Il presidente tuona contro il caro petrolio perché l’estate si avvicina e fare il pieno costa di più ai suoi elettori. Ma deve stare attento ai contraccolpi sul dollaro.
La stagione delle vacanze si avvicina, il prezzo del petrolio continua a salire e questo vuol dire un costo del pieno alla pompa più alto per gli americani che si preparano a partire in macchina. Il gallone viaggia oggi intorno ai 2,7 dollari, tradotto in euro e in litri vuol dire una sessantina di centesimi, ma per gli americani è un 10% in più rispetto a un anno fa. A Donald Trump evidentemente non piace vedere i compatrioti ed elettori mugugnare al distributore mentre si avvicinano le elezioni di mid term, e reagisce lanciando tweet infuriati contro il caro petrolio, tipo qualche giorno fa: “sembra che l’Opec sia tornata, in giro per il mondo c’è un mare di petrolio ma i prezzi sono tenuti artificialmente alti! Non va bene e non è accettabile!”.
Looks like OPEC is at it again. With record amounts of Oil all over the place, including the fully loaded ships at sea, Oil prices are artificially Very High! No good and will not be accepted!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) April 20, 2018
LA COLPA È DELL’OPEC
Una posizione che ha due vantaggi, dire agli americani che la benzina deve costare di meno e dare la colpa all’Opec, di cui i produttori americani non fanno parte. Ma c’è anche un grosso ma. La risalita del petrolio iniziata l’anno scorso, che ha portato il WTI texano a sfiorare i 70 dollari al barile, è una delle ragioni principali del deprezzamento del dollaro, che si era avvicinato alla parità con l’euro a inizio 2017 per poi calare ben oltre 1,20 dollari per euro.
CORRELAZIONE INVERSA
Tra prezzo del petrolio e quotazione del dollaro rispetto alle principali valute, a cominciare dall’euro, esiste infatti una correlazione inversa, dovuta al fatto che in tutto il mondo il prezzo del petrolio si calcola in dollari. A un prezzo basso del greggio corrisponde di solito un dollaro forte, mentre quando il barile sale il biglietto verde scende. Nell’estate del 2014 il petrolio viaggiava sui 100 dollari al barile e il dollaro era debole in corrispondenza, fino a sfiorare 1,4 su euro.
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GUERRA COMMERCIALE
E qui c’è il problema di Trump, perchè anche un dollaro non forte, non diciamo debole, piace al presidente americano e al suo ministro del Tesoro Steve Mnuchin, perché rende più competitive le esportazioni americane e soprattutto fa da utile sponda nella guerra commerciale ingaggiata da Trump contro i paesi che esportano di più in America, dalla Cina alla Germania. Finora il petrolio ha reagito poco ai tweet presidenziali, si è mosso al ribasso di un dollaro o giù di lì, ma se dovesse iniziare la discesa il prezzo da pagare sarebbe un dollaro che si rafforza. Ma per questo c’è tempo, l’estate si avvicina e gli americani che fanno il pieno sono la priorità del momento.