buona". Tuttavia, l'avidità ha delle conseguenze e raramente finisce bene. Sarà utile essere disciplinati e rimanere vigili.

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Chris IGGO, Chief Investment Officer, AXA IM Core

Più l’inflazione scende, più è facile per i numeri anomali sconvolgere la narrativa: siamo esattamente in quella fase, e i recenti report sull’inflazione degli Stati Uniti lo dimostrano. Il quadro generale, tuttavia, è che l’inflazione è più bassa ed è coerente con uno scenario di soft landing. Negli Stati Uniti, la crescita non ha rallentato quanto previsto e l’inflazione è un po' sticky (appiccicosa). Ma va bene così. Il rischio di un rialzo dei tassi è limitato. Le probabilità che i tassi non vengano tagliati tanto quanto potrebbero esserlo sono ben evidenziate (anche se le previsioni del sell-side sono più aggressive). Gli investitori apprezzano la stabilità dei rendimenti del credito e il carry implicito che ne deriva per i portafogli di fixed income.

Siamo di fronte a un mercato rialzista, caratterizzato da un forte slancio e da valutazioni in aumento. La narrativa macro che sostiene questo mercato è che un atterraggio morbido degli Stati Uniti è lo scenario più probabile rispetto a un atterraggio duro o a nessun atterraggio. Tutto ruota intorno agli Stati Uniti. L’Europa sta lottando per evitare la stagflazione, e la Cina sta combattendo un nuovo ciclo di deflazione. Il sentiment e il comportamento del mercato globale sono guidati da ciò che accade negli Stati Uniti. Con un’elezione presidenziale incombente, questo continuerà ad essere l’argomento centrale per il resto del 2024.

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Lo scenario di soft landing si sta rivelando rialzista per i mercati. Si prevede un taglio dei tassi, a livello globale (tranne che in Giappone), e se si evita una recessione, gli asset di rischio potranno continuare a performare. Quello che osserviamo ora è che lo scenario attuale è molto positivo per il credito. Le valutazioni si sono adeguate a tassi più elevati nel 2022-2023 e le aspettative di rendimento sono ora positive. Il credito investment grade è fondamentalmente solido e offre un flusso di reddito che può essere utilizzato per far fronte alle passività in modo più efficace rispetto a quando i rendimenti erano molto bassi. I rendimenti totali del credito investment grade sono stati piatti fino ad oggi, ma questo riflette il rafforzamento delle aspettative sui tassi di interesse a gennaio. I rendimenti totali sono positivi da metà febbraio e i rendimenti da reddito, ad esempio per il credito investment-grade statunitense, si aggirano intorno ai 50 punti base al mese e ai 20-25 punti base per il credito in euro. Il carry rappresenta un rendimento interessante in uno scenario di atterraggio morbido e i rendimenti totali saranno incrementati quando arriveranno i tagli dei tassi.

Saverio Berlinzani, Senior Analyst di ActivTrades

La Federal Reserve ha lasciato invariati i Fed Funds al massimo degli ultimi 23 anni tra il 5,25% e il 5,5% per la quinta riunione consecutiva, in linea con le aspettative del mercato. I politici prevedono ancora di tagliare i tassi di interesse tre volte nell’anno in corso, come era stato previsto nella riunione di dicembre scorso. Il dot plot indica anche tre riduzioni nel 2025, uno in meno rispetto a dicembre, e altre tre riduzioni nel 2026. Nel frattempo, la crescita del PIL statunitense è prevista più elevata nel 2024 (2,1% contro 1,4% nella proiezione di dicembre), nel 2025 (2% contro 1,8 %) e 2026 (2% contro 1,9%). Le previsioni di inflazione PCE sono state mantenute invariate per il 2024 (2,4% contro 2,4%) ma sono state aumentate per il 2025 (2,2% contro 2,1%) mentre il tasso core è più alto quest'anno (2,6% contro 2,4%) mentre le previsioni sono rimaste invariate per il 2025 al 2,2%. Il tasso di disoccupazione è previsto inferiore al 4% nel 2024 (rispetto al 4,1%), ma le proiezioni sono state mantenute al 4,1% per il prossimo anno. Jerome Powell si è mostrato realista sottolineando i progressi dell’economia che tuttavia non possono essere garantiti per il 2024. Ora i rischi sono controbilanciati e quando anche il mercato del lavoro comincerà a dare segnali di raffreddamento, sarà il momento di ridurre i tassi. La crescita dei salari si è attenuata e la Fed ha bisogno di certezze riguardo al ribasso dell’inflazione. Insomma, Powell alla fine ha ammesso che quest’anno i tassi verranno ridotti anche se gli ultimi dati su CPI e PPI potevano far cambiare idea alla Fed che invece sostiene che sono stati dati congiunturali e stagionali.

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Álvaro Sanmartín, Chief Economist, Amchor IS

La Fed rimane fiduciosa che il processo di disinflazione proseguirà nei prossimi mesi e, così facendo, apre la strada a ulteriori rivalutazioni degli asset rischiosi. Analizzando gli elementi più interessanti della riunione della Fed, constatiamo che il tono rimane piuttosto dovish.

La Fed ha lasciato i tassi invariati e mantiene la prospettiva di tre tagli dei tassi quest'anno. Powell non ha fatto nulla per evitare l'impressione che i tagli dei tassi possano iniziare a giugno. Le previsioni di crescita per il 2024 sono state riviste al rialzo (al 2,1%) e, in misura molto più contenuta, quelle dell'inflazione di fondo. La notevole resistenza mostrata dall'attività economica ha indotto la Fed a ridurre i tagli dei tassi di interesse previsti per il 2025 e il 2026 (un taglio in meno ogni anno) e a rivedere leggermente al rialzo le stime del tasso neutro (al 2,6%). La Fed inoltre prevede di iniziare a ridurre il ritmo del QT in tempi relativamente brevi. Powell ha affermato che gli elevati dati sull'inflazione di gennaio e febbraio potrebbero essere stati influenzati da mancati aggiustamenti stagionali. Secondo Powell, si tratta di dati che meritano attenzione ma che non cambiano le prospettive di disinflazione della Fed. Powell ha osservato inoltre che, sebbene siano necessari ulteriori progressi, è positivo che emergano segnali di moderazione salariale.

La Fed non sembra temere che il calo degli spread creditizi e il rialzo dei mercati azionari contribuiscano a un eccessivo allentamento delle condizioni finanziarie. Al contrario, ha affermato esplicitamente che la politica monetaria sta contenendo la domanda (soprattutto di investimenti) e che questo si sta traducendo in un migliore equilibrio del mercato del lavoro. Ha affermato, inoltre, che alcuni fattori positivi lato offerta (immigrazione, tasso di partecipazione, produttività) contribuiscono al calo dell'inflazione senza dover rallentare molto la crescita economica. La Fed ha affermato esplicitamente che un mercato del lavoro più debole del previsto potrebbe accelerare il ritmo dei tagli dei tassi.

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La mia impressione è che dal punto di vista macro l’economia stia andando bene e l'inflazione core probabilmente riprenderà la sua moderazione a partire da marzo. Se a questo aggiungiamo una Fed desiderosa di tagliare i tassi, è molto difficile non avere l'impressione che il rally degli asset rischiosi continuerà. Detto questo, dovremo tenere d'occhio i possibili effetti di un allentamento delle condizioni finanziarie sia sull'attività che sui prezzi nei prossimi trimestri. Sebbene il nostro scenario centrale rimanga la crescita e la disinflazione, continuiamo a vedere più rischi al rialzo che di ribasso per l'inflazione e, per questo motivo, non condividiamo del tutto la mancanza di preoccupazione della Fed per l'attuale grado di allentamento delle condizioni finanziarie.

Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR

Come era atteso, la Fed ha deciso all’unanimità di mantenere il target range dei fed funds fermo, pari al 5.25% - 5.50%. Dopo il ciclo di rialzi pari complessivamente a 525 bp, sta tenendo i tassi fermi ormai dallo scorso agosto, e si sta ora preparando per l’inizio del ciclo dei tagli. C’è accordo tra la maggior parte dei membri del FOMC sul fatto che questo anno sarà appropriato iniziare con il ciclo dei tagli, ma è ancora presto e si aspettano altri dati per avere maggiore sicurezza sul fatto che l’inflazione possa raggiungere il target in modo duraturo nel tempo. Non è stata data alcuna indicazione sulle tempistiche, se non che queste saranno dettate dai dati dei prossimi mesi.

Non ci sono state modifiche ai tassi di riferimento, ma l’attenzione è sulle indicazioni di politica monetaria che possiamo ricavare dalle proiezioni macroeconomiche, ovvero le previsioni dei membri del FOMC sull’economia per i prossimi anni, e sulle indicazioni riguardo l’evoluzione del programma di Quantative Tightening.

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Le proiezioni macroeconomiche continuano ad essere consistenti con un “atterraggio morbido”; in altre parole il processo di disinflazione dovrebbe riportare il livello di crescita dei prezzi al consumo al target nel 2026 e non sarà accompagnato da una recessione. Anzi, lo scenario delineato mostra un’economia particolarmente resiliente, e più forte rispetto a quanto i membri del FOMC non si aspettassero a dicembre. La crescita economica è infatti stata rivista al rialzo per i prossimi tre anni, mentre il tasso di disoccupazione al ribasso per questo anno, rimanendo comunque ai minimi storici e vicino al dato di febbraio (3.9%) per tutto il periodo in analisi. In questo contesto l’inflazione dovrebbe continuare a scendere, indicando un miglioramento delle condizioni di offerta, e raggiungere il target del 2% nel 2026.

Se lo scenario macroeconomico dovesse evolvere come da attese, il FOMC si aspetterebbe 75 bp di tagli ai tassi di riferimento nel 2024, in linea con le stime di dicembre. Per i prossimi anni invece ci si attende un livello dei tassi marginalmente più alto, il punto mediano per il 2025 è passato da 3.6% a 3.9%, per il 2026 dal 2.9% al 3.1% ed il punto mediano per il tasso sui Fed funds a lungo termine è salito di 10 pb dal 2.5% al 2.6%, forse riflettendo l’impatto di fattori legati all'offerta, come la crescita della produttività e l'immigrazione.

Penso sia rilevante che, nonostante i dati di inflazione degli ultimi due mesi abbiano stupito al rialzo e segnalato una riaccelerazione nel ritmo di crescita, ci sia stata solo una marginale revisione al rialzo di inflazione e del livello dei tassi per il medio-lungo termine. Powell ha infatti chiarito che gli ultimi dati di inflazione non cambiano il quadro generale in termini di disinflazione.

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Nonostante non siano stati annunciati cambiamenti, il FOMC ha iniziato a discutere riguardo l’evoluzione del programma di Quantative Tightening. Da giugno 2022 la Fed ha iniziato il QT, lasciando scadere e non reinvestendo 60 miliardi di dollari Treasury e un massimo di 35 miliardi di dollari di mortgage-backed securities in media al mese. Dal massimo a maggio 2022, la misura degli attivi nel bilancio della Fed si è contratta di circa 1.400 miliardi, quasi interamente trainato da una riduzione dei titoli in portafoglio. Non sono state date chiare indicazioni sull’evoluzione del programma, in quanto ancora non è stata presa alcuna decisione, tuttavia, Powell ha indicato che presto inizieranno a rallentare il ritmo di riduzione del portafoglio titoli, alludendo al fatto che prima potrebbero puntare ad avere solo Treasury in portafoglio (riducendo dunque la quantità di MBS), per poi concentrarsi sulla maturity del portafoglio titoli. Di recente, infatti, sia Powell sia il Governatore Waller hanno indicato la loro preferenza per ridurre la scadenza del portafoglio titoli della Fed. La quota di T-bills nel portafoglio titoli detenuti dalla Fed era superiore al 35% prima della crisi finanziaria, è calata bruscamente nel 2008 e ad oggi è pari a circa il 4.5%.

Lato attivi del bilancio della Fed, un’altra evoluzione da sottolineare è che il Bank Term Funding Program, strumento introdotto un anno fa con la crisi delle banche regionali e che permette alle banche di prendere a prestito dalla Fed a condizioni agevolate per la durata di 1 anno, ha nell’ultimo anno portato ad un aumento dei prestiti concessi, tuttavia, il BTFP è scaduto l’11 marzo 2024, quindi nel corso dell’anno andrà ad esaurirsi.

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James McCann, vicecapo economista di abrdn

La Fed non è ancora in preda al panico dopo la ripresa dell'inflazione all'inizio di quest'anno. Infatti, i membri del FOMC continuano a segnalare tre tagli nel 2024, invariati rispetto alle loro previsioni di fine 2023, il che implica che la più rapida crescita dei prezzi registrata negli ultimi mesi si rivelerà in gran parte un ostacolo nell'ultimo miglio della sua lotta all'inflazione.

Tuttavia, la dichiarazione alla stampa è stata chiara: la banca centrale ha bisogno di una maggiore fiducia nel fatto che l'inflazione si stia dirigendo in modo sostenibile verso l'obiettivo del 2% e il presidente Powell probabilmente avvertirà nella sua conferenza stampa che questo significa dati sull'inflazione più deboli nei prossimi mesi per giustificare i tagli.

I mercati tireranno probabilmente un sospiro di sollievo nel constatare che le recenti sorprese al rialzo dell'inflazione non hanno innescato un atteggiamento più falco da parte della Fed, con la banca centrale che si sente chiaramente a suo agio nell’attendere l'evoluzione dei dati sull'inflazione, soprattutto in presenza di alcuni primi timidi segnali di rallentamento della crescita. Se nei prossimi mesi l'inflazione dovesse raffreddarsi un po' e se dovessero emergere ulteriori indicatori che l'attività economica sta perdendo slancio in un contesto di politiche restrittive, si confermerebbe la probabilità di un taglio a giugno.

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