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Banche internazionali, cinesi crescono, italiane riducono Npl -Mediobanca

Pubblicato 19.07.2018, 15:44
Aggiornato 19.07.2018, 15:44
© Reuters.  Banche internazionali, cinesi crescono, italiane riducono Npl -Mediobanca

MILANO (Reuters) - Restano le banche cinesi quelle con l'attivo più alto nel mondo finanziario. Delle cinque maggiori in assoluto, quattro sono del paese asiatico, con in testa Industrial and commercial Bank of China, che nel 2017 ha registrato un attivo di 3.343 miliardi di euro, 250 in più rispetto all'anno precedente. Seconda e terza China Construction Bank e Agricultural Bank of China.

Lo si evince dal report annuale sulle principali banche internazionali di Mediobanca (MI:MDBI). Lo studio prende in considerazione il decennio 2007-2018.

Quarta nella lista JpMorgan (2.532 miliardi), unica americana insieme a Bank of America nelle prime dieci. Per trovare le italiane, Unicredit (MI:CRDI) e Intesa Sanpaolo (MI:ISP), bisogna scendere alle posizioni 22 e 25. Forte miglioramento per quest'ultima che risale dalla 37esima posizione dell'anno precedente, anche grazie all'acquisizione degli asset delle banche venete.

In generale, la situazione degli istituti europei migliora. Il gap complessivo con gli istituti americani risulta infatti minore, anche se la crescita dei ricavi è stata inferiore -- l'1,7% in Europa e il 3,1% negli Usa -- anche grazie al forte margine d'interesse degli Stati Uniti favorito dalla politica della Fed (+5,4%).

I costi operativi, comunque più alti in Europa che negli Usa, sono in calo nel Vecchio continente (-0,2%) e in crescita oltreoceano (+2,7%). Migliora il quadro anche la situazione dei crediti svalutati in Europa, scesi del 34,6%, mentre aumentano dello 0,7% quelli degli Stati Uniti.

Nonostante questi miglioramenti, il totale del risultato netto europeo rimane nettamente inferiore a quello statunitense (410,9 contro 625,6 miliardi di euro). Questo sia a causa dei maggiori costi operativi sia per la minore redditività. Unicredit e Intesa Sp possono vantare un Roe superiore alla media europea.

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Da entrambe le parti dell'Atlantico rimane poi l'ombra degli Npl e dei derivati. Per tutti e due, la situazione è in netto miglioramento.

I crediti deteriorati diminuiscono in Europa dell'8,4% rispetto all'anno precedente, per quanto nelle cinque maggiori italiane banche la componente rispetto al numero totale di crediti verso i clienti rimane del 14,8% (negli Stati Uniti del 2,4%), oltre la soglia del 10% indicata dalla Bce.

In fatto di derivati, invece, il taglio in bilancio è maggiore negli Stati Uniti: per gli istituti americani la componente in bilancio tra il 2015 e il 2017 è diminuita del 38,5%, in Europa solo del 26,6%.

Nel confronto pesa anche l'effetto della riforma fiscale proposta dall'amministrazione Trump: la norma entrerà a pieno regime solo quest'anno, ma una parte dell'impatto si misura già nel 2017. In particolare, sugli istituti europei che hanno attività oltreoceano la riforma peserà per 8,9 miliardi di euro, contro i 21,7 miliardi di dollari di impattao per le banche americane.

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