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Il rebus di Trump tra dollaro e petrolio

Pubblicato 25.04.2018, 09:51
Aggiornato 25.04.2018, 08:00
Il rebus di Trump tra dollaro e petrolio

Il presidente tuona contro il caro petrolio perché l’estate si avvicina e fare il pieno costa di più ai suoi elettori. Ma deve stare attento ai contraccolpi sul dollaro.

La stagione delle vacanze si avvicina, il prezzo del petrolio continua a salire e questo vuol dire un costo del pieno alla pompa più alto per gli americani che si preparano a partire in macchina. Il gallone viaggia oggi intorno ai 2,7 dollari, tradotto in euro e in litri vuol dire una sessantina di centesimi, ma per gli americani è un 10% in più rispetto a un anno fa. A Donald Trump evidentemente non piace vedere i compatrioti ed elettori mugugnare al distributore mentre si avvicinano le elezioni di mid term, e reagisce lanciando tweet infuriati contro il caro petrolio, tipo qualche giorno fa: “sembra che l’Opec sia tornata, in giro per il mondo c’è un mare di petrolio ma i prezzi sono tenuti artificialmente alti! Non va bene e non è accettabile!”.

LA COLPA È DELL’OPEC

Una posizione che ha due vantaggi, dire agli americani che la benzina deve costare di meno e dare la colpa all’Opec, di cui i produttori americani non fanno parte. Ma c’è anche un grosso ma. La risalita del petrolio iniziata l’anno scorso, che ha portato il WTI texano a sfiorare i 70 dollari al barile, è una delle ragioni principali del deprezzamento del dollaro, che si era avvicinato alla parità con l’euro a inizio 2017 per poi calare ben oltre 1,20 dollari per euro.

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CORRELAZIONE INVERSA

Tra prezzo del petrolio e quotazione del dollaro rispetto alle principali valute, a cominciare dall’euro, esiste infatti una correlazione inversa, dovuta al fatto che in tutto il mondo il prezzo del petrolio si calcola in dollari. A un prezzo basso del greggio corrisponde di solito un dollaro forte, mentre quando il barile sale il biglietto verde scende. Nell’estate del 2014 il petrolio viaggiava sui 100 dollari al barile e il dollaro era debole in corrispondenza, fino a sfiorare 1,4 su euro.

APPROFONDIMENTO
L’America si scopre “benzinaia”

GUERRA COMMERCIALE

E qui c’è il problema di Trump, perchè anche un dollaro non forte, non diciamo debole, piace al presidente americano e al suo ministro del Tesoro Steve Mnuchin, perché rende più competitive le esportazioni americane e soprattutto fa da utile sponda nella guerra commerciale ingaggiata da Trump contro i paesi che esportano di più in America, dalla Cina alla Germania. Finora il petrolio ha reagito poco ai tweet presidenziali, si è mosso al ribasso di un dollaro o giù di lì, ma se dovesse iniziare la discesa il prezzo da pagare sarebbe un dollaro che si rafforza. Ma per questo c’è tempo, l’estate si avvicina e gli americani che fanno il pieno sono la priorità del momento.



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